Un estratto dell'articolo di Karen Mutton tratto dall'ultimo numero di NEXUS New Times.

Le banche italiane e tedesche sono in gravi difficoltà, con quotazioni a picco, tassi d’interesse negativo e tentativi di ricapitalizzazione falliti. Se crollerà la Deutsche Bank, la più grande banca tedesca, questo avrà effetti disastrosi su tutte le banche europee e sul sistema finanziario globale.


Lo shock del voto Brexit

Il termine “evento cigno nero” è stato divulgato dal professore ed ex operatore di Wall Street Nicholas Taleb  per descrivere eventi caotici di natura economica che risultano di solito casuali e inattesi. Il più importante evento cigno nero verificatosi finora nel 2016 sarebbe il referendum Brexit del 23 giugno, che ha visto il 51,9% dei britannici votare in favore dell’uscita dall’Unione Europea (UE).
Il Regno Unito, che si unì alla Comunità Europea nel 1973, ha la quinta economia mondiale e al momento è ancora membro dell’UE. Quando, nel 1992, venne firmato il trattato di Maastricht per creare una moneta europea unica, la Gran Bretagna decise di mantenere la propria sterlina invece di adottare l’euro.
L’Unione Europea è un’unione politico-economica di 28 stati membri, e ha delle politiche che garantiscono il libero movimento di persone, merci, servizi e capitali  nel mercato interno. L’eurozona consiste di 19 paesi che usano l’euro, mentre altri paesi, come il Regno Unito, la Danimarca e la Svezia sono membri dell’UE ma non hanno adottato la moneta unica. L’articolo 50 del Trattato di Lisbona del 2007 conferisce a uno stato membro il diritto di ritirarsi dalla UE e concede due anni di tempo per uscirne dopo averne dato ufficialmente notifica. Questo articolo 50 non è stato mai invocato prima, e nessun’altra nazione ha mai lasciato l’UE prima d’ora.
Il primo ministro conservatore britannico David Cameron aveva promesso di indire un referendum “dentro o fuori” sull’appartenenza all’UE, pur essendo personalmente favorevole alla permanenza nell’unione. Il voto in favore della Brexit ha scioccato il mondo, costringendo Cameron ad annunciare le sue dimissioni il 24 giugno, per poi dimettersi ufficialmente il 13 luglio. Con un’altra mossa scioccante, il 4 luglio il leader del partito per l’indipendenza del Regno Unito e sostenitore della Brexit, Nigel Farage, ha dato le dimissioni come capo del suo partito.
I mercati azionari di tutto il mondo sono andati a picco, la sterlina ha toccato i suoi minimi degli ultimi trent’anni e la solvibilità della Gran Bretagna è stata retrocessa a “negativa” pochi giorni dopo il voto. Il 24 giugno, 2,08 bilioni di dollari sono stati cancellati dai capitali azionari mondiali, soprattutto in Europa.
Lo shock del voto Brexit e il suo effetto sui mercati azionari europei ha messo l’accento sulle fragili condizioni economiche di molte nazioni e banche europee, e soprattutto delle banche italiane. Almeno mezza dozzina di banche europee rischia, nei prossimi mesi, di dar vita a potenziali eventi cigno nero.

