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giovedì 6 dicembre 2012

Obama II: la Purga e il Patto

  di Thierry Meyssan - http://www.voltairenet.org/article176737.html


I coniugi Kerry e i coniugi Assad, durante un pranzo privato, in un ristorante damasceno, nel 2009.
Disponendo d’una legittimità rafforzata dalla sua rielezione, il presidente Barack Obama si prepara a lanciare una nuova politica estera: nel trarre le conclusioni dalla relativa debolezza economica degli Stati Uniti, rinuncia a governare da solo il mondo. Le sue forze continuano la loro partenza dall’Europa e il loro ritiro parziale dal Medio Oriente, per essere posizionate intorno alla Cina. In questa prospettiva, vuole allo stesso tempo allentare l’alleanza russo-cinese in corso di formazione e condividere il fardello del Medio Oriente con la Russia.
Pertanto, è pronto ad attuare l’accordo sulla Siria, concluso il 30 giugno a Ginevra (dispiegamento di una forza di pace dell’ONU, composta in prevalenza da truppe dell’OTSC, mantenimento al potere di Bashar al-Assad se viene plebiscitato dal suo popolo). Questa nuova politica estera si scontra con forti resistenze a Washington.
A luglio, le fughe di notizie pilotate sulla stampa avevano fatto fallire l’accordo di Ginevra e avevano costretto Kofi Annan a dimettersi. Il sabotaggio sembra essere stato ordito da un gruppo di alti ufficiali superiori che non accettano la fine del loro sogno di impero globale.
In nessun momento la questione è stata evocata durante la campagna elettorale presidenziale, poiché i due candidati principali si mettevano d’accordo per collocarsi sullo stesso tornante politico mentre si opponevano soltanto sul modo di presentarlo.
Dunque Obama ha atteso la notte della sua vittoria per dare il segnale di una purga preparata con discrezione da mesi. Le dimissioni del generale David Petraeus dalle sue funzioni di Direttore della CIA sono state ampiamente pubblicizzate, ma non si trattava che dell’antipasto. Le teste di molti altri ufficiali superiori andranno a rotolare nella polvere.
La purga colpisce innanzitutto il Comandante Supremo della NATO e il comandante dell’EuCom (Ammiraglio James G. Stravidis), che termina il suo giro, e il suo previsto successore (Gen. John R. Allen). Si prosegue con l’ex comandante di AfriCom (il generale William E. Ward) e con colui che gli è succeduto da un anno in qua (il generale Carter Ham). Essa dovrebbe ugualmente liquidare il dominus dello Scudo antimissile (il generale Patrick J. O’Reilly) e altri ancora di minore importanza.
Ogni volta, gli alti ufficiali sono accusati sia di scandali sessuali sia di appropriazione indebita. La stampa USA si è saziata di sordidi dettagli sul triangolo amoroso che coinvolge Petraeus, Allen e la biografa del primo, Paula Broadwell, passando sotto silenzio che costei è tenente colonnello dei servizi segreti militari. Con ogni probabilità, è stata infiltrata nella cerchia dei due generali per farli cadere.
L’epurazione a Washington è stata preceduta, a luglio, dall’eliminazione dei responsabili esteri che si opponevano alla nuova politica ed erano stati coinvolti nella Battaglia di Damasco. Tutto è accaduto come se Obama avesse deciso di non intervenire. Si pensi, ad esempio, alla morte prematura del generale Omar Suleiman (Egitto) giunto a svolgere degli esami in un ospedale statunitense, o all’attentato contro il principe Bandar bin Sultan (Arabia Saudita), sette giorni più tardi.
Sta a Barack Obama comporre il suo nuovo governo trovando uomini e donne capaci di accettare la nuova politica. Egli fa conto soprattutto sull’ex candidato democratico alla presidenza e attuale presidente della Commissione Esteri del Senato, John Kerry. Già ora Mosca ha fatto sapere che la sua nomina sarebbe ben accolta. Soprattutto, Kerry è noto per essere «un ammiratore del presidente Bashar al-Assad» (The Washington Post) che ha spesso incontrato negli anni precedenti [1].
