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sabato 3 dicembre 2016

CHI VUOLE UNA COSTITUZIONE ANTIPOPOLARE IN ITALIA

È venerdì 13 maggio 2016. Siamo nell’Ateneo universitario di Catania. È presente il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. Presenterà la legge di modifica costituzionale sostenuta dal Governo Renzi agli allievi e ai docenti della Scuola Superiore di Catania.
Gli studenti del Collettivo Universitario Catanese, hanno voluto sottolineare che prima di questo intervento, lunedì 9 maggio, c’è stato un evento propagandistico del Partito Democratico. Un evento battistrada per la ministra Boschi?
Da questo link: http://catania.liveuniversity.it/2016/05/15/unict-polemiche-per-il-ministro-boschi-lateneo-nessuna-propaganda-elettorale/ 
Riporto questa ritrattistica partitica degli studenti del Collettivo, a ridosso delle elezioni amministrative che si sarebbero tenute domenica 5 giugno 2016 nei comuni della provincia di Catania, Caltagirone, Grammichele, Giarre e Ramacca.
Ognuno la valuti considerando la differenza fra politica e partitica.
“Il 9 maggio – spiegano gli studenti – presso la Scuola Superiore di Catania si è svolto un evento propagandistico del Partito Democratico. Sì, avete capito bene: il Partito Democratico ha organizzato un proprio convegno (con tanto di loghi “Senatori PD”, e “Giovani Democratici” nella locandina) in una sede universitaria, a meno di un mese dalle elezioni amministrative che vedranno coinvolti anche alcuni comuni della Provincia”.
“Su 7 ospiti, 6 erano del PD o del Megafono, la lista coalizzata di Crocetta – continua il Collettivo – Gli interventi sono stati quasi tutti piccoli comizi autocelebrativi per il partito di Governo. E come se non bastasse al termine del convegno non è stato nemmeno consentito un dibattito con i presenti: il pubblico era previsto solo per dispensare qualche applauso, all’occorrenza. I senatori se n’erano già andati, e poi cosa c’era da dire?” si sono giustificati maldestramente gli organizzatori”.

