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mercoledì 23 gennaio 2019

Dialisi e trapianto: una trappola da cui nessuno è mai uscito

di Alessandro Bruno

Ormai da tempo possiamo assistere ad un travolgente progresso tecnico: le auto si rinnovano costantemente, i dispositivi elettronici diventano sempre più presenti (per non dire invadenti) nelle nostre vite, comunicare con l'altro capo del mondo in istantanea da uno schermo non è più dominio di uno Spock di Star Trek anni '70. Nonostante questo travolgente susseguirsi di innovazioni, continuiamo a portarci dietro un fossile vivente: non sto parlando di un'auto o di un vecchio pc degli anni '90, bensì di una cosa ben più importante, che dovrebbe per prima far le valigie lasciando spazio alle giovani innovazioni… Ed invece, come spesso possiamo notare, il progresso tecnologico in medicina non è quasi mai così sorprendente…

Mi riferisco alla dialisi. La dialisi, o meglio l'emodialisi, è una cura dalle radici ottocentesche₍₁₎. Per quanto fosse ancora solo una pura applicazione sperimentale teorica o poco di più, resta una signorina che si porta dietro i suoi 165 anni contando la teoria ed i suoi 73-74 contando le applicazioni terapeutiche sull'uomo. 

Non vi annoierò con tecnicismi superflui. Voglio però parlarvi di cos'è veramente la vita di un nefropatico (malato di insufficienza renale) oggi, nel 2019. Quando la funzione renale diventa così insufficiente da poter provocare la morte del paziente (non sempre questo è accaduto: ci sono casi, soprattutto in meridione, dove i centri privati convenzionati abbondano di persone sottoposte alla dialisi che avrebbero potuto farne a meno₍₂₎) si deve ricorrere alla terapia sostitutiva: la dialisi.
Brevemente, fare la dialisi significa sottoporsi a lunghe sedute di anche oltre 4 ore, in cui i pazienti si collegano ad un dispositivo detto "rene artificiale", provvisto di filtro. Il sangue passa attraverso questo circuito e viene restituito semi-ripulito ai pazienti. Ci sono due modi per collegarsi a queste macchine: uno attraverso un catetere venoso (un vero supplizio, non tanto per il dolore in sé, quanto il convivere semi-permanentemente con un catetere venoso) e l'altro consiste nel farsi bucare un accesso vascolare con degli aghi di dimensione considerevole. La cura va ripetuta 3-4 volte la settimana (ed anche oltre in alcuni casi) per tutta la vita. 

Oltre agli immensi disagi di chi si deve recare costantemente in un reparto dialisi, si aggiungono anche tutte le problematiche collaterali a livello medico, sociale, economico ecc. ₍₃₎. La dialisi infatti rende quasi impossibile lavorare, condurre una vita normale ed intrattenere normali rapporti umani, soprattutto alla pari. Molte volte infatti, i dializzati sono abbandonati dai rispettivi partner, dalle famiglie, dagli amici. 

Questo non deve stupire purtroppo. La pseudo-cultura dominante predica un individualismo sfacciato, da "ognuno per sè, Dio per tutti"... Chi fa la dialisi non può frequentare un locale come normalmente farebbe una persona comune, per una semplice ragione: i dializzati smettono di urinare, e smettere di urinare significa dovere contenere i liquidi il più possibile. Voi non ci fate caso ovviamente, ma un solo bicchiere d'acqua contiene in media 250 ml, la metà della dose media giornaliera permessa ad un paziente nefropatico anurico. Mangiare, vuole dire bere di conseguenza, in quanto anche il cibo contiene liquidi, oltre che una moltitudine di sali e sostanze che occorre tenere sotto controllo.

