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venerdì 4 gennaio 2013

Drogare i soldati: la creazione del multimiliardario mercato psicofarmaceutico

Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Internazionale (CCHR) propone il terzo dei quattro articoli pubblicati dalla giornalista investigativa Kelly Patricia O'Meara, che ha indagato il mondo della salute mentale in ambito militare, in relazione all'epidemia di suicidi e morti improvvise tra i militari e il crescente uso di psicofarmaci prescritti a soldati e veterani.
"Si chiama PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress) ed è l'etichetta per identificare l'impatto degli eventi avversi sulla gente comune. Questo significa che le normali risposte a eventi catastrofici spesso sono state interpretate come disturbi mentali." (Herb Kutchins& Stuart Kirk, autori di 'Making Us Crazy')
Los Angeles. California (PRWEB) - 7 dicembre 2012
“La guerra è un inferno”. Questa la descrizione del generale della guerra civile, William Tecumseh Sherman, e rimane difficile contraddirlo.
Mentre accogliamo con favore il ritorno dei soldati dal fronte come eroi, in riconoscimento del loro sacrificio, diventa ancor più difficile capire perché la comunità psichiatrica sembra determinata a mietere vittime tra quegli stessi soldati che onoriamo per il loro straordinario servizio.
Com'è stato ben documentato in questa stessa sede investigativa, i militari sono a un bivio per quel che concerne la salute mentale. I soldati muoiono di suicidio e di inspiegabili morti improvvise a livelli record - addirittura epidemici - un'epidemia che sembra trarre origine dai quasi 2 miliardi di dollari che il Dipartimento della Difesa (DoD) e l'Ufficio Reduci hanno speso in antipsicotici e ansiolitici nell'ultimo decennio, nonostante i ripetuti avvertimenti circa il rischio di mania, psicosi, suicidio e morte legati al loro uso, e nonostante gli stessi criteri del DoD squalifichino gli antipsicotici come il Seroquel.
Considerato che sotto la consulenza dei professionisti della salute mentale i suicidi e le altre morti inspiegabili sono ancora in aumento, ci si chiede come mai i vertici militari continuino ad ascoltare coloro che, con ogni evidenza, sembrano aver fallito miseramente?
Nonostante dal 2009 il personale della salute mentale sia raddoppiato in Afghanistan, un'indagine sulla salute mentale dei soldati impiegati, ha rivelato che i livelli di stress tra i membri in servizio in Afghanistan è quasi triplicato tra il 2005 e il 2010.
Per capire perché il Pentagono sembri essere soddisfatto del fatto che i nostri soldati siano etichettati come malati mentali, e quindi rimpinzati con cocktail di psicofarmaci, occorre prima riconoscere il sempre crescente ruolo e interesse della Comunità psichiatrica all'interno delle gerarchie militari.
La O'Meara delinea la vera storia dietro il disturbo post-traumatico da stress ed esamina le statistiche riguardanti la diagnosi di PTSD ormai a numeri epidemici e nota:
Il PTSD come lo conosciamo oggi, è stato creato dopo la guerra del Vietnam.
Originariamente chiamato sindrome da Post-Vietnam, questa presunta malattia mentale curiosamente acquistò notorietà con l'aiuto di psicoanalisti pacifisti, insoddisfatti del coinvolgimento della nazione nel sud-est asiatico. Con ogni edizione successiva del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), nonostante le polemiche, i sintomi del PTSD sono cresciuti in proporzioni tali che, persino all'interno del campo psicologico-psichiatrico, molti hanno criticato la diagnosi.
Gli autori di "Making us Crazy" - Herb Kutchins, professore di Salute e Servizi Umani presso l'Università Statale della California a Sacramento e Stuart A. Kirk, professore di Assistenza Sociale presso l'Istituto di Scienze Sociali dell'Università della California a Los Angeles - hanno spiegato che molti soldati non stavano affatto sperimentando PTSD o stress, ma semplice affaticamento da battaglia (esaurimento). Il DSM-III era andato così oltre nel patologizzare i problemi dei veterani di guerra, che il PTSD è diventato l'etichetta per identificare l'impatto degli eventi avversi sulla gente comune.
Questo significa che le normali risposte a eventi catastrofici spesso sono state interpretate come disturbi mentali.
Un recente rapporto del Veterans Administration - ente USA per i reduci di guerra - rivela che il 30%, o quasi 250.000 degli 834.463 reduci delle guerre in Iraq e Afghanistan di cui si è occupato, sono stati diagnosticati con PTSD, un business niente male per la psichiatria.
L'Ufficio dei Reduci all'interno del Pentagono dichiara una spesa di quasi 2 miliardi di dollari dal 2001 per l'acquisto di psicofarmaci destinati a curare "malattie mentali" e il PTSD, compresi più di 800 milioni di dollari per farmaci antipsicotici come Risperdal e Seroquel - presto ribattezzato "Serokill".
Dal 2006, l'esercito ha speso quasi 300 milioni di dollari per 162 programmi di ricerca destinati a capire, curare e prevenire il PTSD. Ancor oggi, tuttavia, la causa del PTSD resta sfuggente, e, come gli stessi psichiatri ammettono, non ci sono cause o cure conosciute per qualsiasi disturbo mentale.
Con i milioni di dollari spesi per comprendere questa "epidemia", lo Stato Maggiore dovrebbe dare un'occhiata più a fondo su alcuni fatti di base. Suicidi e altre inspiegabili morti improvvise sono aumentati negli anni passati, così come le diagnosi di PTSD e le prescrizioni di farmaci psichiatrici, molti dei quali non approvati dalla FDA per il trattamento del PTSD e, molti dei quali causano quegli stessi sintomi che i soldati chiedevano di curare.
O' Meara dice: "Se i vertici militari continuano a consentire alla comunità psichiatrica di impartire ordini, il risultato finale può effettivamente essere un esercito di un solo uomo."
Kelly Patricia O'Meara è autrice di un libro e già vincitrice del Premio reporter investigativo del Washington Times, Insight Magazine. Prima di lavorare come giornalista investigativa, la O'Meara ha trascorso sedici anni al Congresso, come membro dello staff di quattro parlamentari. Ha conseguito la laurea in Scienze Politiche presso l'Università del Maryland.