Dunque cosa è avvenuto nell’ateneo catanese quel venerdì 13 maggio 2016.
È avvenuto che uno studente di Giurisprudenza di 22 anni, Alessio Grancagnolo, è intervenuto nella sala che ospitava il ministro Boschi mettendosi di traverso rispetto alla modifica costituzionale proposta dal governo Renzi, con valide argomentazioni utilizzando i suoi studi in campo giuridico legislativo. Di seguito trovate il suo intervento.
Il ministro Boschi, nell’argomentare la sua difesa d’ufficio (è stata avvocato, ha sottolineato nel suo intervento) ha dichiarato che il governo si è presentato in parlamento su mandato del Presidente Napolitano. Siccome il governo Letta non era riuscito a portare a termine le modifiche costituzionali, allora doveva essere il governo Renzi ad inserirle nel suo programma di governo. Inoltre, per sottolineare di far parte del gruppo quantosiamochiarinoi-isti, ha ricordato che Renzi nel chiedere la fiducia al Senato si è anche augurato di essere l’ultimo Presidente del Consiglio a chiedere la fiducia al Senato. E poi, si è fatta un vanto della circostanza che il Pd ha messo il proprio 41 per cento (ottenuto alle Europee) a servizio del Paese.
È un intervento a futura memoria, servirà a comprendere meglio la differenza fra partitica e politica. Eccolo:
Valutate bene le posizioni critiche e limpide dello studente catanese e le posizioni prive di patos politico della ministra del governo Renzi.
Credo che non potrebbe essere meglio rappresentata la condizione servile in cui da decenni si vuole ridurre l’Italia.
Quanto all’affermazione del 41% del Pd nelle elezioni europee del 2014, qualcosa avrei da dire, da queste pagine, al ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi.
Gli elettori chiamati a votare per le Europee del 2014, sia in Italia che all’estero, erano 50.662.460.
Gli elettori che si sono presentati al seggio, cioè, i votanti, erano 28.991.258.
Quindi si erano presentati ai seggi il 57,22% degli elettori.
Di questi votanti avevano votato scheda bianca in 579.353.
Le schede non valide (bianche incluse) risultavano 1.542.352.
I voti validi dunque risultavano 27.448.906.
I voti validi al Pd risultavano 11.203.231, corrispondenti al 40,81% dei voti validi (è il 41 per cento dichiarato dal ministro Boschi).
Ma occorre rendere questa informazione più completa.
Intanto chi non vota ha un suo reale peso, proprio quello che nella riforma costituzionale Napolitano si vuole rendere nullo, basta analizzare la scheda che trovate in allegato.
Per dare costituzionale peso a chi non vota il ragionamento numerico è un altro.
Ed è questo. Di fronte ai 50.662.460 elettori, gli 11.203.231 voti, presi dal Pd, rappresentano il 22,11 % degli elettori.
Con questi numeri non si può mettere mano alla Costituzione. E anche con le aggiuntine numeriche rastrellate in parlamento i numeri rimangono irrisori.
Dunque gentile ministro Maria Elena Boschi quello studente catanese ha ragioni da mettere in campo. Soprattutto se si analizza in modo approfondito il testo sfascia-popolo che si pretende di far accettare alle famiglie italiane già incastrate nelle scelte nefaste di entrata in Europa e nell’Euro di cui tratto nei miei articoli e libri pubblicati da Nexus Edizioni.
Non solo, è Lei, signor ministro, nel suo intervento, che ha confermato le iniziative di modifiche costituzionali provenienti proprio dal Presidente della Repubblica che della Costituzione dovrebbe essere il custode.
Ribadisco e confermo quanto ho scritto nel libro Il governo dei congiurati e la freccia di Apollo, qui di seguito dalla pagina 6 alla pagina 10.
Era appena iniziato il 2008 e nella calza della befana, che verrà aperta verso la fine del mese, invece dei cioccolatini fanno bella mostra le dimissioni del segretario dell’Udeur, Clemente Mastella, ministro della Giustizia nel secondo governo di Romano Prodi. L’appoggio esterno prima e poi l’uscita dell’Udeur dalla coalizione governativa sono diretta conseguenza dell’apertura di un’inchiesta da parte della magistratura, sui familiari prima, e poi sullo stesso Mastella.
Il Capo dello Stato non scioglie le camere. Il 30 gennaio affida l’incarico di formare il governo, finalizzato al compimento delle riforme, al presidente del Senato Franco Marini.
Proprio in quelle ore a casa del Presidente emerito, Francesco Cossiga, si trova il giornalista Andrea Cangini. Insieme stanno preparando un libro, frutto di una serie di incontri, in cui si parla praticamente a ruota libera.
Il libro, pubblicato nel 2010 dalla Aliberti Editore, ha un titolo particolare: Fotti il potere. È qui che troviamo questa annotazione.
(Provate ad analizzare e a valutare la frase qui sotto in grassetto. Da queste parole, sia pure riportate, provate a valutare il carattere di chi spinge un Presidente emerito a forzare gli eventi per ottenere lo scopo che ha in mente. Vedete forse un carattere accomodante, remissivo o piuttosto un carattere con visibili vene autoritarie?)
Il capo dello Stato ha appena conferito l’incarico al presidente del senato Franco Marini e nello studio del presidente si nota un’insolita frenesia. Gente che va, gente che viene in un’incessante svolazzare di agenzie di stampa che passano di mano in mano e a ogni passaggio ispirano un commento. I telefoni non fanno altro che squillare. Politici, manager, uomini di chiesa, tutti alla ricerca di elementi utili per capire l’aria che tira, tutti a chiedere piccole o grandi intercessioni.
Ha chiamato anche Giorgio Napolitano. “Mi ha chiesto di presentarmi a casa di Berlusconi, senza preavviso, e fare di tutto per convincerlo a sostenere un governo di larghe intese”, confida Cossiga. Il quale eseguirà senza successo la missione.
Quando non si vuole che si concretizzi un evento, che si considera sfavorevole e impeditivo al raggiungimento degli scopi di parte che ci si è (spesso non pubblicamente) prefissi, allora si da il via al bizantinismo dilatorio e deviatorio. È una metodologia ben radicata nel partitismo italiano. Con questi tre termini congiunti intendo la messa in opera di iniziative basate su sottigliezze inutilmente complicanti, allo scopo solo di prendere tempo, mentre si cerca di sviare l’avversario, che per il partitico è sempre un nemico, per metterlo in condizioni di non nuocere, mentre si raggiungono gli obiettivi di parte. Come si vede un discorso lungo per sostenere la significanza dei tre termini appena nelle righe sopra (e sotto) congiunti.
E Berlusconi, non essendo un partitico di razza non sa neanche cosa sia il bizantinismo dilatorio e deviatorio, non ne vuole sapere di un governo di larghe intese; punta invece alle elezioni anticipate pensando di vincerle. E infatti le vincerà. Ma non sa che anche fra i suoi ci sono quelli che prima contribuiranno ad imporre il governo Monti al Paese e poi “si faranno convincere” a sostenere un governo di larghe intese.
Aiutino per il lettore. Le larghe intese sono come i mutandoni aderenti dei nostri nonni, che li coprivano dal collo alle gambe. È la maglia stretta dove vengono costrette le grassottelle compagini partitiche, fra loro in competizione elettorale. Il numero di teste, braccia, gambe che fuoriescono dal mutandone del nonno dipende dal numero dei largheintese-isti.
Provate ad immaginare l’effetto visivo di questi mutandoni aderenti nei quali Enrico Letta, ha imbragato questo esecutivo, secondo le indicazioni di Giorgio Napolitano, praticamente le stesse del 2008. Facciamo le necessarie riforme, ma in più, oggi, dopo Monti, è il Letta-dopo-Monti, che farà soprattutto le riforme perentoriamente ordinate dall’Europa all’Italia.
Il Presidente della Repubblica, secondo i limiti costituzionali, ha semplice funzione notarile che lo obbliga alla terzietà.
Se così non facesse, e nella cosiddetta “prassi” avviene apertamente dai tempi di Scalfaro, sarebbe, anzi è, come se un notaio interferisse secondo i propri interessi, non ha importanza di quale tipo (anche se li considerasse “nobili”, o reattivi a persone considerate “ignobili”), sull’atto a cui due o più contraenti gli chiedessero di dare valore legale. Infatti l’art. 92 parla di nomina, non di motivazioni e scopo della nomina.
Art. 92     Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.
Dunque, le motivazioni e lo scopo della nomina sono il risultato delle indicazioni provenienti dalle forze partitiche presenti nel Parlamento.
Non è vero che la Costituzione dà al Presidente della Repubblica la facoltà di incaricare la persona che debba formare il nuovo governo. L’articolo 92 usa il termine nomina, non il termine incarica, e la nomina è l’atto finale, nei seguenti articoli costituzionalmente implicito, delle indicazioni delle compagini partitiche parlamentari di cui semplicemente il Presidente della Repubblica deve prendere atto, secondo il principio di terzietà cui è obbligato. Egli assegna l’incarico di formare il nuovo governo alla persona che le compagini partitiche gli hanno indicato, perché a quella persona, da loro indicata, sono pronte a dare la fiducia, sia alla Camera che al Senato. Il Presidente non può nominare chi gli pare, a seconda del sogno che ha fatto la notte precedente o secondo quanto gli ha raccomandato la maga o il mago di turno, opportunamente per scaramanzia interrogati.
Quella italiana non è una repubblica presidenziale (come quella francese) e cercare con le furberie partitiche della “prassi” di giungere all’ormaismo trasformativo del dettato costituzionale, questo sì che deve essere ascritto al termine “golpe costituzionale”.
L’articolo 93 mostra pienamente questa funzione notarile dell’ospite provvisorio del Quirinale, ospite che non è un re anche se prima al Quirinale abitava il Re.
Art. 93     Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.
 
