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giovedì 6 febbraio 2014

SOS ai genitori: riflettete prima di vaccinare contro il Papillomavirus le vostre figlie




vaccino papilloma


Già da un po’ di tempo molti genitori stanno ricevendo l’invito da parte dei Servizi di Igiene e Sanità Pubblica di portare le loro figlie di 11-12 anni a vaccinarsi contro il Papillomavirus (HPV).

Molti genitori accettano perché viene detto loro che questa vaccinazione è sicura ed efficace nel proteggere dal tumore del collo dell’utero.
La realtà invece è molto diversa, ma nessuno la fa conoscere, perché le ASL, che per legge dovrebbero dare una informazione completa, corretta ed esauriente, si limitano a presentare solo una parte della medaglia dimenticando totalmente le incognite, i dubbi e le reazioni avverse di questo vaccino che lasciano la Comunità scientifica sempre più perplessa e con più interrogativi che certezze.

Anzi, di certo c’è solo che non abbiamo alcuna dimostrazione che questo vaccino sia efficace nelle donne, perché le supposizioni della sua capacità protettiva verso il tumore del collo dell’utero è solo una estrapolazione di pochi dati desunti da pochissimi studi clinici ancora incompiuti. Inoltre, ancora più certo è che l’efficacia sulle dodicenni non è nient’altro che l’estrapolazione dei dati desunti da pochi studi condotti su donne adulte.

Per fare il punto su questo argomento, il Dr. Serravalle ed io abbiamo scritto un libretto informativo affinché i genitori siano consapevoli di quello che stanno facendo alle loro figlie. Qui non posso certamente riassumere tutto il libro, ma vorrei dare alcuni messaggi significativi per far riflettere chi è interessato direttamente o indirettamente a questo argomento.

Secondo i principi della Farmacologia, un farmaco come il vaccino anti-HPV non avrebbe mai dovuto essere commercializzato, almeno fintanto che non saranno disponibili dati concreti sul suo reale rapporto rischio/beneficio e quindi non prima di altri 15 anni. Oggi però anche i farmacologi assistono, attoniti, ad un totale sovvertimento delle regole che hanno da sempre regolamentato la commercializzazione dei farmaci e che erano state codificate per proteggere il paziente da effetti indesiderati inattesi e limitare gli abusi.

Queste regole oggi non esistono più, perché sono state soppiantate dalle leggi economiche e dagli interessi delle grandi lobby farmaceutiche. La Medicina non è più una Missione e neppure un Servizio verso colui che soffre, ma solo un lavoro sottoposto, come tutti gli altri lavori, solo a leggi di mercato dove l’obiettivo ultimo non è il bene dell’altro ma il conseguimento dei guadagni personali.

Quando viene proposto qualcosa di nuovo, quindi, la prima cosa che dobbiamo fare è prendere tempo e informarci leggendo articoli o consultando siti internet rigorosamente indipendenti dagli interessi di parte.
Agendo in questo modo, i genitori verrebbero a conoscere aspetti totalmente ignorati su questo vaccino, che però sono di una gravità che non può essere trascurata.

I punti che seguono sono la sintesi di quella che, al giorno d’oggi, è la verità scientifica sulla vaccinazione anti-papillomavirus:

1) Il Papillomavirus (HPV) è un virus umano molto comune che si ritrova molto facilmente nei genitali femminili, anche indipendentemente dai rapporti sessuali (può anche essere trasmesso dalla madre al neonato durante il parto).

2) L’infezione da HPV è tanto più facile quanto maggiori sono i partner sessuali ed è più facile quando la donna ha altre malattie sessualmente trasmesse o fuma o assume contraccettivi.

3) Nella maggior parte dei casi l’infezione da HPV è asintomatica o al massimo produce alcune verruche cutanee o condilomi genitali; lo sviluppo di uno stadio tumorale benigno è raro e l’evoluzione verso un tumore maligno è eccezionale.

