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martedì 10 settembre 2019

Disturbi di apprendimento: dai vaccini, ai dispositivi digitali e screening


Marcello Pamio
Ultimamente la regione Emilia Romagna sta mostrando al mondo alcuni tristissimi primati che riguardano i più indifesi. Il riferimento alle vergognose disposizioni vaccinali e allo scandalo dei bambini sequestrati di Bibbiano non è casuale.
Ora vien fuori che si tratta anche di una delle regioni italiane con il maggior numero di casi di DSA, cioè «disturbi specifici dell’apprendimento»!
Se si considera infatti l’incremento avuto nell’ultimo biennio (18,6%), si arriva ad un aumento dei DSA nel corso degli ultimi 6 anni pari al 183%.[1] Le segnalazioni maggiori si verificano nella scuola secondaria (48,3%), dove è stato registrato anche il maggiore incremento. Dal 2012-13 al 2018-19 la crescita è stata infatti del 346%,[2] e tra le varie province Modena indossa la maglia nera.
Vedere numeri così alti di diagnosi di “disturbi mentali” nella stessa regione in cui si trova Bibbiano, la città dove i bambini venivano sequestrati alle famiglie naturali per venderli, fa sorgere assai brutti pensieri…
Secondo i dati delle «Rilevazioni Integrative sulle Scuole» del Miur, gli alunni con disabilità nell’anno scolastico 2014/2015 erano 234.788, pari al 2,7% del numero complessivo degli alunni frequentanti, quindi con un incremento pari al 39,9%.[3]
Per l’«Associazione italiana della dislessia» sarebbero invece 350.000 i ragazzi che hanno questa difficoltà, un vero e proprio boom, e a rincarare la dose ed allargare il problema ci pensa il dottor Raffaele Ciambrone, dirigente dell’Ufficio Disabilità del Miur secondo il quale «l’Italia è il paese con il più alto numero di studenti disabili (15.000, pari all’1%)».
Ma cosa sta succedendo? Possibile che sempre più bambini abbiano problemi nella lettura (dislessia), nella grafia (disgrafia) e nel calcolo (discalculia)? O c’è qualcos’altro?
Per comprendere tale fenomeno è necessario osservarlo da vari punti di vista.
Screening mentaliIl primo è legato alla pericolosa tendenza di utilizzare sempre più gli screening…
A Modena da molti anni infatti le autorità sanitarie e scolastiche adottano i cosiddetti percorsi di individuazione precoce, cioè gli «screening mentali».
Sono “banali” prove di lettura e scrittura che hanno lo scopo di rilevare quanto prima una difficoltà.
Per fare questo, ogni anno, circa 250 insegnanti vengono formati su come monitorare i percorsi di apprendimento dei bambini e come intervenire. Lo scopo ufficiale è individuare precocemente i bambini che mostrano problematiche per intervenire quanto prima.
Detto questo, e stando alle dichiarazioni delle aziende sanitarie locali, sembra che il motivo dei numeri preoccupanti di Modena e delle altre province emiliani, sia dovuto al fatto che in Emilia si lavora bene e meglio nella prevenzione! Chiaro?
Secondo la dott.ssa Antonella Riccò, responsabile AUSL del Gruppo aziendale sui Disturbi specifici dell’apprendimento, in un’intervista alla “Gazzetta di Modena, in Emilia sono «i migliori in Italia»!
I numeri sarebbero «il risultato di un grande lavoro di collaborazione tra Asl, scuole, associazioni, pediatri di libera scelta e specialisti di medicina generale». Non solo, la sua previsione abbastanza infausta è che tra qualche anno «si arriverà ad una omogeneità delle percentuali su tutto il territorio nazionale».
La Riccò ci sta preparando psicologicamente alla crescita pandemica di tutti i disturbi di apprendimento a livello nazionale.
Ma nessuno, a parte qualche perla di saggezza degli esperti, si interroga sulle vere cause di questi disturbi. Se si tratta ovviamente di un vero problema, perché sappiamo benissimo che non solo gli screening tradizionali (psa, mammografia, sangue occulto, ecc.) servono a cercare i malati tra i sani, ma tanto più quelli psichiatrici.
Il dato oggettivo è che più test si eseguono sulla popolazione e maggiori saranno i riscontri positivi (diagnosi), in termini statistici.
Ma questi bambini “diagnosticati” hanno realmente dei problemi, o la crescita dei casi è solo un’illusione ottica dovuta ad una sempre più leggerezza nella diagnostica?
Una volta non venivano riscontrati perché maestri e professori non erano in grado di identificare le difficoltà di apprendimento degli allievi? O queste sono cresciute solo nell’ultimo periodo?
Non si sta dicendo che non esista il problema, si sta solo cercando di comprendere il fenomeno.
Quindi se diamo per vera l’ultima ipotesi, e cioè che i disturbi sono realmente cresciuti negli ultimi anni, la domanda cruciale è: cos’è successo di concreto ultimamente per indurre un simile aumento?
Metalli neurotossici A questo punto è necessario toccare la delicatissima tematica dei «vaccini».
Se uno si chiede cosa c’entrano i vaccini con i DSA significa che ha gravi lacune conoscitive, perché oggi è risaputo, anche se viene negato con ogni mezzo, che dopo le vaccinazioni possono manifestarsi disturbi da lievi a veri e propri gravi danni neurologici.
Tralasciando le patologie gravi, moltissime manifestazioni subcliniche e/o disturbi vari, tra cui anche quelli dell’apprendimento, si manifestano lentamente nel tempo, per cui non verranno MAI correlate ai vaccini. Cosa questa scontata visto che i medici non correlano le gravi patologie che si scatenano subito dopo gli inoculi. Figuriamoci quelle lievi…