Di fatto, dunque, se l’articolo 94, di seguito riportato, dichiara che il governo deve avere la fiducia delle due camere, il termine nomina, attribuito al Presidente della Repubblica, utilizzato dall’articolo 92 ne definisce con chiarezza solare i limiti.
In sintesi.
I rappresentanti dei partiti nelle due camere mi hanno espresso le loro indicazioni, e io Presidente della Repubblica ne ho preso atto, a queste mi sono conformato e la persona, che da più parti mi è stata indicata, ho nominato Presidente del Consiglio, sara il Parlamento a dargli l’incarico ufficiale, attraverso il voto di fiducia. Lui ha scelto liberamente i ministri ed io non ho minimamente interferito nella scelta, ne ho solo preso atto. Quindi i componenti del governo, alla mia presenza, in qualità di notaio costituzionale della Repubblica, hanno giurato fedeltà alla Repubblica, firmando gli atti costituzionalmente previsti.
Questo significa la connessione fra l’articolo 92 e l’articolo 94 passando dall’articolo 93.
Art. 94     Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
Dovrebbe dunque essere chiaro che il Presidente prende atto delle indicazioni che gli sono pervenute dalle compagini partitiche parlamentari consultate, e, quindi, al Parlamento stesso è demandato il compito di dare la fiducia al governo nominato, secondo le sue funzioni notarili, non scelto, dal Presidente della Repubblica.
Stabiliti questi punti fermi, analizziamo le seguenti informazioni.
Durante la video-conferenza del 3 settembre 2011 a Cernobbio, Giorgio Napolitano nel rispondere all’ex ambasciatore Sergio Romano si premurava di affermare.
8    Il giorno in cui si aprisse una crisi di governo – e questo è sembrato che potesse accadere alla fine dell’anno scorso, ma non accadde – io, secondo i miei poteri e secondo la prassi costituzionale, chiamerei a consulto tutte le forze politiche e mi assumerei la responsabilità anche di fare una proposta per la soluzione della crisi.
9    La Costituzione mi da sempre, tra l’altro, la facoltà di incaricare la persona che debba formare il nuovo governo: in quelle circostanze farei la mia parte.
(Vedi pagina 108-109 del testo Dalle stragi del 1992 a Mario Monti)
In questa risposta appare evidente l’alterazione nel frattempo avvenuta del senso, del significato, del limite prassicamente superato, dell’articolo 92 della Costituzione. Basta dare il giusto, e alterante, significato alla frase del punto 8: … io, secondo i miei poteri e secondo la prassi costituzionale… e a quella del punto 9: La Costituzione mi da sempre, tra l’altro, la facoltà di incaricare la persona che debba formare il nuovo governo …
E in quale articolo della Costituzione sarebbe chiaramente, tra l’altro, descritta questa autonoma… facoltà di incaricare la persona che debba formare il nuovo governo… ?
Del resto se gli atti del Presidente della Repubblica non hanno valore se non sono controfirmati dai ministri in carica, come si evince dal di seguito richiamato articolo 89; a maggior ragione non possono esistere atti che siano ascrivibili ad una figura che viene dichiarata addirittura irresponsabile, come risulta dall’articolo 90 di seguito richiamato. E non c’è prassi che tenga.
Art. 89     Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Art. 90     Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Si esagera, se si affermasse che dai tempi di Oscar Luigi Scalfaro, e soprattutto nei tempi di Giorgio Napolitano, la figura costituzionale del Presidente della Repubblica ha buttato fra le stoppie, infuocate in nottestiva, della tenuta presidenziale di Castel Porziano, la camicia costringente alla terzietà?
Si esagera, se si affermasse che l’assunzione di ruoli travalicanti i limiti costituzionali è configurabile come attentato alla Costituzione?
Si esagera, se si affermasse che per l’operazione Mario Monti, Giorgio Napolitano avrebbe dovuto essere posto in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei suoi membri?
Infatti, in questo 2013, il (mai avvenuto prima) rieletto Giorgio Napolitano, che si comporta ormai come se fosse un Presidente-Re, memore degli obiettivi non raggiunti del 2008, non ha dovuto fare una grande fatica a riconoscere un largheintese-ista nella figura di Enrico Letta. Il fatto è che quello stesso Enrico Letta, succeduto a Mario Monti, ne è anche uno degli inventori, come documentato nel testo Dalle stragi del 1992 a Mario Monti (pagine 79, 81, 105, 106, 110, 113, 188, 213, 214, 216, 217, 221, 222, 224, 359).
Cacciato Catilina-Monti, dopo le elezioni, sono apparsi i congiurati che lo hanno messo a capo del governo, che potremmo denominare Napolitano-Letta-Monti.Nelle pagine prossime troverete la lista dei ministri del governo Letta.
Provatevi ad indovinare chi sono i congiurati.

