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domenica 23 marzo 2014

VAL ROSANDRA: UNA NAVE DI VELENI AFFONDATA NEL 1990 PER ORDINE DELLO STATO ITALIANO

Mare Adriatico, acque nazionali italiane, 8 giugno 1990 - archivio LANNES (tutti i diritti riservati)







(estratto dal libro di inchiesta inedito: NAVI A PERDERE IN ITALIA)  




Nel Mare adriatico, al largo tra Monopoli e Brindisi (latitudine 41° 05’ N – 18° 044’ E) giace la motonave italiana Val Rosandra (acquistata il 9 ottobre 1989), imbottita di gas tossici e veleni chimici. Il relitto è di proprietà del gruppo Ferruzzi di Ravenna che nel 1989 aveva scalato la Montedison e inventato l’Enimont con Raul Gardini.



E’ un caso paradigmatico della commistione fra Stato e industriali. Un affondamento deliberato in violazione delle normative nazionali ed internazionali a protezione del mare, senza informare la Regione Puglia né tantomeno le province di Brindisi e Bari, nonché i Comuni costieri, in particolare Monopoli e Brindisi, le città più vicine al disastro ambientale. L’operazione è andata in onda con l’ausilio di potenti cariche esplosive, addirittura sotto il Governo Andreotti, con regia della Marina Mercantile, supervisione della Guardia Costiera di Brindisi e subappalto sporco alla famigerata società olandese Smith & Tak, già presente in numerosi altri episodi nebulosi della storia italiana, compreso lo spiaggiamento della Jolly Rosso (proprietà Messina) ad Amantea nel dicembre 1990. 



Ecco cosa attestano gli atti ufficiali legalmente acquisiti ai sensi della Convenzione europea di Aarhus, ratificata in Italia con legge statale numero 108/2001.



 
foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)


 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)


 
 Mare Adriatico, acque nazionali italiane, 8 giugno 1990 - archivio LANNES (tutti i diritti riservati)



 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)





 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)



 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)





 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)



Quando un relitto è pericoloso? Secondo un biologo marino del calibro di Ezio Amato, con un passato nell’Icram e nell’Ispra non c’è da stare allegri: 



«Quando a bordo aveva combustibili o sostanze chimiche. A causa della corrosione, prima o poi, cisterne e serbatoi liberano queste sostanze. Le chiamiamo sorgenti di inquinamento affondate: le convenzioni internazionali firmate dall’Italia impediscono l’affondamento volontario».



L’inquinamento è certo, l’ammontare degli effetti a danno dell'ecosistema marino e della salute pubblica non è stato mai valutato. Che cosa si deve fare e che cosa si può fare per evitare una catastrofe ambientale? Questo è il problema. Ritengo che moralmente non ci siano alternative alla bonifica. Ripeto: prima o poi il carico di morte fuoriuscirà. Un altro grave problema è la criminalità mafiosa che risiede nello Stato.



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