Una recente ricerca condotta dall’epidemiologo dottor Anthony Mawson ha portato invece alla luce rivelazioni scioccanti sui rischi associati a questa pratica medica: i bambini vaccinati hanno mostrato un rischio sensibilmente maggiore di sviluppare un disturbo dell’apprendimento. Nello studio sono stati presi in esame 666 bambini e i ricercatori hanno scoperto che quelli vaccinati avevano un rischio aumentato del 520% di sviluppare un disturbo dell’apprendimento rispetto ai bambini non vaccinati!
La percentuale del 520% non è proprio irrisoria, e in questa analisi non si parla solo di DSA, perché il team ha scoperto anche che i bambini vaccinati mostravano un rischio superiore del 420% di sviluppare autismo o ADHD!
La logica è come sempre ferrea. Nell’organismo di un bambino piccolo, gli organi e apparati si stanno formando e impiegheranno anni per la loro maturazione. Tra questi anche i vari meccanismi di difesa, come la barriera ematoencefalica (che protegge il cervello) e la barriera intestinale (che protegge il sangue dalle tossine). Queste importantissime barriere servono a lasciar passare SOLO quello che serve all’organismo bloccando tutto il resto. I primi anni di vita però risultano “permeabili”, cioè piene di “fessure” (intestino permeabile), e quindi le varie sostanze chimiche che entrano col cibo (pesticidi, erbicidi, mercurio, alluminio, ecc.) o con i vaccini pediatrici (adiuvanti e metalli neurotossici) possono raggiungere il circolo sanguigno e finire per essere trasportate fin dentro il cervello…
Dentro questo organo, il più sensibile del corpo umano (non a caso l’unico protetto da una scatola ossea durissima), simili sostanze tossiche creano squilibri, non solo organici (infiammazioni, ecc.) ma anche psichici!
Sarà un caso che Health Canada raccomanda ai bambini di età inferiore a 5 anni di non mangiare più di mezza scatoletta di tonno alla settimana, mentre alle donne gravide di NON mangiare più di 150 grammi di tonno al mese? Questo perché il pesce accumula la forma organica di mercurio (metil-mercurio) che risulta essere - dicono sempre loro - «particolarmente tossica per il sistema nervoso centrale e il cervello infantile in via di sviluppo»[4].
Ma come: gli stessi enti ufficiali (FDA, Health Canada, ecc.) che sconsigliano a bambini, gravide e puerpere di mangiare pesce perché contiene metalli neurotossici, non dicono nulla sui vaccini?
Questi farmaci non solo contengono i metalli, ma hanno in più l’aggravante dell’inoculo per via parenterale (braccio e/o gamba), che bypassando il sistema difensivo e le mucose fanno entrare i metalli direttamente nel circolo linfatico e sanguigno. Da qui la strada verso il cervello è velocissima!
Tornando ai disturbi di apprendimento, con l’aggravante della tossicità dei metalli è forse più facile da comprenderne il fenomeno.
Ci sarebbe un sistema pratico semplicissimo e molto economico da fare sulla carta, per verificare empiricamente se i vaccini giocano o meno un ruolo nell’eziologia dei DSA. Basterebbe prendere 1.000 bambini vaccinati e 1.000 non vaccinati e contare il numero delle diagnosi di DSA nei due gruppi. Statisticamente, se hanno ragione i medici vaccinatori, non ci dovrebbero essere grosse discrepanze. E chissà come mai questa ricerca non viene fatta: forse perché i risultati potrebbero scuotere e far tremare le fondamenta del Sistema?
In conclusione l’aumento di tale fenomeno nel corso degli anni, da una parte è stato certamente aiutato dalla crescita degli screening mentali, ma dall’altra potrebbe essere dovuto ad una degenerazione cerebrale a seguito di un aumento della tossicità ambientale. Tesi questa confermata anche dalla crescita esponenziale dei casi di demenza e di Alzheimer nella popolazione italiana.
Aspetto cognitivoPer questa breve analisi sui DSA, non si poteva non toccare anche l’aspetto cognitivo.
Il bambino inizia ad apprendere appena viene al mondo e i vari processi di apprendimento continuano per molti anni a seguire, qualcuno dice per molti decenni.
Il cervello è un organo neuroplastico per cui deve essere continuamente stimolato e allenato in maniera corretta (alimentazione e stimoli sani) altrimenti perde, come un muscolo non utilizzato, le sue importantissime funzionalità.
Oggi sappiamo che la navigazione in internet, i giochi al computer, la consolle, i tablet e soprattutto gli smartphone rappresentano una gravissima minaccia per lo sviluppo cognitivo dei bambini e dei giovani.[5]
Il livello di distrazione dei ragazzi di oggi è veramente preoccupante: riescono a mantenere l’attenzione solo per pochissimi secondi. Questo cambiamento nelle capacità cognitive ha spinto il marketing a ridurre notevolmente i tempi delle pubblicità. Mentre una volta gli spot erano lunghi anche fino a 30 secondi, oggi soprattutto quelli in internet, sono di pochi secondi. I pubblicitari sanno che altrimenti si perderebbe l’attenzione del potenziale cliente.
L’altra cosa che risalta è una marcata perdita di memoria non solo nelle persone anziane, ma anche nei giovani.
Quindi la conclusione è abbastanza scontata: l’uso dei dispositivi e media digitali influisce negativamente sulle varie forme di attenzione e quindi anche di apprendimento dei bambini.
Per quanto riguarda l’iperattività, il neuropsichiatra tedesco Manfred Spitzer ci spiega che da «diverso tempo è stato dimostrato che l’utilizzo dei media dotati di schermi è corresponsabile del manifestarsi di questo disturbo»[6]Stiamo parlando della Sindrome da iperattività (adhd), figuriamoci se ciò non vero anche per tutti i disturbi di apprendimento!