Le pagine qui sopra riportate pongono gravi interrogativi sugli interventi di Giorgio Napolitano nel suo ruolo di presidente della Repubblica sia nella nomina di Mario Monti a Senatore a Vita e quindi a presidente del Consiglio; sia nella nomina di Enrico Letta che ha preso il posto di Mario Monti. Sono interrogativi che si riflettono anche sulla terza nomina di Giorgio Napolitano. Quella di Matteo Renzi.
Interrogativi che si rafforzano anche valutando l’intervento del ministro Boschi all’Università di Catania; quando ha confermato l’illegittima interferenza del rieletto al soglio quirinalizio Giorgio Napolitano per cambiare la Costituzione.
Sempre nel libro da cui ho riportato le pagine riguardanti i limiti costituzionali del potere del Presidente della Repubblica che non è un Re, scrivo:
La costituzione peggiorabile
Golpe striscianteBuldozer sono le denominazioni che già conoscete dalle prime pagine del capitolo I catilinari partitici governanti.
Sono le denominazioni che definiscono le pressioni partitiche per giungere alle modifiche della Costituzione, istituendo l’attualmente inesistente presidenzialismo, del quale sembra si stia facendo di tutto, dal 2006, per costruirne “nella prassi” i presupposti. Non si vede in quale altro modo siano interpretabili i funambolismi istituzionali e costituzionali con i quali si è portato a compimento il progettato governo Mario Monti.
Lo stesso incarico a Bersani, costretto a cercare una maggioranza che numericamente non c’era, serviva solo a prendere tempo, mentre si affollavano i mirantialcolle nelle stanze dei vari poteri. “Io sarei disponibile”. “Tiratemi fuori da questa riserva della Repubblica, che mi sembro un nativo pellerossa”. “Oh guardate anche di qui, con tutti i favori che vi ho fatto!” Franco Marini … Stefano Rodotà … Romano Prodi … Massimo D’Alema … Anna Maria Cancellieri … Giuliano Amato … 
Tanto in graticola c’era lui, Luigi Bersani, che infatti in mezzo a tutte quelle fucilerie in ordine sparso si dimetterà da segretario Pd.
Alla segreteria del Pd arriva il Leopoldino Matteo Renzi.
Matteo Renzi non è parlamentare, infatti non è stato eletto senatore a vita come Mario Monti; ma il Quirinale, siccome è il segretario del Pd, lo spedisce davanti alle camere per avere la relativa fiducia. Il Senato e la Camera il 25 febbraio 2014, la concedono, Renzi si reca al Quirinale per sciogliere la riserva e procedere alla nomina dei ministri.
Il mandato sfascia-popolo è ora stato portato a termine e il 4 dicembre si andrà a votare si o no.
Lo studente catanese faceva notare che l’articolo 70 della Costituzione è costituito da pochissime parole, il testo sostituito è molto più lungo.
Solo per fare osservare a chi legge come sia impostata la mente dei modificatori, mostro di seguito l’articolo 70 vigente.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
Si noterà che è di limpida comprensione.
Ora guardate come è fatto l’articolo 70 sostituito, cominciamo con il primo comma che nell’originale è un blocco unico e che qui ho suddiviso per renderne chiara la strutturazione che non è altrettanto limpida come la vigente.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71,
per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni,
per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea,
per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma.
Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.
Il resto dei commi eccolo di seguito:
Comma 2
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.
Comma 3
L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.
Comma 4
I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione.
I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti.
Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati.
Nella scheda che trovate in allegato i richiami normativi sono tutti portati a vista e si realizzerà che questo articolo 70 sostituito è una cannoniera che sta sparando dal mare su una città costiera, non in grado di difendersi.
Non solo, a dimostrazione del verbalismo truffante su cui si basa questa modifica costituzionale qualche piccola osservazione.
Secondo il comma 2 dell’articolo 55, il Senato non rappresenta la Nazione:
Comma 2    Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione.
Allora il Senato a che Serve. Eccovi la risposta contenuta nell’incipit del Comma 4:
Comma 4 a     Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica.
Si sono inventati il Caporalato istituzionale a costo zero.
Visto che solo ai Deputati vengono assicurate le indennità, come ci racconta il comma i dell’articolo 69 modificato:
I membri della Camera dei Deputati ricevono un’indennità stabilita dalla legge.
Tanto i componenti del Senato ricoprendo già incarichi istituzionali, già sono provvisti di indennità.
I tempi per l’esame dei disegni di legge sono corposi per la Camera dei Deputati, mentre per il Senato siamo su tempi risicati.
Un esempio? Eccovelo.
All’Articolo 71 è stato aggiunto questo secondo comma:
Comma 2 aggiunto
Il Senato della Repubblica può, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all’esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera dei deputati procede all’esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato della Repubblica.
Ma nell’articolo 70 che sopra è riportato, nei commi 2, 3 e 4 potrete voi stessi valutare se la frase “tempi risicati” concessi al Senato sia rispondente al vero.
Per chiudere questa micro disamina, leggiamo insieme quali sono le altre modifiche apportate all’articolo 71.
Il comma 2 originario del vigente articolo 71 così recita:
Comma 2
Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.
Il comma 2 originario è stato modificato e, poiché è stato aggiunto il comma 2 sopra riportato diventa comma 3 modificato
Comma 3 modificato
Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno centocinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d’iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari.
Nel comma 4 aggiunto, nell’articolo 71 leggete cosa hanno avuto il coraggio scrivere:
Comma 4 aggiunto
Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione.
