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martedì 18 marzo 2014

Si vaccina poco? Big Pharma fa pressing sulle Asl e telefona alle famiglie



Un'azienda farmaceutica fa pressing su un'azienda sanitaria dopo avere riscontrato  una bassa copertura per un determinato vaccino non obbligatorio. Cosa c'è di etico in tutto ciò? A far emergere la vicenda, che accade in Trentino, è stato un consigliere, Claudio Civettini, che ha presentato un'interrogazione in consiglio provinciale. Il vaccino in questione è l'Hpv, quello per il papillomavirus.
«Sembra che da circa un paio di mesi vi sia una strana, pur comprensibile processione in visita ai responsabili sanitari che pare detengano lo “scrigno” delle decisioni in merito all'utilizzo di vaccini o farmaci di una nota multinazionale – si legge nell'interrogazione - Tale fatto si sarebbe notato anche a Rovereto e non solo, con l'obiettivo forse di invertire la tendenza dell'uso di alcuni vaccini, giacché gli utenti trentini sono secondi solo a Bolzano circa il basso numero di vaccinazioni specifiche effettuate.  Ciò avrebbe allarmato forse i soliti centri di produzione e la pianificazione delle vendite degli stessi e, come in ogni business plan commerciale aziendale, avrebbe attivato un preciso piano di pressione commerciale, per raggiungere gli obiettivi di vendita dell'azienda produttrice». 
«E così parrebbe che dopo ripetuti colloqui, non sarebbe chiaro con chi, i produttori dei vaccini in questioni avrebbero attivato il servizio d'informatori telefonici, professionisti di telemarketing, per telefonate mirate al domicilio di quei soggetti potenzialmente utenti/clienti, così individuando i genitori indecisi da far decidere pro vaccino».  «Una scelta, quella dell'attività commerciale diretta sui potenziali pazienti, che, se provata, avrebbe dovuto avere il consenso di qualche alto Dirigente sanitario». Civettini parla poi di «comportamenti eticamente scorretti».
«Gravissima sarebbe poi la circostanza - che vorremmo escludere a priori ma di cui chiediamo la conferma – del possibile accesso da parte di questi produttori a dati personali delle famiglie trentine, magari lasciando intendere di operare per nome e per conto dell'Azienda provinciale per i Servizi Sanitari, con lo scopo di “condividere” interessi economici, obiettivi e, come sembra, ben poco di salute, con un eventuale sperpero di denaro pubblico».
E…sì, l'Azienda Usl non ha potuto che confermare quanto adombrato dal consigliere, cercando di giustificarsi.  L'assessore Donata Borgonovo ha risposto per iscritto (clicca qui per leggere il testo integrale della risposta) dichiarando che l'Azienda sanitaria ha previsto quello che ha chiamato “Progetto prevenire insieme”, secondo cui i genitori delle ragazze non vaccinate vengono contattate da un call-center attraverso un servizio gestito da una ditta esterna. E a coprire i costi del progetto è la stessa azienda farmaceutica che si è aggiudicata la gara per la fornitura del vaccino. Stando alla risposta, la ragione di tale procedura verrebbe giustificata con il fatto che le percentuali di adesione alla vaccinazione sono ritenute basse rispetto agli obiettivi.
Immediata la replica dell'associazione trentina “Vaccinare informati”, sostenuta dalle associazioni Comilva, Condav e Corvelva. «Lo scandalo sta nel fatto che, e riportiamo le parole dell'assessore, “i costi del progetto sono finanziati dall'Azienda farmaceutica che si è aggiudicata la gara del vaccino per l'anno in corso, come servizio aggiuntivo alla fornitura, previsto nel contratto” – scrive l'associazione - Chi produce e vende i vaccini, si occupa anche dell'informazione e di recuperare i reticenti, pur nel garantito “diritto alla libertà di scelta”. Ma quale libertà? Secondo noi è molto grave che l'assessore non si renda conto del conflitto d'interesse in un'operazione del genere, soprattutto lei che è sempre stata in prima linea per la difesa della legalità e dei diritti del cittadino.
Qui non si tratta solo di difendere il diritto di scegliere o no un farmaco ma è in gioco la credibilità stessa della sanità pubblica e il suo dovere di informare e non di vendere. Nei contatti telefonici, si spiegheranno solo i benefici del vaccino o anche i possibili effetti collaterali? Si elencheranno le sostanze potenzialmente pericolose contenute del vaccino in questione? Si spiegherà ai genitori che il Papilloma Virus è una comune infezione che regredisce nell'80- 90% dei casi a tre anni dalla diagnosi, anche nel caso  di infezione con un tipo virale potenzialmente cancerogeno e che la prova scientifica che possa prevenire il cancro ancora non esiste, poiché questo si sviluppa dopo decenni dall'infezione stessa?