L’esposizione delle banche italiane

Il termine “sofferenze” si riferisce, in Italia, ai crediti inesigibili. Noti anche come “prestiti improduttivi”, tali crediti risultano pari a 360 miliardi di euro e costituiscono più del 18% dei prestiti delle banche italiane, di gran lunga i più elevati nell’eurozona. Per contro, i crediti inesigibili delle banche britanniche ammontano a meno dell’1,5%, mentre le sofferenze francesi risultano al di sotto del 5%. Questi crediti dubbi rendono il sistema bancario italiano il più vulnerabile e pericoloso d’Europa.
Nell’aprile del 2016, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) ha approvato la creazione di un nuovo fondo, denominato Atlante, per contribuire a consolidare alcune delle banche italiane in difficoltà. Finanziato dalle banche e dalle società assicuratrici più forti, ha ricevuto più di 4,5 miliardi di euro; si tratta di una cifra assolutamente inadeguata, anche se il fondo è riuscito ad acquisire la Banca Popolare di Vicenza, soffocata dagli scandali. Alla fine di giugno, l’Atlante ha assunto il controllo anche di Veneto Banca, dopo che quest’ultima non è riuscita a trovare il miliardo di euro di aumento di capitale richiesto dai supervisori della BCE.
Questi due salvataggi hanno quasi svuotato il fondo Atlante, lasciando l’Italia con più di 200 miliardi di euro di prestiti improduttivi (Non performing loans o NPL). Il primo ministro Renzi sperava di consentire a Roma di ricapitalizzare le banche italiane dopo lo scompiglio scatenato dal voto Brexit, ma tali salvataggi con fondi pubblici sono proibiti dai regolamenti dell’eurozona. La cancelliera tedesca Merkel ha rifiutato di fare sconti al bersagliato sistema bancario italiano, al di là di un piano “precauzionale” che consente all’Italia di aiutare le banche con problemi di liquidità a breve termine. Tuttavia, solo le banche solvibili hanno diritto a beneficiare di questo piano.
Purtroppo per l’Italia, la sua capacità di indebitamento come nazione sovrana è stata ormai superata, e ciò significa che qualunque nuovo debito in cui incorrerà per salvare le banche determinerà subito un declassamento dell’Italia dall’attuale tripla B + (Fitch), che è a soli due passi dal credito spazzatura. L’unico modo per ricapitalizzare il fondo Atlante con altri 5 miliardi di euro consiste nel prendere i soldi dai fondi pensionistici, dallo stato o dagli investitori stranieri.
Ad aggravare i problemi del sistema bancario italiano c’è la Banca Monte dei Paschi di Siena (BMPS), che attualmente necessita di un terzo salvataggio. Nel 2013 ha dovuto ricorrere a un salvataggio interno a spese degli obbligazionisti non privilegiati. La banca più vecchia del mondo, e la terza più grande in Italia, ha 50 miliardi di euro in crediti inesigibili e, nel 2016, ha già visto il valore delle sue azioni diminuire di un nettissimo 79%. A luglio, la Banca Centrale Europea (BCE) ha ordinato alla BMPS di ridurre, entro il 2018, la propria percentuale di crediti inesigibili dall’attuale 30% al 20%. Moody’s ha declassato l’affidabilità creditizia della banca di due gradi fino a “Ca”, che è appena un grado al di sopra del default.
Ai sensi della nuova direttiva dell’UE sulla risoluzione delle crisi bancarie (Bank Recovery and Resolution Directory o BRRD), entrata in vigore a gennaio del 2016, i governi non possono più salvare le banche senza prima costringere gli azionisti e gli obbligazionisti a sopportare enormi perdite. Tuttavia, tra i creditori della banca italiana figurano milioni di italiani comuni che possiedono circa 200 miliardi di euro di obbligazioni bancarie idonee al salvataggio interno o bail-in. Un altro bail-in di banche italiane, dopo diffuse proteste seguite al salvataggio interno di quattro piccole banche verso la fine del 2015, sarebbe dannoso politicamente per il governo Renzi.
Il rischio di contagio per altre banche dell’UE esposte alle banche italiane è grave. L’esposizione totale delle banche francesi al debito italiano supera i 250 miliardi di euro, mentre le banche tedesche ne detengono 83,2 miliardi (comprendenti gli 11,76 miliardi della Deutsche Bank), quelle spagnole 44,6 miliardi e quelle del Regno Unito 29,77 miliardi.