Sì avete letto bene il grassettato: Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini.
In questo stesso articolo 71 si porta da 50mila a 150mila il numero minimo di lettori che possono organizzarsi per proporre un progetto di legge e non sai se definire bronzea la roboante prima frase del comma 4 aggiunto.
Il mentimento è struttura portante di questa modifica costituzionale.
Dimostriamolo. Prendiamo l’articolo 75 vigente:
Comma 1
È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Comma 2
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Comma 3
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
Comma 4
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
Comma 5
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
Questo è il nuovo testo dell’articolo 75, i commi riportati sono quelli che contengono modifiche:
Comma 1
È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Comma 3
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti gli elettori.
Comma 4
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
Ci sarebbe qualcosa da dire sul comma 2 del testo vigente e modificato ma non è in questo scenario che lo possiamo aprire il punto dolente.
Il comma 3 modificato tiene conto della scomparsa del Senato.
Che vuol dire la modifica del comma 4.
Significa che se la proposta di referendum popolare è presentata da almeno 800mila elettori, il quorum non sarà più quello della metà più uno degli elettori, ma la metà più uno dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati.
Sembra un aiutino, ma non lo è. Perché se si implementa come pare ormai irreversibile il non voto di protesta, questa norma lo salterà a piè pari.
Si provi a considerare se nel prossimo futuro, nelle ultime elezioni della Camera dei deputati si presenteranno a votare il 30% degli elettori. Questo comma modificato sembra più una pensata da utilizzare in futuro, se le cose andassero male ai governativi antipopolo.
Eppure sono i non votanti che possono risolvere il sovraffollamento dei rappresentanti del popolo nelle istituzioni. Hanno votato il 30% degli elettori? Bene, gli eletti nelle istituzioni non potranno superare il 30%.
I costi? Chi rappresenta il popolo lo fa gratuitamente e continua a vivere con i proventi del suo lavoro. Non vi piace? Avanti un altro.
Nelle mani di chi siamo.
Come è possibile che non ci si renda conto che questa è una riforma che dopo aver distrutto le province, svuota di potere il Senato, le Regioni (nelle quali i Gruppi politici non saranno più economicamente sostenuti), le Città metropolitane, i Comuni. Rafforza uno stato centralista che può intromettersi nelle istituzioni territoriali, magari utilizzando difficoltà di bilancio.
Questa modifica è solo la parte finale di un lavorio preparato nel tempo.
Tutto questo armeggiare contro la libertà delle genti italiche sta attivando l’idea di fuga delle persone buone di questa martoriata Italia.
Purtroppo l’arroganza e il pressapochismo contraddistinguono la terza invenzione di Giorgio Napolitano.
Doveva essere istituita una Costituente rappresentante tutte le forze politiche e sociali per mettere mano ad una Costituzione che è nata (come ho scritto) sotto l’occhio vigile dell’esercito che dalla fine della Seconda guerra mondiale occupa il nostro Paese, sopra e sotto le sue coste, i suoi mari, le sue pianure, i suoi monti (compreso il Gran Sasso).
Basta riprendere l’intervento di Paolo Maddalena vicepresidente emerito della Corte Costituzionale (http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/referendum-parla-maddalena-vicepresidente-emerito-corte-costituzionale-445402.html?refresh_ce).
Un intervento che conferma quanto questo referendum voluto da Giorgio Napolitano abbia disastrosi effetti divisori all’interno stesso della popolazione italiana.
Leggendo il duro intervento di Paolo Maddalena vi renderete conto perché nelle righe precedenti ho parlato di mentimento. Infatti è sua questa dura valutazione:
Purtroppo c’è da rilevare che questa revisione costituzionale è piena di menzogne e di inganni dai quali i cittadini devono difendersi.
Ecco, per quanto mi riguarda, con questo scritto sto contribuendo a questa difesa.
Questo è il quesito referendario che troverete nella scheda:
Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?
Come lo valuta Paolo Maddalena? Così:
La domanda è tautologica, perché chiunque risponderebbe sì; è ingannevole, poiché molti aspetti contenuti nella revisione (votazione con pochi voti del Presidente della Repubblica, svuotamento del valore del Senato e altri ancora non sono contenuti nella domanda; è illegittima, perché contraria all’art. 16 della nota legge del 1970, in quanto non riporta gli articoli della Costituzione riformati e utilizza il sistema di indicazione, peraltro riassuntiva, del solo titolo della legge, previsto per l’introduzione di norme nuove nella Costituzione, e non, come nel caso in esame, per la modifica di norme già esistenti.
Si afferma che questa modifica costituzionale è necessaria al paese, ma Paolo Maddalena non la pensa così:
Ancor maggiormente e profondamente mendace è l’affermazione secondo la quale questa modifica costituzionale servirebbe per cambiare la situazione di stallo in cui si trova la nostra società. È esatto l’inverso, poiché questa riforma, come presto vedremo, serve per “mantenere” lo “status quo”, non per “cambiarlo”.
È un intervento che è bene troviate il tempo di leggere. Vi aiuterà a comprendere che siamo circondati da Efialte, come ho scritto nell’ultimo libro che trovate nel sito di Nexus Edizioni:
La Grecia senza i Leonida,
occupata dai Serse,
governata dagli Efialte
(come tutti i Paesi membri della UE)
In questo libro si dimostra che la fonte dei nostri guai è proprio l’Unione Europea, l’entrata nell’Euro. Siamo stati occupati da venditori di nulla, che hanno venduto il nulla alle nuove generazioni illudendole che si trattava del necessario progresso.
E purtroppo avverrà che sarà chiesto conto a coloro che stanno guadagnando onori e danari in cambio della distruzione della Nazione Italia. Quel giorno sarà il giorno della giustizia e purtroppo sarà tremendo.
Per www.nexusedizioni.it, 2 dicembre 2016
Autore:  Alberto Roccatano