Resta da sapere se i democratici possono accettare di perdere un seggio al Senato, e se Kerry prenderà il segretariato di Stato o quello della Difesa.
Nel caso in cui prendesse il Dipartimento di Stato, la Difesa toccherebbe a Michèle Flournoy o ad Ashton Carter, che continuerebbero le attuali restrizioni di bilancio.
Nel caso in cui Kerry prendesse la Difesa, il Dipartimento di Stato spetterebbe a Susan Rice, il che non mancherebbe di porre alcuni problemi: si era mostrata assai scortese dopo i recenti veti russo e cinese, e non sembra avere il sangue freddo per questa carica. Inoltre, i repubblicani tentano di ostacolarla.
John Brennan, noto per i suoi metodi particolarmente sporchi e brutali, potrebbe diventare il prossimo direttore della CIA. Sarebbe incaricato di voltare la pagina degli anni di Bush, liquidando i jihadisti che hanno lavorato per l’Agenzia e smantellando l’Arabia Saudita che non sarebbe più di alcuna utilità. Se la cosa non riesce, la missione sarebbe affidata a Michael Vickers, ovvero a Michael Morell, l’uomo nell’ombra che stava al fianco di George W. Bush durante un certo 11 settembre mentre gli dettava il suo comportamento.
Il sionista e nondimeno realista Antony Blinken potrebbe diventare consigliere per la sicurezza nazionale. Si potrebbe risvegliare il piano che aveva elaborato, nel 1999 a Shepherdstown per Bill Clinton: fare la pace in Medio Oriente facendo assegnamento su... gli Assad.
Prima ancora della nomina del nuovo gabinetto, il cambiamento di politica si è già concretizzato con la ripresa dei negoziati segreti con Teheran. In effetti, la nuova situazione richiede di abbandonare la politica di isolamento dell’Iran e, infine, di riconoscere la Repubblica islamica come una potenza regionale. Prima conseguenza: i lavori di costruzione del gasdotto che collegherà South Pars - il più grande giacimento di gas del mondo - a Damasco e infine al Mediterraneo e all’Europa, sono ripresi, con un investimento di 10 miliardi di dollari che non potrà essere redditizio se non con una pace duratura nella regione.
La nuova politica estera di Obama II cambierà il Medio Oriente nel 2013 nella direzione opposta rispetto a quella annunciata dai media occidentali e del Golfo.
Thierry Meyssan, traduzione a cura di Matzu Yagi

Tratto da:  http://www.disinformazione.it/obamaII.htm

Gaza e la politica della “Grande Israele” (Eretz Israel)

Federico Dal Cortivo – tratto da “Rinascita” http://www.rinascita.eu/?action=news&id=17985

Il bombardamento israeliano di Gaza di questi giorni arriva in un momento interessante. Sotto la guida di Benjamin Netanyahu e Ehud Barak, l'espansione degli insediamenti ebraici illegali in terra palestinese è aumentato ad un ritmo senza precedenti.
L’Amministrazione Netanyahu ha approvato la costruzione di 850 abitazioni dei coloni nella Cisgiordania occupata nel giugno 2012, anche dopo che il parlamento israeliano ha respinto una proposta di legge per legalizzare retroattivamente alcune delle case esistenti nella zona. Il numero di coloni ebrei in Cisgiordania è quasi raddoppiato negli ultimi 12 anni, con più di 350.000 residenti illegalmente secondo il diritto internazionale. Mentre il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman conferma la mancanza di volontà di Tel Aviv di autorizzare i palestinesi a tornare nelle loro terre.
Un ‘apartheid applicato su linee etniche e religiose, è diventata la politica ufficiale del governo israeliano. L'estrema destra politica, che un tempo personificava l’estremismo, ora è lo status quo in Israele.