Note
[1] «Alunni con DSA, a Modena più 183 per cento in 6 anni. E’ allarme?» Vincenzo Brancatisano, www.orizzontescuola.it/alunni-con-dsa-a-modena-piu-183-per-cento-in-6-anni-e-allarme/
[2] Idem
[3] «L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, anno scolastico 2014/2015», Miur www.istruzione.it/allegati/2015/L%27integrazione_scolastica_degli_alunni_con_disabilità_as_2014_2015.pdf
[4] «Prenatal Nutrition Guidelines for Health Professionals - Fish and Omega-3 Fatty Acids», Her Majesty the Queen in Right of Canada, represented by the Minister of Health Canada 2009, www.canada.ca/en/health-canada/services/publications/food-nutrition/prenatal-nutrition-guidelines-health-professionals-fish-omega-3-fatty-acids-2009.html
[5] «Solitudine Digitale», Manfred Spitzer, ed. Corbaccio

Nuova ricerca: l'edificio 7 non è crollato a causa del fuoco

Come molti ricorderanno, il NIST (che ha rappresentato la versione ufficiale del governo americano sui crolli del World Trade Center) aveva attribuito il crollo dell’edificio sette al cedimento iniziale della famosa colonna 79. In seguito all’indebolimento dovuto agli incendi - scriveva sempre il NIST - si sarebbe scatenata una progressiva reazione a catena in tutta la struttura portante, che causò il crollo dell’intero grattacielo.
Naturalmente, la implausibilità di questa spiegazione era stata chiara fin da subito a tutti coloro che avessero un minimo di buon senso: bastava guardare il crollo, rapido e simmetrico, dell’edificio, per capire che si fosse trattato di una demolizione controllata. Ma oggi arriva una conferma di tipo scientifico su questa ipotesi. Dopo quattro anni di ricerche, utilizzando simulazioni al computer basate su progetti originali dell’edificio sette, il dipartimento di ingegneria civile dell’Università dell’Alaska ha pubblicato un rapporto (ancora in versione provvisoria) nel quale si conclude che il crollo dell’edificio sette non fu dovuto agli incendi, bensì ad un cedimento quasi simultaneo di tutte le colonne portanti del grattacielo.
Il lungo e dettagliatissimo documento (che potete scaricare qui, in fondo all’articolo) analizza ogni singolo elemento della struttura portante ed ogni singola possibilità statistica. I risultati della conclusione (a pag. 111) sono i seguenti:
"Abbiamo quindi concluso che il crollo dell’edificio sette è stato un collasso globale che ha interessato il cedimento praticamente simultaneo di tutte le colonne portanti dell’edificio, e non è stato un crollo progressivo, che avrebbe comportato il cedimento sequenziale delle colonne.
Nonostante abbiamo simulato svariati scenari ipotetici, non siamo stati in grado di identificare nessuna sequenza progressiva di cedimenti che sia potuta accadere l’11 settembre 2001, e che abbia causato il crollo totale dell’edificio, per non parlare del vistoso crollo verticale con circa 2,5 secondi di caduta libera e con un differenziale minimo di movimento esterno."
Come abbiamo detto, questa è una versione provvisoria del rapporto, che resterà aperto a suggerimenti ed eventuali modifiche per i prossimi due mesi. Siamo certi che i debunkers nostrani vorranno intervenire per far sapere agli ingegneri dell’Università dell’Alaska dove abbiano sbagliato, e perché l’edificio sette sia invece crollato a causa dei semplici incendi.
Massimo Mazzucco