TRATTO DA: http://nexusedizioni.it/it/CT/chi-vuole-una-costituzione-antipopolare-in-italia-5369

LA GRANDE FRAGILITÀ DI PAPA BERGOGLIO DOPO LA SCONFITTA DI HILLARY CLINTON (E DI GEORGE SOROS)

Si è chiuso, senza gloria né echi, il Giubileo straordinario della Misericordia indetto da papa Jorge Mario: il buon senso avrebbe consigliato al pontefice una pausa per riflettere sul sostanziale fallimento dell’Anno Santo. Il papa, invece, ha moltiplicato gli sforzi per blindare la svolta modernista impressa alla Chiesa: nuova creazione di cardinali a lui fedeli e concessione a tutti i sacerdoti della facoltà di assolvere l’aborto. Forse Bergoglio ha fretta, perché sa che il contesto internazionale che lo ha portato sul Soglio Petrino si è dissolto con l’elezione di Donald Trump. Breve indagine su come l’amministrazione Obama e George Soros hanno introdotto il gesuita argentino, in forte odore di massoneria, dentro le mura leonine.

Jorge Mario Bergoglio? La versione petrina di Barack Hussein Obama

Cesaropapismo:
“sistema di relazioni tra Stato e Chiesa, vigente nell’Impero romano d’Oriente e nella Russia degli zar, in virtù del quale il potere civile estendeva la propria competenza al campo religioso anche nei suoi problemi disciplinari e teologici”
è la definizione data dell’Enciclopedia Treccani.
L’intervento dello Stato sugli affari religiosi, così da plasmare la Chiesa e la dottrina secondo le esigenze del potere temporale, è davvero circoscritto solo all’impero bizantino e, per riflesso, al mondo ortodosso? Il cesaropapismo è davvero estraneo all’Occidente moderno?
La maggior parte dei cattolici, collegando lo Stato autonomo del Vaticano al concetto di indipendenza, risponderebbero di sì: sono la gerarchia della Chiesa, ed in particolare il Vicario di Cristo in terra, a garantire la corretta osservanza della dottrina, senza che nessun potere esterno interferisca. Una minoranza di cattolici, più smaliziata (per non usare il termine “machiavellico”, che ha acquistato nei secoli una pessima connotazione), è invece consapevole che la Chiesa di Roma subisce, dalla notte dei tempi, gli influssi del mondo esterno: re francesi, imperatori tedeschi, generali corsi e dittatori italiani hanno sempre cercato di ritagliarsi una Chiesa su misura.
È una realtà più vera che mai dal secondo dopoguerra: il Vaticano, inglobato come il resto dell’Europa Occidentale nell’impero angloamericano, finisce inesorabilmente col subirne l’influenza politica, economica ed ideologica. Quanto avviene alla Casa Bianca, presto o tardi, si ripercuote dentro le mura leonine.
Se il potere temporale si sente poi particolarmente forte, se ha fretta di attuare la propria agenda e sa di poterla imporre con facilità alla Chiesa cattolica, indebolita da decenni di secolarizzazione della società ed in preda ad una profonda crisi d’identità, bé, allora, perché adeguarsi ai tempi dello Stato pontificio, che scorrono placidi come in tutte le monarchie? Conclave, fumata bianca, regno del pontefice, morte, conclave, etc. etc., in perpetuum? Non si potrebbe spingere a fondo “la modernizzazione” dello Stato pontificio (termine quasi blasfemo sino al Concilio Vaticano II), cosicché il papa “si dimetta”, come un amministratore delegato qualsiasi, e gli azionisti di maggioranza possano nominare un nuovo “chief executive officer” della Chiesa cattolica apostolica romana, sensibile ai loro interessi?
Durante la folle amministrazione di Barack Hussein Obama, periodo durante cui l’oligarchia euro-atlantica si è manifestata in tutte le sue forme, dal terrorismo islamico all’immigrazione selvaggia, dagli assalti finanziari alle guerre per procura alla Russia, abbiamo assistito a tutto: comprese le dimissioni di papa Benedetto XVI, le prime da oltre 600 anni (l’ultimo pontefice ad abdicare fu Gregorio XII nel 1415), ed alla nascita di un ruolo, quello di “pontefix emeritus”, sinora mai attribuito ad un Vicario di Cristo vivente.
L’interruzione del pontificato di Joseph Ratzinger, seguita dal conclave del marzo 2013 che elegge l’argentino Jorge Mario Bergoglio, è una vera e propria “rivoluzione” per la Chiesa Cattolica, facilmente intellegibile a credenti ed atei: ad un pontefice “conservatore” come Benedetto XVI ne succede uno “progressista” come Francesco, ad un difensore dell‘ortodossia cattolica succede un modernista che vuole “rinnovare” la dottrina millenaria della Chiesa, ad un papa che aveva ribadito l’inconciliabilità tra Chiesa Cattolica e massoneria (1) ne subentra uno che è in fortissimo odore di libera muratoria, ad un pontefice sicuro che solo nella Chiesa di Cristo c’è la salvezza segue un paladino dell’ecumenismo, talmente ardito da osare l’impensabile:
“non esiste un Dio cattolico, esiste Dio”
afferma ad Eugenio Scalfari nel 2013.
Il Fondatore de La Repubblicaben introdotto negli ambienti “illuminati” nostrani ed internazionali, è in effetti un’ottima cartina di tornasole per afferrare il mutamento in seno alla Chiesa: si passa dall’editoriale “Da Pacelli a Ratzinger, la lunga crisi della Chiesa” (2) del maggio 2012, dove Scalfari ragiona a distanza sul pontificato “lezioso” di Ratzinger, rinfacciandogli una scarsa apertura alla modernità, a Lutero ed all’ecumenismo, al dialogo tête-à-tête del novembre 2016, dove Scalfari discetta amabilmente con Bergoglio di “meticciato universale”, tema tanto caro alla massoneria (3).
Jorge Mario Bergoglio è, per usare una definizione sintetica, la versione petrina di Barack Hussein Obama. Si potrebbe sostenere che sia stato il presidente americano ad installare il gesuita ai vertici della Chiesa, ma sarebbe un’affermazione soltanto verosimile. Come vedremo tra breve, infatti, sono gli stessi ambienti che hanno appoggiato Barack Obama (e che avevano investito tutto su Hillary Clinton nelle ultime elezioni) ad aver preparato il terreno su cui è germogliato il pontificato di Bergoglio. È il milieu, per non tenere i lettori sulle spine, della finanza angloamericana, di George Soros e dell’establishment anglofono liberal.
Se si riflette sugli ultimi tre anni di pontificato, l’azione del papa sembra infatti ricalcata sull’amministrazione democratica. Obama si fa il paladino della lotta al surriscaldamento globale, culminata col Trattato di Parigi del dicembre 2015? Bergoglio risponde con l’enciclica ambientalista “Laudato si”. Obama ed i suoi ascari europei, Merkel e Renzi in testa, incentivano l’immigrazione di massa? Bergoglio ne fornisce la copertura religiosa, finendo col dedicare la maggior parte del pontificato al tema. Obama legalizza i matrimoni omosessuali? Bergoglio si spende al massimo affinché il Sinodo sulla famiglia del 2014 si spinga in questa direzione. Obama vara una discussa riforma sanitaria che incentiva l’uso di farmaci abortivi? Bergoglio allarga all’intera platea di sacerdoti, anziché ai soli vescovi, la facoltà di assolvere dall’aborto.
Come è stato possibile insediare in Vaticano un pontefice che fosse in perfetta sintonia con l’amministrazione democratica di Obama e, sopratutto, espressione degli interessi massonici-finanziari retrostanti?
Ebbene, cercheremo di fornire una riposta al quesito col presente articolo.
Alcuni, specie i cattolici più sanguigni, vedono nella caduta di Ratzinger e nella nomina di Bergoglio nient’altro che l’azione del demonio: l’avvento, secondo alcuni, addirittura di quel papa nero che secondo la profezia di Nostradamus spalancherà le porte dell’Apocalisse. Noi, abituati a vivisezionare il potere (sovente “demoniaco”, questo sì) con criteri scientifici, adotteremo però il solito approccio storico-deterministico, cercando i principi di causa-effetto che hanno portato alla caduta di Ratzinger prima, ed all’ascesa al soglio petrino di Bergoglio poi.
Se, malauguratamente, nella nostra ricerca ci dovessimo imbattere in forze demoniache, bé, possiamo solo sperare che la Provvidenza ci protegga.
Ora. Il primo passo in questi casi è, come sempre, sbarazzarsi della vecchia gerarchia, il maggiore intralcio per l’insediamento di quelle nuove figure su cui il Potere scommette tutto: è una dinamica già vista in Italia con Tangentopoli, che spazzò via la vecchia classe dirigente italiana spianando la strada ai governi “europeisti” di Amato, Prodi, etc.; già vista in Germania con la Tangentopoli tedesca che decapitò la CDU e favorì l’emergere della semi-sconosciuta Angela Merkel; già vista a Firenze con lo scandalo urbanistico sull’area Castello che eliminò l’assessore-sceriffo Graziano Cioni ed avviò la scalata al potere di Matteo Renzi; già vista in Brasile con lo scandalo Petrobas che ha causato la caduta di Dilma Rousseff e la nomina a presidente del massone Michel Temer; etc. etc.
Accuse di corruzione (fondate o non), illazioni infamanti, minacce, sinistre allusioni, carcerazioni preventive, battage della stampa, false testimonianze, omicidi: qualsiasi mezzo è impiegato per “scalzare” i vecchi vertici indesiderati. Nel nostro caso, l’obiettivo sono il papa Joseph Ratzinger ed il suo seguito di cardinali conservatori, da defenestrare a qualsiasi costo per l’avvento di un pontefice modernista, il gesuita Jorge Mario Bergoglio.