Si dirà che il numero di ceppi presi in considerazione dai due tipi di vaccini proposti contro il Papilloma sono irrisori (due o quattro ceppi) in confronto ai ceppi in cui il l'HPV si può manifestare e sempre tenendo presente che una soppressione di un ceppo può virulentare gli altri normalmente silenti, cioè non patogeni o  che, secondo i nostri dati, ci sono 225 microgrammi di alluminio per ogni dose di vaccino? Si dirà che una corretta prevenzione si ottiene attraverso un sano stile di vita, oltre che sottoponendosi a un esame innocuo e a volte salva-vita come il Pap -Test? Ci auguriamo almeno che ci sia trasparenza e si dichiari apertamente ai genitori contattati che il progetto è finanziato dall'industria e non dall'APSS».
Ma il Trentino non è l'unico a “distinguersi”, come spiega il dottor Eugenio Serravalle, presidente di Assis. «La Regione Basilicata, insignita del Public Affairs Award 2012 per la campagna sul papillomavirus, alle immagini di ragazzine adolescenti ha associato la scritta: "HPV responsabile del cancro del collo dell'utero, e di altre patologie sessualmente trasmesse, tumorali e non tumorali, come i tumori vulvari, vaginali e le verruche genitali". Come se venisse saldata nella testa delle persone la connessione tra i brufoli sul viso e la setticemia per il fatto che entrambi si sviluppano da batteri e come se per prevenire la seconda venisse prescritta a tutti una terapia contro l'acne. La Basilicata è stata la prima regione italiana ad aver iniziato, nel 2007, un programma di vaccinazione gratuito contro l'hpv e anche la prima ad averla offerta non soltanto alle 12enni ma anche ad altre tre fasce d'età: 15, 18 e 25 anni. L'iniziativa, nata sotto il patrocinio della Regione Basilicata, è stata fortemente sostenuta dalle associazioni di volontariato Iris Basilicata, Fidas Basilicata e Fidapa distretto sud-est».
«Ma che cos'è il Public Affairs Award con cui è stata insignita la Regione Basilicata e chi lo assegna? Lascio al lettore dedurlo dalla semplice visione di un documento scritto dalla stessa PublicAffairs Association (PAA) in occasione del quarto convegno nazionale, tenuto, si badi bene,  nella Sala Capitolare del Senato della Repubblica, nel luglio 2012: “Maggiore sensibilità e disponibilità al confronto da parte delle Istituzioni nazionali e locali e formazione di una nuova generazione di specialisti del market access, con un ventaglio di capacità e competenze più focalizzato alla negoziazione in chiave farmaco-economica. Queste, in sintesi, le richieste dei top manager dell'industria farmaceutica emerse da “Public Affairs Monitor 2012”, l'indagine annuale realizzata da Medi-Pragma per conto di Public Affairs Association (PAA), associazione dei professionisti delle relazioni istituzionali e della lobbying che operano nel settore della sanità. 
PAA rappresenta l'Italia, insieme a Ferpi (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), in seno alla Global Alliance for Public Relations and Communication Management ed è membro fondatore della federazione International Alliance of Lobbyists con American League of Lobbyists, Association of Accredited Lobbyists to the European Union, l'australiana Government Relations Professionals Association e Croatian Society of Lobbyists”. Insomma, non se ne fa neppure un mistero: sono i lobbisti dell'industria farmaceutica che hanno premiato la Regione Basilicata per avere mandato avanti alla grande le loro vendite. Essi però chiedono un più stretto collegamento con le istituzioni nazionali e locali e la creazione di una categoria specifica di professionisti che curino e facciano crescere e profittevolmente prosperare queste connessioni».
Da sottolineare come il vaccino antipapillomavirus sia stato proposto in Italia dal progetto ONDA (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna). Partners del progetto: le Istituzioni, quali il Parlamento italiano ed Europeo, il Ministero della Salute, l'Assessorato alla Salute del Comune di Milano. I sostenitori sono le maggiori multinazionali di Big Pharma: Glaxo SmithKline, Sanofi Pasteur MSD, Roche, Pfizer, ScheringPlough, Istituto Ganassini, BASF, AstraZeneca, Rathiopharm, Wyeth, e altre. Una sponsorizzazione disinteressata, naturalmente.