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domenica 7 agosto 2011

Federazione Galattica di Luce

Il risveglio interiore è ritrovare la Divinità che c'è in ogni essere senziente, e anche un singolo atomo lo è. Vivere nell'Amore quotidianamente cercando la nostra anima gemella dentro noi stessi........celebrando così, il Matrimonio Divino con il Nostro SE' superiore, così che la luce divina si espanda nel tutto, allora si che i nostri fratelli cosmici la vedranno, illuminandosi d'AMORE.....e accogliendoci nella GRANDE FEDERAZIONE GALATTICA DI LUCE!!!!.....AMATEVI

  

L'altra faccia di Obama

Tratto dal libro "L'altra faccia di Obama: ombre da passato e promesse disattese" di Enrica Perucchietti, ed. Infinito
(...) Era il 27 luglio 2004 quando tutta l’America si accorse del giovane e carismatico Barack Obama. Sconosciuto ai più, dal nome difficile e le origini esotiche, quella sera di sette anni fa da Boston milioni di Americani videro il giovane politico salire sul palco della convention del Partito Democratico che avrebbe incoronato John Kerry come sfidante per le elezioni alla Casa Bianca contro il Presidente in carica George W. Bush. A quel tempo Obama non era ancora Senatore a Washington, ma gli fu affidato comunque il keynote speech, il discorso introduttivo alla convention. Un’occasione imperdibile. La storia la sappiamo. Kerry avrebbe perso le elezioni contro Bush e il turno successivo gli elettori avrebbero scelto il primo Presidente afroamericano della storia.

Il modo in cui Obama pronunciò il suo discorso quella ricalca la metodologia che è poi divenuta storia. Quel carisma modulato attraverso i gesti, la voce, le parole ben scandite che arrivano dritte al cuore della gente. Senza dire molto, le sue parole riescono a insinuarsi nel subconscio delle persone. La sua voce è come una sinfonia. Resti ad ascoltarlo, ti cibi dell’aura salvifica che a istinto ti sembra di cogliere. Il ritmo delle sue parole ti ammalia. È pacato, gentile, ma di quella gentilezza distaccata di chi ti studia con freddezza calcolata mentre ti ritrovi ad abbassare le difese. Non è lui che cerca la tua approvazione, sei paradossalmente tu che necessiti della sua.

A distanza di sette anni la percezione che il mondo ha di Barack Obama è cambiata. Il suo modo di esprimersi è rimasto intatto. Ma dietro le promesse si è insinuata l’ombra del vecchio. Dell’establishment che non ha colore politico, che raccoglie i soliti volti di democratici e repubblicani: la Casta americana. Dietro i corposi finanziamenti della più dispendiosa campagna presidenziale della storia, si celano infatti gli assegni delle lobby. Gli speculatori di Wall Street. Le grandi Banche, che avrebbero goduto del salvataggio statale a scapito dei contribuenti. Le multinazionali del petrolio, degli OGM, della Difesa. Le compagnie di assicurazione.

Molti si sono accorti che il cambiamento prospettato in campagna elettorale stenta a concretizzarsi, nonostante l’insediamento della nuova amministrazione democratica. Un team che comprende gli ex membri dei Governi Bush e Clinton e che ha presto disatteso le promesse fatte in campagna elettorale. Da qua il salvataggio delle Grandi Banche durante la crisi, a scapito dei contribuenti, l’abbandono della rivoluzione verde, la marcia indietro sulla revisione del Patriot Act, l’incremento dell’invio di truppe in Afghanistan seguito dalla missione militare in Libia. Una politica che sostiene gli OGM e una riforma sanitaria che prevede l’introduzione di microchip sottocutanei nella popolazione americana. Ogni volta che Obama ha cercato di risalire nei sondaggi riappropriandosi delle promesse fatte all’elettorato, è stato costretto a fare dietrofront. Le lobby non permettono che si tradiscano i propri interessi.

L’altra faccia di Obama si prefigge il compito di rivelare che cosa si nasconde realmente dietro l’immagine di questo messia multietnico che ha sedotto il mondo. In fondo di lui sappiamo poco. Le ombre della sua biografia sono sconcertanti e nascondono verità scomode. Dai Media, che ne hanno accompagnato la scalata alla Casa Bianca, ai comuni cittadini, è iniziata a serpeggiare la domanda sulle reali intenzioni di Obama: è veramente un uomo del popolo salito alla ribalta per proprio merito? Oppure è l’ennesimo Presidente fantoccio comandato da un’elite di Banchieri che ora ne conferma e ne prepara la candidatura per la rielezione del 2012?