Vatileaks & Co: come defenestrare un papa

Tracciamo quindi una breve cronologia ragionata dei fatti che portarono alla clamorosa rinuncia di Ratzinger al Soglio Petrino nel febbraio 2013 ed alla nomina a vescovo di Roma del gesuita Bergoglio.
Aprile 2009: Barack Obama si è insediato alla Casa Bianca da appena tre mesi e con lui quell’oligarchia liberal decisa a sbarazzarsi di Benedetto XVI. In Italia esce Vaticano S.p.A., un libro che “grazie all’accesso, quasi casuale, a un archivio sterminato di documenti ufficiali, spiega per la prima volta il ruolo dello IOR nella prima e nella seconda Repubblica” (4): mafia, massoneria, Vaticano e parti deviate dello Stato sono il mix di questo bestseller che apre la campagna di fango ed intimidazione contro Ratzinger.
L’autore del libro è Gianluigi Nuzzi che, particolare molto interessante ai fini della nostra analisi, è uno dei pochi giornalisti italiani ad essere in stretti rapporti con il solitamente schivo Gianroberto Casaleggio: Nuzzi ottiene nel 2013 dal guru del M5S una lunga intervista (5) e, tre anni dopo, partecipa alle sue esequie a Milano.
È quindi lecito supporre che Nuzzi, penna de Il GiornaleLibero ed Il Corriere della Sera, confezioni “Vaticano S.p.a” ed il successivo bestseller “Vatileaks”, avvalendosi delle fonti passategli dagli stessi ambienti che si nascondo dietro Gianroberto Casaleggio ed il M5S: i servizi atlantici e, in particolare, quelli britannici che storicamente vivono in simbiosi con la massoneria.
Biennio 2010-2011: sono due anni durissimi per il pontificato di Ratzinger, assalito da ogni lato dalle inchieste sulla pedofilia, il tallone d’Achille della Chiesa cattolica su cui l’oligarchia atlantica può colpire con facilità, infliggendo ingenti danni. “Scandalo pedofilia, il 2010 è stato l’annus horribilis della Chiesa cattolica” scrive nel gennaio 2011 il Fatto Quotidiano (6). È lo stesso periodo in cui l’argentino Luis Moreno Ocampo, primo Procuratore capo della Corte Penale Internazionale ed ex-consulente della Banca Mondiale, valuta se accusare il pontefice Ratzinger di crimini contro l’umanità, imputandogli i “delitti commessi contro milioni di bambini nelle mani di preti e suore ed orchestrati dal papa” (7).
Anno 2012: disponiamo oggi (dopo le rivelazioni di Wikileaks dello scorso ottobre) di un importante documento risalente al suddetto anno, indispensabile per capire le trame che portano alla caduta di Ratzinger ed all’ascesa nel “modernista” Bergoglio. È infatti il febbraio 2012 quando John Podesta scrive a Sandy Newman un’email intitolata: “opening for a Catholic Spring? just musing…” ossia “Preparare una Primera cattolica? Qualche riflessione…”. Chi sono i due uomini?
Podesta, finito recentemente alla ribalta nella veste di presidente della campagna elettorale di Hillary Clinton, è un papavero dell’establishment liberal: già Capo di gabinetto della Casa Bianca ai tempi di Bill Clinton, Podesta è anche fondatore del pensatoio Center for American Progress, di cui uno dei principali donatori è lo speculatore George Soros. Sandy Newman è invece una figura più defilata, ma non per questo meno importante (o forse addirittura più importante?) di Podesta: è dirigente e fondatore di alcune associazioni progressiste8 (Voices for Progress, Project VOTE!, Fight Crime: Invest in Kids) e attraverso i suoi programmi si fa le ossa nel 1992, fresco di dottorato, nientemeno che Barack Hussein Obama.
Cosa si dicono Podesta e Newman in questo prezioso scambio di email? Riportiamone uno stralcio9:
“Newman: There needs to be a Catholic Spring, in which Catholics themselves demand the end of a middle ages dictatorship and the beginning of a little democracy and respect for gender equality in the Catholic church. (…) Podesta: We created Catholics in Alliance for the Common Good to organize for a moment like this. But I think it lacks the leadership to do so now. Likewise Catholics United. Like most Spring movements, I think this one will have to be bottom up”.
Negli ambienti anglosassoni liberal, gli stessi dove si discute da anni della necessità di un Concilio Vaticano III che apra a omosessuali, aborto e contraccezione (“The World Needs a New Vatican Council” scrive nel 2010 un membro del sullodato Center for American Progress10), si parla quindi apertamente di una Primavera Cattolica, che ponga fine alla dittatura medioevale della Chiesa, sulla falsariga della Primavera Araba che ha appena sconquassato il Medio Oriente. “Come tutte le Primavere” dice Podesta,
“anche questo movimento deve andare dal basso verso l’alto.”
L’obiettivo dell’oligarchia atlantica è quindi il vertice della Chiesa, il conservatore Joseph Ratzinger? La risposta, considerati gli sviluppi successivi, è sì.
Di lì a poche settimane, parte infatti la manovra a tenaglia che nell’arco di una decina di mesi porterà alla clamorose dimissioni di Benedetto XVI: è il cosiddetto Vatileaks, una furiosa campagna mediatica che attaccando su più fronti (IOR, abusi sessuali, lotte di palazzo, la controversa gestione della Segreteria di Stato da parte del cardinale Bertone, etc. etc.) infligge il colpo di grazia al già traballante pontificato del conservatore Ratzinger, dipinto come “troppo debole per guidare la Chiesa”. Esula dalla nostro articolo l’analisi della contorta e complessa vicenda del “Vatileaks”: quello che ci preme sottolineare è come l’intero scandalo poggi sulla fuga di notizie, un’attività che dalla notte dei tempi è svolta dai servizi segreti.
Notizie trafugate sono quelle che consentono al solito Gianluigi Nuzzi di confezionare il secondo bestseller, il libro-terremoto che esce nel maggio 2012: “Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI”, poi tradotto in inglese dalla Casaleggio Associati con l’emblematico titolo “Ratzinger was afraid: The secret documents, the money and the scandals that overwhelmed the pope”. Chi è la fonte di Nuzzi, il cosiddetto “corvo”? Come nel più banale dei racconti gialli, è il maggiordomo, quel Paolo Gabriele che funge da capro espiatorio per una macchinazione ben più complessa.
Notizie trafugate sono quelle che compaiono sul Fatto Quotidiano (11), utili a dimostrare che lo IOR, gestito da Ettore Gotti Tedeschi,
“non ha alcuna intenzione di attuare gli impegni assunti in sede europea per aderire agli standard del Comitato per la valutazione di misure contro il riciclaggio di capitali e non ha alcuna intenzione di permettere alle autorità antiriciclaggio vaticane e italiane di guardare cosa è accaduto nei conti dello IOR prima dell’aprile 2011”.
