Mare Adriatico, acque nazionali italiane, 8 giugno 1990 - archivio LANNES (tutti i diritti riservati) |
(estratto dal libro di inchiesta inedito:
NAVI A PERDERE IN ITALIA)
Nel
Mare adriatico, al largo tra Monopoli e Brindisi (latitudine 41° 05’ N – 18°
044’ E) giace la motonave italiana Val Rosandra (acquistata il 9 ottobre 1989),
imbottita di gas tossici e veleni chimici. Il relitto è di proprietà del gruppo
Ferruzzi di Ravenna che nel 1989 aveva scalato la Montedison e inventato
l’Enimont con Raul Gardini.
E’
un caso paradigmatico della commistione fra Stato e industriali. Un affondamento
deliberato in violazione delle normative nazionali ed internazionali a
protezione del mare, senza informare la Regione Puglia né tantomeno le province
di Brindisi e Bari, nonché i Comuni costieri, in particolare Monopoli e
Brindisi, le città più vicine al disastro ambientale. L’operazione è andata in
onda con l’ausilio di potenti cariche esplosive, addirittura sotto il Governo
Andreotti, con regia della Marina Mercantile, supervisione della Guardia
Costiera di Brindisi e subappalto sporco alla famigerata società olandese Smith
& Tak, già presente in numerosi altri episodi nebulosi della storia
italiana, compreso lo spiaggiamento della Jolly Rosso (proprietà Messina) ad
Amantea nel dicembre 1990.
Ecco
cosa attestano gli atti ufficiali legalmente acquisiti ai sensi della
Convenzione europea di Aarhus, ratificata in Italia con legge statale numero
108/2001.
foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
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Mare Adriatico, acque nazionali italiane, 8 giugno 1990 - archivio LANNES (tutti i diritti riservati) |
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Quando
un relitto è pericoloso? Secondo un biologo marino del calibro di Ezio Amato,
con un passato nell’Icram e nell’Ispra non c’è da stare allegri:
«Quando
a bordo aveva combustibili o sostanze chimiche. A causa della corrosione, prima
o poi, cisterne e serbatoi liberano queste sostanze. Le chiamiamo sorgenti di
inquinamento affondate: le convenzioni internazionali firmate dall’Italia
impediscono l’affondamento volontario».
L’inquinamento
è certo, l’ammontare degli effetti a danno dell'ecosistema marino e della salute
pubblica non è stato mai valutato. Che cosa si deve fare e che cosa si può fare
per evitare una catastrofe ambientale? Questo è il problema. Ritengo che
moralmente non ci siano alternative alla bonifica. Ripeto: prima o poi il carico
di morte fuoriuscirà. Un altro grave problema è
la criminalità mafiosa che risiede nello Stato.