Quindi anche l'alimentazione diventa un problema: per evitare di bere e di mangiare troppo e male, spesso il dializzato evita i locali pubblici il più possibile. Comprenderete che se il nefropatico non è un povero anziano semi-paralitico la vita diviene tutt'altro che una passeggiata! Non bere ha delle ripercussioni psicologiche da notte horror. Ho sentito e visto personalmente pazienti nefropatici bere di nascosto rischiando di affogare per edema polmonare, persone che nel tempo diventano isteriche/maniaco depressive… Ho visto persone parlare in solitaria, mangiare compulsivamente la carta, avere comportamenti autolesivi, perdere completamente la lucidità ecc. … Nessuno ti può aiutare in tutto questo calvario, perché al nefropatico interessa giustamente solo non fare più la dialisi e tornare a vivere come una persona normale, ma questo è decisamente impossibile oggi, essendo quella renale, una funzione fondamentale per la vita. 

Parliamo ora di quella che dovrebbe (e sottolineo "dovrebbe") essere la soluzione: il trapianto renale. 

Quando si entra in dialisi ci si sente subito di chiedere che destino attende le persone in questa condizione. Come si può uscirne? Con il trapianto di rene è la risposta più immediata. Si deve però essere inseririti in una lista, le cui logiche sono per molti poco chiare, ed attendere che qualcuno muoia in un incidente e che i familiari acconsentano alla donazione degli organi. La seconda opzione consiste nel ricevere un rene da un donatore vivente, spesso un familiare, oppure da un donatore samaritano, in una donazione incrociata. Al primo impatto sembrerebbe abbastanza facile: ci si fa operare, si passa un periodo di controlli e di convalescenza e poi si torna alla normalità. In verità, non è affatto così semplice. 

Il trapianto di rene infatti ha una durata in termini di anni, per ragioni che ora non starò qui a specificare. Principalmente per via dell'utilizzo degli immunosoppressori… che sono nefrotossici! Eh sì, perché i farmaci che dovrebbero preservare il rene trapiantato dalla reazione immunitaria, danneggiano il rene essi stessi nel corso del tempo!!! 

Ora, dato che gli immunosoppressori vengono prodotti da delle S.p.a. come tutti i farmaci, quindi da aziende quotate in borsa che producono farmaci ai fini di guadagno, e non di certo per opera di bene, è chiaro che se dovessimo riflettere e cercare il conflitto di interessi da parte dei produttori-venditori, qualora questi farmaci avessero un uso limitato nel tempo… non dovremmo di certo faticare molto. Andiamo nel dettaglio.

Gli immunosoppressori sono utilizzati in concomitanza con il cortisone a dosaggi anche piuttosto elevati, con il risultato che un trapiantato deve stare attentissimo e sottoporsi regolarmente a dei controlli. Queste attenzioni possiamo riassumerle dicendo che un trapiantato non può nemmeno stare al sole senza protezione solare, perché le pastiglie che prende ogni giorno lo predispongono a contrarre tumori della pelle oltre che a degli episodi oncologici potenzialmente mortali. Per non parlare delle infezioni batteriche, virali, fungine... Ogni cosa può danneggiarti molto seriamente: basta una brutta tosse o una infezione per rischiare la vita nel peggiore dei casi, e dovere tornare in dialisi... o entrambe le cose. Questo perché nel caso in cui il paziente sia a rischio di vita, bisogna sospendere la terapia immunosoppressiva, perdendo di conseguenza l'organo ricevuto. 

Una soluzione quindi solo temporanea, che ha anche numerosi risvolti socio-psicologici come la dialisi stessa. Infatti sia la dialisi che il trapianto (per ragioni che adesso non approfondirò nel dettaglio) spesso danneggiano l'aspetto fisico dei pazienti per via dei farmaci e degli eccessi di liquidi ed altri squilibri, alterando il colore della pelle, facendo comparire sfoghi, deformando il viso e facendovi emergere delle occhiaie/ borse che cambiano completamente il proprio aspetto fisico, oltre che rallentare il metabolismo, catabolizzando il tessuto muscolare e rendendo i poveri nefropatici spesso magrissimi e cronicamente deboli. Questa situazione crea a moltissimi pazienti enormi disagi nel rapporto con se stessi e con gli altri. 