Gotti Tedeschi verrà brutalmente licenziato dallo IOR il 25 maggio, lo stesso giorno dell’arresto del maggiordomo Gabriele, così da alimentare il sospetto che i “corvi” siano ovunque, anche ai vertici dello IOR, Gotti Tedeschi compreso.
Notizie trafugate, infine, sono gli stralci pubblicati da Concita De Gregorio su La Repubblica e Ignazio Ingrao su Panorama nel febbraio 2013, estrapolati da un presunto dossier segreto e concernenti una fantomatica “lobby omosessuale in Vaticano”: sarebbe la gravità di questo documento, secondo le ricostruzione della stampa, ad aver convinto Ratzinger alle dimissioni (12).
Si arriva così all’11 febbraio 2013: durante un concistoro per la canonizzazione di alcuni santi, Benedetto XVI, visibilmente affaticato, comunica in latino la clamorosa rinuncia al Soglio Petrino(13). Il papa fu costretto alle dimissioni sotto ricatto? Era effettivamente spaventato?
Ratzinger ha recentemente ribadito che quella drammatica scelta
“non si è trattata di una ritirata sotto la pressione degli eventi o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte: nessuno ha cercato di ricattarmi”. (14)
Ratzinger affermò, l’11 febbraio 2013, di
“non essere più sicuro delle sue forze nell’esercizio del ministero petrino”:
è in questo senso di insicurezza che, probabilmente, va cercata la vera ragione della rinuncia di Benedetto XVI. Fiaccato da tre anni di attacchi mediatici, piegato dallo scandalo Vatileaks, il teologo Ratzinger, da sempre poco risoluto (“Un mio punto debole è forse la poca risolutezza nel governare e prendere decisioni”) ed ormai 86enne, non vede altra soluzione che le dimissioni. Altri, dotati di una tempra più robusta, avrebbero forse combattuto fino in fondo.
Le disgrazie del “conservatore” Ratzinger ed il massiccio cannoneggiamento che ha indebolito i settori della Chiesa a lui fedeli, spianano così la strada ad un papa modernista, che attui quella “Primavera cattolica” tanto agognata dall’establishment angloamericano.
Il Conclave del marzo 2013 (durante cui, secondo il giornalista Antonio Socci, si verificano gravi irregolarità che avrebbero potuto e dovuto invalidarne l’esito [15]), sceglie così come vescovo di Roma l’argentino Jorge Mario Bergoglio: primo gesuita a varcare il soglio pontificio, dai trascorsi un po’ ambigui ai tempi della dittatura argentina (16) (la ricattabilità è un tratto salienti dei burattini atlantici, da Angela Merkel a Matteo Renzi), il nuovo vescovo di Roma è saluto con gioia dalla massoneria argentina (17), da quella italiana (18), e dalla potente loggia ebraica del B’nai B’rith che presenzia al suo insediamento (19).
Lo stesso Bergoglio è un libero muratore? Più di un elemento di carattere dottrinario, dal diniego che “Dio sia cattolico” all’ossessivo accento sull’ecumenismo, fanno supporre di sì: il capo della Chiesa Cattolica apostolica romana potrebbe essere, in realtà, seguace del deismo massonico.
Ma è soprattutto l’amministrazione democratica di Barack Obama e quella cricca di banchieri liberal ed anglofoni che la sostengono, a rallegrarsi per il nuovo papa: Bergoglio è il pontefice che attua nel limite del possibile quella “Primavera Cattolica” tanto agognata (matrimoni omosessuali, aborto e contraccezione), è il pontefice che sposa la causa ambientalista, è il pontefice che fornisce una base ideologica all’immigrazione indiscriminata, è il pontefice che sdogana Lutero e la riforma protestante, è il pontefice che sostanzialmente tace sulla pulizia etnica in Medio Oriente ai danni dei cristiani per mano di quell’ISIS, dietro cui si nascondono quegli stessi poteri (USA, GB ed Israele) che lo hanno introdotto dentro le mura leonine. È il pontefice, il primo ad aver “l’onore” di parlare al Congresso degli Stati Uniti d’America durante la visita del settembre 2015, che si prodiga per sedare i malumori nel mondo cattolico americano contro la riforma sanitaria Obamacare.
L’ultimo clamoroso intervento di Bergoglio a favore dell’establishment atlantico risale al febbraio 2016, quando il pontefice etichettò come “non cristiana” la politica anti-immigrazione di Donald Trump: c’era, certo, dietro questo incauto intervento il desiderio di sdebitarsi con quel mondo cui il pontefice argentino deve tutto, ma c’era anche la volontà di mettere al riparo, se non il suo pontificato (che sarebbe troppo meschino), perlomeno la sua opera di “modernizzazione” della Chiesa. La vittoria di Hillary Clinton, la candidata di George Soros e dell’oligarchia euro-atlantica, era infatti la conditio sine qua non perché la “Primavera Cattolica” di Bergoglio potesse continuare: al contrario, la sua sconfitta ha smantellato quel contesto geopolitico su cui Bergoglio ha edificato la traballante riforma progressista della Chiesa.
Come François Hollande, come Angela Merkel e come Matteo Renzi, Jorge Mario Bergoglio, benché vescovo di Roma, oggi non è altro che il residuato di un’epoca archiviata: un figurante senza più copione, fermo sul palco, ammutolito ed estraniato, in attesa che cali il sipario.
C’è stato da parte di Bergoglio un ultimo sussulto per blindare la sua opera: il conferimento a tutti i sacerdoti della facoltà di assolvere dal peccato dell’aborto ed una terza infornata di cardinali (più di un terzo del collegio cardinalizio è ora formato da prelati a lui fedeli), così da imprimere un connotato “liberal” anche al futuro della Chiesa di Roma. Ma è ormai troppo tardi.
La ribellione dentro la Chiesa alla sua “Primavera Cattolica” è iniziata (quattro cardinali hanno di recente sollevato gravi contestazioni al documento Amoris Laetitiae con cui Bergoglio ha chiuso i lavori del Sinodo sulla Famiglia, contestazioni cui il pontefice non ha ancora risposto) ed alla Casa Bianca non c’è più nessun a proteggerlo. Anzi, c’è un presidente in pectore che, forte del voto della maggioranza dei cattolici americani, ne gradirebbe forse le dimissioni sulla falsariga di Benedetto XVI. La fine per Jorge Mario Bergoglio dunque si avvicina: molti uomini hanno già espresso un giudizio sul suo operato, Dio esprimerà il suo.

Classico esempio di ecumenismo di stampo massonico:



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Autore:  Federico Dezzani

TRATTO DA: http://nexusedizioni.it/it/CT/la-grande-fragilita-di-papa-bergoglio-dopo-la-sconfitta-di-hillary-clinton-e-di-george-soros-5366