Mentre Netanyahu ha pubblicamente annunciato l’appoggio per uno stato palestinese in Cisgiordania, il suo governo ha minacciano di porre fine agli accordi di Oslo se le Nazioni Unite concedessero alla Palestina, che non è membro, lo status di osservatore .Un gruppo di giuristi israeliani voluti dal governo di Netanyahu per determinare lo status giuridico della Cisgiordania ha concluso che non vi è "nessuna occupazione" delle terre palestinesi e che il proseguimento della costruzione degli avamposti è completamente legale secondo la legge israeliana, nonostante la critica internazionale . Netanyahu del partito di destra-conservatore Likud si rifà alla filosofia di Ze'ev Jabotinksy, che ha chiesto l'istituzione di un 'Grande Israele', un concetto abbracciato dallo storico israeliano Benzion Netanyahu, il padre del primo ministro di oggi.
Sotto la sua influenza , Benjamin Netanyahu è stato indottrinato nelle fondamenta ideologiche del sionismo revisionista, che promuovono insediamenti ebraici in Giudea e Samaria (la Palestina) e la terra ricca biblica di Israele da parte degli ebrei contemporanei, una terra ricca di petrolio che si estende dalle rive del Nilo in Egitto, sulle rive dell'Eufrate.
"La Bibbia non trova immagine peggior di un uomo dal deserto. E perché? Perché lui non ha rispetto per la legge. Perché è nel deserto, che può fare quello che vuole. La tendenza verso i conflitti è l'essenza del conflitto arabo. Egli è un nemico per essenza. La sua personalità non gli permette alcun compromesso o accordo. Non importa che tipo di resistenza incontrerà, quale prezzo pagherà. La sua esistenza è una guerra perpetua. La stessa cosa per Israele.
La soluzione dei due stati non esiste, non ci sono due persone qui. C'è un popolo ebraico e una popolazione araba ... non vi è nessun popolo palestinese, in modo da non creare uno stato per una nazione immaginaria ... hanno solo loro stessi inventato un popolo per combattere gli ebrei ". Benzion Netanyahu.
Un razzo colpisce Tel Aviv per la prima volta dopo la guerra del Golfo, l'assedio di Gaza continua e deve essere visto per quello che è, un’azione premeditata dell’espansionismo israeliano. Netanyahu era un sostenitore zelante dell'ex primo ministro israeliano Ehud Olmert 2008-2009 noto per l’assedio a Gaza denominata 'Piombo Fuso', che ha ucciso oltre 1.400 palestinesi, mentre Israele ha subito solo 13 morti frutto della causalità. Il 14 novembre 2012, forze di difesa israeliane (IDF) hanno lanciato un'offensiva nella zona controllata da Hamas nella Striscia di Gaza e hanno annunciando i loro progressi tramite un account ufficiale su Twitter. L’IDF ha assassinato un importante comandante militare di Hamas, Ahmed al Jabari, che era presumibilmente in possesso di una bozza di un accordo di tregua permanente con Israele. L'accordo prevedeva dei meccanismi per mantenere il cessate il fuoco in caso di futuri scambi di militari tra Israele e Hamas nella striscia di Gaza. I militanti del braccio armato di Hamas a Gaza hanno reagito sparando razzi sul territorio israeliano, una grande percentuale dei quali sono stati intercettati dal sistema Iron Dome di difesa aerea.
Benjamin Netanyahu ha usato questa rappresaglia per rivendicare la superiorità morale israeliana, avvertendo che prenderà "ogni provvedimento necessario" per fermare il lancio di razzi da Gaza verso Israele. I funzionari israeliani hanno allertato 30.000 riservisti per prepararsi ad una possibile incursione di terra verso Gaza, mentre le forze dell'IDF indiscriminatamente uccidono i civili palestinesi che tentano di colpirei bersagli aerei e navali.