Tutti questi rischi/ disagi devono essere superati e tollerati dal paziente, fino al suo ritorno in dialisi. Eh si, perché se il paziente sopravvive abbastanza a lungo, prima o poi deve tornare in dialisi. Soprattutto se si tratta di una persona in giovane età. E quindi che si fa? Semplice: si fa un altro trapianto di rene! Cominciate a capire?! Si, perché c'è chi di trapianti ne ha dovuti sostenere anche 3. 

Ad oggi quindi non ci sono soluzioni definitive, se non quella di rimbalzare tutta la vita dalla dialisi al trapianto... finché morte non ci separi. Sì, perché l'unico modo per liberarsi della dialisi è quello di morire nel tempo della durata di un trapianto, altrimenti si è di nuovo da capo, e ridotti peggio di prima dalle terapie immunosoppressive. 

La volontà è la nostra unica ancora di salvezza. Inoltre, ormai da diversi mesi si sta cercando di istituire quella che sarà una associazione culturale o una onlus ₍₄₎ volta a diffondere consapevolezza su queste problematiche, oltre che fare conoscere le VERE soluzioni che esistono ma che tardano ad arrivare e di cui non si sente mai parlare, soprattutto nelle sedi appropriate e da parte degli operatori del settore, se non in modo superficiale, molto saltuario e poco fiducioso.

Mi riferisco al rene artificiale ₍₅₎, un progetto molto promettente che però sembra subire ostacoli e rallentamenti di ogni tipo. E se subisce ostacoli e rallentamenti possiamo solo immaginarne il motivo: con un'ampia diffusione di questo strumento cadrebbe di colpo l'intera macchina mondiale della dialisi, che rende attualmente centinaia di milioni di dollari per chi la gestisce.

Noi dializzati siamo come galline dalle uova d'oro: incatenati a vita alla macchina della dialisi, rendiamo ricchi quelli che le gestiscono, mentre le nostre vite se ne vanno nel silenzio dell'oblio.

Vi chiediamo di diffondere questo articolo e di informarvi su questo tema. Chiunque può finire in questa trappola da un momento all'altro. La dialisi sopravvive perché non se ne parla abbastanza, perché gode di una certa "copertura", essendo un problema poco conosciuto e dibattuto. Il numero di nefropatici nel mondo sta aumentando sempre di più, perciò occorre risolvere questo problema alla radice. Inoltre, risolvendo il problema della dialisi/trapianto, non solo si libera i pazienti da questa schiavitù, ma si abbatte anche il lato oscuro dei trapianti: il traffico di organi. Perché senza più bisogno di organi da trapiantare, anche il commercio illegale degli organi cesserebbe per mancanza di domanda. La dialisi ha bisogno di un saldo, numeroso e vivace movimento di critica - come ve ne sono stati per la chemioterapia ed i vaccini - per essere sconfitta. Costruiamolo insieme!
Note: 
(1) Excursus storico dell’emodialisi. F. Papagno, V. Pepe, F. Soleti, M. Giannattasio, Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi Putignano ASL Bari

(2) Archivio de laRepubblica.it 1997 05 22 QUANDO LA DIALISI E' SPECULAZ.: .."sono direttamente condizionate dagli interessi economici privati. "Ci sono regioni come la Campania", racconta Pio Bove, coordinatore del Forum nazionale delle associazioni dei nefropatici, dei dializzati e dei trapiantati, "dove la struttura pubblica è praticamente inesistente. Le cliniche convenzionate possono agire senza alcun controllo. E le insufficienze renali diventano un pozzo di San Patrizio. Ad esempio si avvia la gente alla dialisi anche quando non ce ne sarebbe ancora bisogno."