Questa meteora del firmamento americano ha folgorato senza mezze misure milioni di persone dagli usa all’Europa, senza che queste potessero avere tempo e modo di domandarsi chi fosse realmente il senatore dell’Illinois con un programma politico assolutamente elementare ma “accattivante”. Pronti a giustificare l’incapacità di riformare il sistema – è troppo presto, dobbiamo dargli tempo, bisogna avere fede, è ostacolato dai poteri forti… – ci siamo ritrovati ad abbracciare senza una spiegazione razionale il nuovo arrivato, pronti ad accettare qualsiasi proposta uscisse dalla sua bocca. A rischio di approvare decisioni sconvenienti per il Bene Comune. È come se il mondo avesse promosso Obama attribuendogli una “patente di onestà” a priori. Come a priori gli è stato conferito il premio Nobel per la Pace, senza sapere nulla delle sue reali intenzioni, che ora si sono rivelate non troppo distante da quelle dei neocon.

Alcuni interrogativi sono destinati a rimanere avvolti nel mistero. Certe domande non potranno mai trovare risposta. Altre sono vicine a una soluzione. Donald Trump – che intende candidarsi nelle file repubblicane – si è scagliato recentemente contro il Presidente in carica accusandolo di non aver detto la verità riguardo alle proprie origini. Ancora una volta l’ombra del certificato di nascita….

Come si crea un Presidente L’inganno di Obama è stato presto svelato al mondo, a chi ha avuto gli occhi per vedere, le orecchie per sentire, la perspicacia di guardare oltre le immagini che scorrono identiche, vuote, ogni giorno in tv.
L’imbroglio è stato scoperto. Non da giornalisti, detrattori o repubblicani: da Obama stesso. Le elezioni di MidTerm hanno confermato soltanto il crollo dei consensi a livello pubblico, perché l’altra faccia del Presidente si era già palesata, prima, a pochi mesi dal suo insediamento.
A poco servono le biografie o i saggi dei suoi sostenitori, di coloro che sono rimasti aggrappati alla speranza del cambiamento sbandierata in campagna elettorale. Di un “mondo nuovo”.

«Mr Cool»,[1] com’è stato ribattezzato, passerà alla storia per la sua abilità affabulatoria, per la sua scalata sociale e politica, per il teatrino di menzogne che è riuscito a imbastire. Gli si deve attribuire il merito di aver ingannato mezzo mondo, di aver esportato il suo modello populista post-razziale in tutti i Paesi democratici, dove la frenesia dell’Obama-mania è serpeggiata come un morbo tra cittadini e dirigenti politici, riappacificando per un po’ di mesi la base con i vertici di partito.

Svenimenti, acclamazioni, spillette, striscioni: tutti a emulare il nuovo fenomeno mediatico. Il desiderio mimetico di riempire il vuoto della politica si è cibato dell’aura salvifica che emanava dal nuovo inquilino della Casa Bianca. Fascino, carisma, promesse, belle parole, famigliola solare: un mix letale per qualsiasi elettorato esasperato da anni di amministrazioni scellerate tra guerre inutili, attacchi terroristici, crisi. La capacità di rassicurare le masse e strizzare l’occhio alle lobby finanziarie.
Obama doveva essere l’agente non solo del cambiamento, ma della post-politica in generale, avrebbe dovuto rappresentare gli interessi di tutti i cittadini americani, al di là del credo politico, o del ceto sociale.
Se è vero che le cose devono cambiare per rimanere sempre le stesse, il suo approdo fulmineo sulla scena politica ha dimostrato che le barriere che separano repubblicani e democratici sono solo etichette vuote: a un certo livello sono tutti uguali, tutti controllati dai soldi e dal potere.

In questo senso Obama si è dimostrato non solo un prodotto del Partito Democratico, ma soprattutto un burattino di quella che il giornalista americano John R. MacArthur, nel suo ultimo saggio, ha battezzato la «casta americana»: le lobby di Wall Street[2]. I poteri forti della finanza hanno creato e indirizzato questo giovane, dal passato esotico, a mirare all’insediamento alla Casa Bianca. Ma a differenza di un JFK, Obama non ha avuto – almeno per ora – la forza di emanciparsi da quei poteri forti che ne hanno guidato il destino. È lo stesso Obama a svelare i mezzi per conquistarsi la vittoria: «In assenza di potenti mezzi personali, c’è fondamentalmente una sola maniera di ottenere la quantità di denaro che serve nella corsa al Senato degli Stati Uniti. Bisogna chiederlo alle persone ricche». Forse che a corteggiare e a farsi corteggiare dall’establishment politico e finanziario americano l’ex senatore dell’Illinois sia rimasto invischiato in promesse di ben altro genere e in scambi di favori da aver dovuto o voluto dimenticare i bisogni dei cittadini? Scendendo necessariamente a patti con il potere per diventare Presidente, ne è forse rimasto contagiato?