L'amministrazione Obama ha condannato Hamas di perpetuare la violenza, mentre il governo dei Fratelli musulmani d'Egitto guidato da Mohamed Morsi ha richiamato l’Ambasciatore egiziano da Tel Aviv (Il Venezuela in segno di protesta ha espulso in copro diplomati israeliano NdR). Il Primo ministro egiziano Hesham Kandil è arrivato a Gaza dopo il secondo giorno degli attacchi israeliani in una dimostrazione di sostegno per la Palestina. Attraverso l’IDF Israele prende di mira le basi militari di Hamas, tentando così di presentarsi come una vittima dei media internazionali. Forze dell’IDF fanno cadere migliaia di volantini orwelliani su Gaza, invitando i cittadini ad assumersi la responsabilità per la propria sicurezza, tirando in causa Hamas, che ancora una volta, ha trascinato la regione nella violenza e nello spargimento di sangue.
Nonostante Israele prenda di mira il governo eletto di Hamas a Gaza, un articolo del Wall Street Journal dal titolo "Come Israele ha aiutato Hamas", cita un ex funzionario israeliano che sostiene che Israele ha incoraggiato la formazione di gruppi islamisti per controbilanciare i nazionalisti laici affiliate all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Il governo israeliano ha anche riconosciuto ufficialmente un precursore di Hamas chiamato Mujama Al-Islamiya definito gruppo di carità, che promette di costruire moschee e una università islamica.
Ha collaborato con l'influente sceicco Ahmed Yassin, che si opponeva agli attivisti palestinesi, guidando il movimento islamista sunnita che è diventato Hamas. Alla fine di ottobre 2012, il governo di Hamas a Gaza ha ricevuto lo sceicco Hamad bin Khalifa Al-Thani, l'emiro del Qatar, per una visita ufficiale. Come parte di un pacchetto di aiuti allo sviluppo, Al-Thani ha concesso ad Hamas $ 400 milioni, almeno 150 milioni di dollari andranno verso un progetto di edilizia abitativa nel sud di Gaza - sarebbe ragionevole presumere che grandi porzioni di tale aiuto sarebbe stato investito in difesa.
Il sostegno dato a Hamas dal Qatar deve essere compresa attraverso il contesto del suo impegno in Siria.
Il New York Times in un suo articolo “flusso di armi ai ribelli a beneficio dei jihadisti in Siria”, afferma che le armi spedite in Siria dall’Arabia Saudita e dal Qatar è stato utilizzato per sostenere i jihadisti di al Qaeda e gruppi affiliati che cercano di rovesciare il governo di Bashar al Assad.
Il Qatar ha tenuto numerose riunioni con i leader dell'opposizione siriana, e ospita un’ importante base aerea dell’Us Air Force a Al-Udeid, a ovest della capitale, Doha. Il Qatar ha anche permesso la creazione di un centro del Brooking Institute (vedi articolo http://www.disinformazione.it/primavere_rivoluzioni_spa.htm) nel suo territorio. Il Brookings Saban Center for Middle East Policy ha pubblicato il "Salvataggio della Siria: Opzioni da valutare per un cambio di regime" nel marzo 2012, e le direttive descritte nella relazione sono apparentemente diventata la politica degli alleati occidentali e Paesi del Golfo, che mirano a rovesciare il governo siriano. Il Centro Saban che ha pubblicato la relazione è stato fondato nel 2002, quando il magnate israelo-americano Haim Saban ha promesso quasi $ 13 milioni della Brookings Institution, nel tentativo di influenzare la politica Usa in chiave filo-israeliana.
Nonostante sostenga a parole la causa palestinese, il Qatar è per una politica studiata per offrire un pretesto per consolidare il potere di Israele. Sia il Qatar che l'Arabia Saudita hanno collaborato con gli Stati Uniti e Israele, esportando l'ideologia salafita che è così importante tra i combattenti ribelli radicali di Hamas e l'esercito ribelle siriano, usando la loro enormi ricchezza di petrolio per finanziare e armare questi movimenti.