(3) A. Molinini, buonacausa.org: "Tra i principali problemi che, a medio e lungo termine, portano il dializzato ad una condizione di vita infernale, logorando la psicologia del paziente e conducendolo verso una sempre più evidente pazzia ed esasperazione, refertata da psicologi e psichiatri come sindrome ansioso depressiva, e, in taluni casi, psicomania depressiva con atteggiamenti compulsivi tesi all'autolesionismo, figurano: prurito uremico; picacismo selettivo; necessità di odorare detersivi e/o benzine; onicofagia; tricotillomania; prurito da iperfosforemia; prurito allergico da contatto del sangue con linee, tubi, acque per osmosi, filtri; prurito insorto per utilizzo continuo di anticoagulanti; ferite da grattamento, procurate cercando di togliere un prurito che non va mai via e che è talmente profondo e intenso da toglierti il sonno, da portarti alla follia, da non farti vivere più; danni gastrointestinali dovuti a smodato utilizzo di farmaci, soprattutto se chelanti del fosforo; mal di schiena (posizione di immobilità prolungata su poltrone spesso vecchie, rotte, scomode, malconce, inadeguate alle esigenze di un paziente in stato di immobilità totale o parziale nelle ore di dialisi e sulle quali non c'è manutenzione o periodica sostituzione); discriminazioni sociali, lavorative, sentimentali, perdita del lavoro, mancate assunzioni; scarsa attenzione e gentilezza del personale assistente medico e infermieristico, che, con crescente superficialità nel corso degli anni, tratta il paziente come un numero di passaggio, con sempre meno umanità, spesso con superficialità anche nella somministrazione delle terapie (di cui spesso l'ospedale nemmeno dispone per motivi misteriosi), ed infine, extrema ratio, soprattutto per gli infermieri in evidente stato di burn out, ad errori grossolani e fortemente lesivi sulla fistola artero venosa nell'attacco e nello stacco degli aghi; sindrome delle gambe senza riposo; calcificazioni ossee, venose e arteriose; crampi; mal di testa prolungati e spesso resistenti a terapia; collassi; sete continua e inestinguibile, un vero e proprio incubo che ti tortura il cervello ogni singolo giorno della vita, in ogni minuto, in una continua guerra logorante e insostenibile con ogni singola goccia d'acqua; cardiopatie ischemiche o di altra natura insorte a seguito di trattamenti dialitici troppo pesanti e prolungati nel tempo; edemi polmonari, spesso letali, altre volte passeggeri e recuperati in tempo con dialisi d'urgenza; Insufficienza respiratoria; iperpotassemia; stati edematosi periferici; stanchezza, astenia, mancanza di lucidità nelle 5 ore successive al trattamento, rabbia, irritabilità, furto di sangue al cervello e relativo stato confusionale, dolori alle gambe, impossibilità permanente o passeggera di camminare, affanno; impotenza e calo della libido (con drammi di coppia che spesso portano alla rottura di lunghe relazioni, o, addirittura, a sfasciare famiglie che prima erano felici); nausea, vomito, ipotensione e ipertensione; iperparatiroidismo; inadeguatezza allo sforzo fisico (dal camminare al correre, dallo sport leggero a quello più impegnativo) causa emoglobina bassa e cuore in perenne affanno; alto rischio di arresti cardiaci; braccio con la fistola deformato e aneurismi enormi e brutti da vedere (motivo di frequente curiosità morbosa o allontanamento volontario della gente comune) da rimodellare, eventualmente, chirurgicamente; tendenza al suicidio

(4) L'ASSOCIAZIONE SI CHIAMERA' PROBABILMENTE PAPILLON BLEU, ispirandoci alla vicenda di Henri Charrière, ingiustamente deportato in una colonia penale francese e riuscito ad evadere dopo una lunga detenzione. H. C. scrisse un libro che diventò il celebre film "Papillon".
Già attiva sottoforma di pagina facebook e come gruppo di ascolto/supporto e critica, il gruppo si chiama: "Dialisi adesso basta" come pagina del gruppo, e "Dialisi adesso basta" gruppo di discussione.

(5) The Kidney Project (rene bio-artificiale impiantabile, progetto condotto dalla Università di San Francisco in California) https://pharm.ucsf.edu/kidney , https://www.facebook.com/ArtificialKidney/

TRATTO DA: https://www.luogocomune.net/LC/21-medicina-salute/5135-dialisi-e-trapianto-una-trappola-da-cui-nessuno-%C3%A8-mai-uscito

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