Oppure dietro questa scalata sociale e politica senza precedenti nella storia è da ravvisare un destino segnato fin dall’infanzia da coloro che stanno “dietro il trono”, che manovrano il potere e i soldi che si celano dietro di esso?
Obama è forse il prodotto di qualcuno che ha individuato in questo giovane brillante, esotico, una possibilità di “investimento” per creare un simbolo politico post-razziale che muovesse le masse infondendo fiducia nell’elettorato?

Obama, Ulisse e il cavallo di Troia Che cosa rimane di quella Audacia della Speranza[3]?
Obama non ha fatto nulla di audace, né ha introdotto il cambiamento che prospettava in campagna elettorale. Forse, combattuto nelle intenzioni, è presto capitolato alle logiche di potere.
Non lo sapremo mai.

Sappiamo, e ce lo rivela egli stesso dalle pagine dei suoi libri, che la frequentazione dei ricchi di Wall Street l’ha condizionato al punto da diventare come loro: «So bene che, in conseguenza della mia ricerca di fondi, sono diventato più simile ai ricchi donatori che ho incontrato, nel senso molto specifico che ho passato sempre più tempo nella mischia, lontano dal mondo fatto di fame impellente, delusioni, paura, irrazionalità e spesso stenti del restante 99 per cento della popolazione – cioè le persone per aiutare le quali sono entrato nella vita pubblica». Queste righe suonano come una forma di giustificazione agli sforzi di equilibrismo che per anni ha dovuto compiere. Da funambolo della politica sempre in bilico tra gli interessi della popolazione e gli interessi delle lobby, le voci della città diventano «un’eco lontana piuttosto che una realtà palpabile»: qua sta il punto di non ritorno in un uomo, quando si sporca le mani scendendo a patti con il potere dell’establishment politico e finanziario.

La catabasi obamiana è l’origine della sua Caduta.
Qua il punto in cui i favori che si devono a coloro che ti hanno aiutato a raggiungere la vetta risultano più impellenti delle “voci” degli elettori.
Qua il punto in cui una promessa diviene illusione, un’illusione menzogna.
La via del potere si snoda attraverso comizi e salotti dell’alta finanza: in fondo Obama, per quanto abbia cercato di rappresentare a pieno l’icona del sogno americano, del self made man, figlio di «un pastore di pecore», ha avuto una madre bianca e una vita agiata.

O, come si domanda John MacArthur:

Era possibile che le riflessioni rese pubbliche di Obama fossero le espressioni autentiche di una mente estremamente mediocre? O erano semplicemente banale propaganda di un politico ambizioso che aveva imparato da tempo che non poteva combattere il sistema – che al massimo poteva soltanto entrarci, e forse operare collaborando. O forse Obama non era nient’altro che il leader di una fazione che mirava a strappare il controllo del Partito Democratico ai Clinton e ai loro amici.[4]

La chiave dell’enigma è sepolta nelle sue parole, nella sua vita, nelle sue amicizie, dietro alle quali si celano le vere intenzioni dell’Obama politico.
L’inadeguatezza a governare che ha dimostrato in questi anni è data da incapacità, dal fatto di essere soltanto un burattino nelle mani di una elite al di sopra di colui che è considerato “l’uomo più potente del mondo”, dall’avere le mani legate da troppi favori ricevuti, oppure il suo venire a patti con la finanza è un escamotage, una sorta di “Cavallo di Troia” da introdurre nei salotti di Wall Street?
Dobbiamo vedere in Obama l’astuzia di Ulisse – e il carisma l’intelligenza lo lascerebbero intendere – oppure l’abbaglio di un semplice uomo di paglia divorato dall’ambizione e manipolato da uomini molto più ricchi e potenti di lui?
Oppure – ipotesi assai più inquietante – è egli stesso il Cavallo di legno, un inganno escogitato da qualcuno ben più potente di lui che lo ha proposto alle masse per regalare loro l’illusione del cambiamento?

Bentornato Reagan! Accolto come un Messia, un Salvatore, un novello John Kennedy post-razziale, il quasi sconosciuto Barack Obama ha dimostrato nei fatti una netta propensione per lo status quo politico dei suoi predecessori, anche del nemico per eccellenza, George W. Bush, per cui, lontano dai riflettori, serba parole di comprensione (...)

Tratto dal libro "L'altra faccia di Obama: ombre da passato e promesse disattese" di Enrica Perucchietti, ed. Infinito


[1] Stefano Pistolini, Mister Cool. Come funziona il metodo Obama, Marsilio.[2] John R. MacArthur, La Casta Americana, Casini Editore, trad. Marella Imparato. Titolo originale, An American Caste, 2008, Les Arene.[3] In inglese Audacity of the hope, titolo originale della sua autobiografia politica.[4] John R. MacArthur, cit.