Gli stress test delle banche europee nel 2016

Uno stress test bancario è un’analisi condotta in scenari economici sfavorevoli ideati per determinare se una banca disponga di capitale sufficiente a resistere a situazioni avverse. Nel 2016 gli stress test delle banche europee hanno coperto 51 banche e sono stati istituiti dall’Autorità Bancaria Europea (European Banking Authority o EBA) per rilevare i problemi all’interno dell’UE.
Il 29 luglio del 2016 sono stati pubblicati i risultati di tali stress test bancari. Come previsto, la BMPS ha avuto il rendimento peggiore, dimostrando che il suo capitale sarebbe stato annientato durante lo scenario più difficile del test. La BMPS e la Allied Irish Banks sono cadute al di sotto del requisito patrimoniale minimo del 4,5% richiesto dai supervisori.
Secondo Tyler Durden di Zero Hedge:
“È inutile dire che il test, così come è stato strutturato, ha rappresentato una farsa fin dall’inizio, perché non ha tenuto conto dei tassi d’interesse negativi, che in Europa equivalgono a migliaia di miliardi, e neppure della Brexit. Infine, il test non comprendeva né le banche della Grecia né quelle del Portogallo, paesi in cui, al momento attuale, praticamente tutte le banche risultano insolventi.
“Mentre  sta segnando una rottura rispetto al passato in virtù dell’assenza di un punteggio minimo,  l’esame di 51 istituti di credito intende dare ai supervisori di tutta l’Unione Europea una base comune per misurare e puntellare la resistenza finanziaria delle banche. Il test ha assunto ulteriore importanza perché il governo italiano sta valutando dei metodi per consolidare il Monte dei Paschi, e la riduzione di capitale individuata nel test potrebbe aprire la porta a un sostegno pubblico.” (1)
Il giorno dopo l’annuncio dei risultati degli stress test, è stato lanciato un piano di salvataggio su tre livelli per la BMPS, comprendente il trasferimento dei crediti inesigibili in un veicolo di cartolarizzazione e la ricapitalizzazione della banca a 5 miliardi di euro attraverso la vendita di titoli e utilizzando il fondo Atlante. Mentre i crediti inesigibili verranno rimossi dal bilancio della BMPS, gli azionisti verranno quasi del tutto eliminati. Solo il tempo potrà dirci se queste misure saranno in grado di salvare la BMPS.
A pochi giorni dall’annuncio, altre banche italiane hanno visto crollare il valore delle loro azioni. UniCredit, la più grande banca italiana, è calata del 9,4% durante la prima settimana, con il blocco delle contrattazioni per tre giorni di seguito.
Secondo il sito web Express.co.uk:
“Mercoledì [13 agosto] la UniCredit ha fatto aumentare le tensioni rivelando che a giugno il suo capitale di base, misura fondamentale di forza finanziaria, è sceso al 10,33% da un livello pro-forma di 10,85% di tre mesi prima.
“Il calo ha colpito le azioni UniCredit, poiché ha intensificato le aspettative secondo cui la banca sarà costretta a lanciare una vendita multimiliardaria di titoli per rafforzare i propri livelli di capitale, che restano indietro rispetto alle rivali.” (2)
UniCredit ha perduto quasi il 20% del suo valore azionario ad agosto, scendendo al disotto dei 2 euro ad azione. Ha anche fatto registrare il sesto peggior risultato negli stress test delle banche…


L’autrice:
Karen Mutton è una ricercatrice indipendente e un’insegnante di storia in pensione che vive a Sydney, Australia. Attualmente le sue ricerche si concentrano sulla fragile situazione delle strutture economiche e bancarie globali, nonché sugli effetti che un futuro collasso potrà avere sulla nostra vita e sulle nostre finanze. I suoi articoli “L’economia si ‘resetterà’ nel 2015-2016?”, “La riforma monetaria globale”, “Confisca delle pensioni, bail-in bancari e prelievi fiscali” e “Il modello Cipro: depositi bancari a rischio?” sono stati pubblicati su NEXUS. Il suo libro Threats to Our Wealth sta per essere aggiornato in versione e-book. Karen Mutton è raggiungibile tramite email presso kazganymede@yahoo.com.au. Per maggiori informazioni, visitate la sua pagina Facebook e il sito web http://www.karen-mutton.com.