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mercoledì 24 agosto 2011

Trichet-Draghi, la diarchia che governa l'Italia


Gabriele Battaglia - http://it.peacereporter.net/articolo/29886/Trichet-Draghi,+la+diarchia+che+governa+l'Italia
Una lettera “segreta” rivela che il governo è commissariato e anticipa in fretta e furia misure di cui non si conosce l'efficacia
L'Italia è governata dal gotha della finanza europea, rappresentata da Jean-Claude Trichet e Mario Draghi, attuale e futuro presidente della Banca centrale. Una lettera che avrebbe dovuto restare segreta e che invece è "miracolosamente" filtrata, rivela una vera e propria "lista della spesa" che la diarchia di Francoforte ha imposto al nostro Paese. È stata recapitata tra giovedì e venerdì; venerdì sera, guarda caso, Berlusconi e Tremonti hanno convocato un'improvvisata conferenza stampa per comunicare i "quattro pilastri" della politica economica futura: l'anticipo al 2013 del pareggio di bilancio, il suo inserimento in costituzione, la riforma dell'articolo 41 sulla libertà economica e una non meglio precisata "riforma del lavoro".
Nei "consigli" di Draghi e Trichet al nostro esecutivo, immediatamente rilanciati da Merkel e Sarkozy - che hanno caldamente consigliato a Berlusconi di fare tutto entro settembre - ci sono misure draconiane e tempi (rapidi) per farle: privatizzazione accelerata di tutto il patrimonio pubblicomeno rigidità sui licenziamenti dei lavoratori a tempo indeterminato, interventi sul pubblico impiego, superamento del modello attuale basato sull'estrema flessibilità di giovani e precari e sulla totale protezione degli altricontrattazione aziendale che incentivi la produttività.Procedere per decreto, da subito.
Una economista e un operatore di borsa si esprimono sulla situazione italiana e macroeconomica alla luce delle ultime novità. Sullo sfondo, la lettera di Trichet e Draghi che ha dato il via libera all'intervento della Bce sui nostri bond.
L'economista - Annamaria Simonazzi, Dip. di Economia Pubblica, Univ. La Sapienza, Roma 
La Bce interviene quando c'è un accordo politico tra i governi europei. Il problema è che l'accordo tra i governi avviene sempre in situazioni di crisi, mai prima, per scongiurarle. 
Quindi quello che manca è una vera e propria politica europea per il rilancio, per la crescita, perché quello è il modo migliore per evitare le crisi. Attualmente il mercato dei titoli di Stato cresce, ovviamente, perché la Bce li compra. Ma gli altri mercati azionari restano asfittici. La realtà è che l'Italia non può essere lasciata fallire come la Grecia, perché un fallimento del genere coinvolgerebbe anche gli altri Paesi europei: per cui l'Europa, Merkel e Sarkozy intervengono.
Non si esagera quando si dice che l'Europa ha commissariato il nostro governo. Di fatto gli ha fatto anticipare la manovra, ma i punti enunciati nella conferenza stampa dell'esecutivo, convocata in fretta e furia venerdì scorso, restano piuttosto fumosi. In particolare, come è già stato scritto altrove (Tito Boeri su Repubblica, ndr), appare addirittura controproducente l'inserimento in costituzione del pareggio di bilancio. Cosa vuol dire? Potrebbe procurare più rigidità, come si è visto nel dibattito sull'innalzamento del debito Usa.
E poi si parla di riforma del mercato del lavoro. Anche qui, cosa si intende? Un'altra campagna come quella contro l'articolo 18? Ma non si è capito quindi che ormai si è flessibilizzato tutto quello che si poteva flessibilizzare, che il punto invece è quello di far ripartire i consumi e quindi i punti di Pil? 
Il questo quadro, il declassamento del debito Usa da parte di Standard&Poor ha fatto capire che l'Europa non può più sperare che Washington tiri la crescita globale e che la posta in gioco dei prossimi anni è politica: il conflitto provocato dalla destra Usa. A questo punto la Cina si lamenta perché è seduta sulla montagna del debito Usa e non vuole vedere crollare il valore delle proprie riserve. Potrebbero diversificare i loro investimenti? D'accordo, però non è che al mondo ci siano così tanti franchi svizzeri o corone norvegesi per assorbire la capacità d'investimento cinese. Quindi si può prevedere un maggiore protagonismo cinese a livello macroeconomico in futuro. 
Quello che manca è l'Europa: per ora siamo capaci di mettere le pezze alla situazione deficitaria dei singoli Paesi europei, ma non di generare crescita.
Il trader - Niccolò ManciniPrimo elemento: Il massiccio intervento della Bce. Bastava il segnale. Più che un intervento massiccio è moral suasion, la Bce dichiara alla stampa che ci mette le mani e i bond spagnoli e italiani rimbalzano forte. Occorre però sottolineare che i nostro spread è ormai stabilmente sopra quello spagnolo: siamo andati sopra a 300 più volte e i bond spagnoli viaggiano tra i 13 e i 15 punti sotto i nostri, anche sui titoli a 10 anni che sono quelli che vengono presi come parametro. Questo significa che il problema in Europa siamo noi.
Secondo elemento: la borsa. Era partita bene e poi si sono scatenate le vendite su tutte le piazze. C'è un disinvestimento globale legato al rallentamento della crescita Usa e ai timori di una nuova recessione, il double dip, che porta a vendere tutti i titoli che hanno un legame stretto con il ciclo economico: Fiat, Pirelli, etc. 
Vanno meglio le banche, anche perché se vanno bene i titoli di Stato vanno bene anche le banche che ce li hanno in portafoglio. Comunque non è che abbiano performance così brillanti.
Questo significa che la situazione resta molto incerta anche se sul mercato dei bond, che è quello più importante, continua il rimbalzo: il BTP a 10 anni valeva 90 venerdì, vale 96 e mezzo oggi, una ripresa notevole, chiaramente generata dall'annuncio della Bce.
Siamo commissariati, questo ormai non lo negano neanche quelli del governo. Adesso voglio vedere come faranno il pareggio di bilancio. Credo che ci sia un piano B che a mio avviso non può essere che la patrimoniale, per incassare subito i soldi.
Quello di cui nessuno parla è che il problema dei mercati è il problema di quanto siano condizionati dal fattore finanziario. Se tutte la attività economiche dei mercati di tutto il mondo valgono 100, i derivati valgono 800. Si continua a farli prosperare e a non regolarli nonostante si sia sull'orlo del baratro. Il ruolo da padrone ce l'hanno le grandi banche: loro fanno quello che vogliono, poi magari ti impediscono l'operabilità ponendoti dei vincoli. Questo è il vero problema: gli scambi sui derivati sono ormai fuori controllo.


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