In uno scritto dall’israeliano Bechor Guy, editorialista, dal titolo "Pericoli di uno stato palestinese", egli lamenta la possibilità di una Palestina indipendente, nella paura che la nazione possa diventare un mezzo per la violenza degli estremisti: "Uno stato palestinese sovrano assorbirebbe immediatamente 700.000 palestinesi, che vivono in condizioni terribili in Siria, altri 750.000 palestinesi che attualmente vivono in Libano e centinaia di migliaia di altre persone che si aggregherebbero al nuovo stato, perché per loro la Cisgiordania e Israele sono l'America - basta chiedere agli infiltrati africani. A causa della 'primavera araba', la Siria e il Libano prenderebbero volentieri a calci i palestinesi, e lo Stato palestinese li accoglierebbe a braccia aperte, al fine di modificare la realtà demografica sul terreno. Qatar e l'Arabia Saudita potrebbero finanziare l'intero esodo”.
Così, lo stato palestinese diventerebbe una delle aree più densamente popolate del mondo e rappresenterebbe una minaccia demografica per Israele. In altre parole, in un prossimo futuro potremmo vedere centinaia di migliaia di palestinesi che si stabiliscono in Cisgiordania. Alcuni di loro sono tra le persone più pericolose in Medio Oriente: salafiti, membri di milizie armate siriane e libanesi, così come i membri dei vari gruppi jihadisti. Essi si stabilirebbero in luoghi vicino a Haifa, Tel Aviv, all’aeroporto Ben Gurion e Gerusalemme. Il saldo demografico in questa regione sarebbe cambiato per sempre. La nostra vita diventerà un incubo stile siriano".
Nel 1952, il ministro della Difesa israeliano Moshe Dayan parlò con ardore a Tel Aviv del suo fine ultimo, la creazione di un ‘impero israeliano' - oggi, Netanyahu con la sua amministrazione arrogante e megalomane, ha sottolineato con una visione messianico-catastrofica del mondo, che Israele è "l'eterna nazione". In effetti, un dominio Salafita sulla la Palestina potrebbe causare problemi per Israele, e fornisce un necessario pretesto per Israele d’impegnarsi militarmente contro i gruppi palestinesi, con l'obiettivo finale di riconquistare la loro terra per l'insediamento ebraico. L’ 'Operazione pilastro della difesa', lanciata a pochi mesi di distanza dalle elezioni in Israele, è un elemento calcolato della strategia del governo di Netanyahu per rovesciare Hamas e continuare ad assorbire territorio palestinese. Decenni d’occupazione e l'apartheid hanno modellato l'attuale scenario, Israele ha disumanizzato un intero popolo, togliendo la loro terra e costringendolo in una prigione-ghetto. Gli aderenti al Sionismo politico hanno dimostrato disprezzo per una vera soluzione politica del conflitto palestinese, Netanyahu e l'amministrazione sono pronti a schiacciare ogni opposizione allo stato ebraico.
Un razzo colpisce Gerusalemme…, è chiaro che la risposta israeliana è stata rapida . Mentre la situazione storica del popolo palestinese non può essere ignorato, il comportamento di Hamas può essere controproducente, nonostante che la potenza di fuoco israeliana sia esponenzialmente più distruttiva. L'assedio di Gaza da lo spunto per prendere in considerazione la previsione di Henry Kissinger, "In 10 anni, non ci sarà più Israele".
Sedici agenzie di intelligence degli Stati Uniti hanno redatto un rapporto di analisi di 82 pagine, intitolato "Preparazione per una post-Israele in Medio Oriente”, dove si conclude che la coalizione del Likud di Netanyahu, ha accettato con entusiasmo e sostenuto gli insediamenti illegali, applicando al contempo un regime di apartheid ai palestinesi. Israele, l'unico paese dotato di armi nucleari in Medio Oriente, ha tutti i crismi di uno stato “paria internazionale” e il suo atteggiamento attuale è impossibile da mantenere. Se Israele devasta Gaza, si creerebbero i presupposti di un nuovo slancio che minaccerebbe l'esistenza stessa dello Stato ebraico.
Federico Dal Cortivo -
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Da: Land DestroyerNile Bowie è uno scrittore residente a Kuala Lumpur e fotografo americano per il Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione a Montreal, Canada.
Egli analizza i temi del terrorismo, economia e geopolitica.