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domenica 6 febbraio 2022

LA VIA DEL GUERRIERO

Non basta una vita per trasformarsi da uomo comune in guerriero.  E’ necessario abbandonare ogni dubbio e ogni incertezza in merito al risultato delle nostre azioni e rimanere centrati solamente nell’azione stessa, senza il minimo desiderio di riuscita.  L’uomo comune generalmente tentenna ed è sempre preoccupato che qualcosa o qualcuno gli levi le cose che possiede, la sua carriera, la reputazione e perfino la moglie o il marito; eppure nulla di tutto questo gli appartiene.  Un guerriero al contrario è risoluto, i suoi riflessi sono pronti, è rilassato ma allo stesso tempo è guardingo, non si lascia cogliere di sorpresa. Mantiene il controllo restando all’erta ma non è schiavo del delirio di controllo, al momento opportuno e quando le circostanze lo richiedono sa lasciarsi andare senza remore e senza rimpianto alcuno. Non ha più famiglia, né amici, né patria… diceva Don Juan a Castaneda, ha lottato una vita per raggiungere il distacco da tutto quello che gli altri suoi compagni umani si tengono stretto, ingaggiando lotte all’ultimo sangue senza capire che quella zavorra che non vogliono mollare è il loro ego, la loro importanza personale.  Eppure la grande differenza che c’è tra un vero guerriero e un essere umano qualunque è che quest’ultimo pensa di avere tutto il tempo del mondo e quindi si comporta agendo come se fosse immortale, ben sapendo che la morte tocca tutti e nessuno sa come e quando.  Il guerriero invece evoca il potere e il consiglio equanime della morte che non sbaglia mai e che non mente mai. Prima di cedere il passo ai tentennamenti, al rimandare, all’elucubrazione mentale egli si chiede onestamente se tutti i suoi dilemmi possano reggere il confronto con la morte e così, quando comprende che niente può essere paragonato al suo potere, egli agisce e le sue azioni acquistano un reale potere. Il guerriero riesce a trattare le azioni importanti e quelle insignificanti nello stesso modo; ed è per questo che i suoi agguati funzionano.  All’uomo comune tutto questo sembra assurdo eppure è l’unico modo per rendere ogni cosa e ogni persona equanime. Per lui tutto deve essere sullo stesso piano, dentro e fuori devono corrispondere; è un modo per sviluppare e mantenere l’equilibrio che altro non è che l’incessante ricerca del guerriero verso l’impeccabilità.  Sembra arduo e quanto mai impossibile raggiungere un tale livello di neutralità, eppure il guerriero può contare su qualcosa che è negato all’uomo comune e cioè sull’ intento creato dagli antichi stregoni il quale è di una tale potenza e finezza da raggiungere il praticante nonostante egli ne sia inconsapevole.  Tutto questo ci porta alla considerazione suprema che fecero gli antichi stregoni e di cui impregnarono attraverso il loro intento la via del guerriero; cioè il decadimento completo di qualunque cosa potesse essere una zavorra, ovvero l’eliminazione del superfluo.  Non c’è bisogno di fare doni ad un guerriero né di sostenerlo attraverso le parole o le azioni, né tanto meno di offrirgli conforto, rifugio o incentivi di qualunque natura. Gli stregoni avevano già pensato a tutto questo e lo avevano inserito nella struttura del guerriero e tale struttura era ovviamente compresa nell’intento creato da loro. Così, chiunque abbracci la via del guerriero è già dentro l’intento degli antichi sciamani toltechi. Erano esseri assai lungimiranti e concreti e sapevano quanto potesse essere difficile per un uomo comune trasformarsi in un guerriero. Così, la loro struttura diveniva adatta a sostenere un combattente solitario e a fornirgli la spinta necessaria per andare avanti senza lamentarsi e senza avere bisogno di elogi e riconoscimenti.  Al contrario sembra che l’uomo comune abbia una propensione smisurata alla lamentela e che faccia di essa il fulcro di un’ipotetica sensibilità mista a coraggio e virtuosismo.  Niente di più allucinante se si considera che affermare il proprio punto di vista e lottare per difenderlo, nella nostra società è quanto di più valoroso un essere umano possa fare. Ed è da questo modo di sentire e di comportarsi che si ha sempre qualcosa da perdere, non trovate? Usando invece la morte come consigliera, si diviene davvero impeccabili perché essa azzera ogni eccesso, non crea inganni e alla fine raggiunge tutti, inesorabile e implacabile.  Don Juan disse che: ” con l’accettazione di tale premessa, viene gettato un ponte sull’abisso che divide il nostro mondo quotidiano da qualcosa che ci sta davanti ma non ha nome; qualcosa che si perde nella nebbia e sembra quasi non esistere. Qualcosa di talmente oscuro che non è possibile usarlo come punto di riferimento, e tuttavia è innegabilmente presente Ben Piarullo