4) Esistono circa 120 tipi di questo virus e solo 12 di essi sono potenzialmente cancerogeni, ma la loro cancerogenicità si manifesta solo in certe condizioni e in particolare se il sistema immunitario della persona è particolarmente depresso e incapace di svolgere le sue normale funzioni difensive.

5) In ogni caso, anche una infezione HPV con un tipo virale potenzialmente cancerogeno regredisce spontaneamente nel 90% dei casi entro 3 anni dalla diagnosi. In un 9% dei casi, invece, il virus convive per tutta la vita del soggetto che lo ospita senza causare disturbi o problemi (in questi casi il test per l’HPV sarà positivo, mentre il Pap-test risulterà sempre negativo).

6) Solo nell’1% dei casi può esserci la progressione dell’infezione verso una lesione precancerosa e solo l’1% di queste ultime può evolvere verso lesioni cancerose vere e proprie e in ogni caso lo fa solo dopo un periodo di latenza di circa 20-50 anni (cioè, il carcinoma si manifesta con una frequenza complessiva di 1 caso ogni 10.000 persone con HPV e con una mortalità di 3 casi ogni 100.000 persone; il tutto avviene solo in presenza di una grave alterazione del sistema immunitario). Da questo emerge che la stragrande maggioranza delle donne che presenta un’infezione da HPV, anche con ceppi ad alto rischio, non svilupperà mai il tumore della cervice uterina.

7) Diversamente da quanto accade nei Paesi poveri del Terzo Mondo, dove il tumore del collo dell’utero è più frequente e quindi anche più mortale a causa di minor igiene, sistema immunitario più debole per cattiva alimentazione e assenza di controlli ginecologici con Pap-test, nei Paesi industrializzati il carcinoma del collo dell’utero da HPV è in graduale e continua diminuzione e, se ogni donna dopo i 30 anni si sottoponesse ad un semplice Pap-test ogni 3-4 anni, questo tumore sarebbe sicuramente e completamente debellato, perché verrebbe diagnosticato per tempo e, una volta identificato ancora allo stadio iniziale di carcinoma in situ, potrebbe essere eliminato con un semplice, piccolo e indolore intervento ambulatoriale.

8) Quindi, le morti associate al carcinoma della cervice, nei Paesi in cui esistono i normali programmi di screening, potrebbero essere evitate dall’esecuzione di un comune Pap-test e dalla conduzione di una vita igienicamente sana.

9) Il Pap-test è un test di screening (non è un test diagnostico, perché evidenzia delle alterazioni cellulari e non la presenza o meno del virus) e la sua funzione principale é quella di individuare nella popolazione femminile la presenza di eventuali alterazioni cellulari pretumorali prima che diventino maligne. Purtroppo, in Italia solo una minoranza delle donne (circa il 30%) si sottopone periodicamente al Pap-test.

10) Con il campione vaginale prelevato per eseguire il Pap-test si può eseguire anche il test per l’HPV. Questo test non dice se la paziente è malata o meno (dato che la sola presenza del virus non implica una patologia), ma è un test di rischio oncologico, perché identifica la presenza o meno dell’HPV e dice se questo è di un genotipo a basso o alto rischio oncogeno e quindi se la donna si deve sottoporre a Pap-test frequenti (ogni anno) o meno (ogni 3-4 anni).

11) Il vaccino anti-HPV (sia quello bivalente che quello tetravalente) stimola il sistema immunitario a formare anticorpi contro 2 dei 12 tipi potenzialmente cancerogeni di HPV: sono i due tipi più frequenti, ma sono solo 2 e quindi l’effetto protettivo del vaccino, anche se fosse del 100% verso questi due tipi, in ogni caso è dello 0% verso gli altri 11 tipi. Comunque, dato che l’HPV impiega più di 20 anni per passare dallo stato di tumore benigno (displasia) a quello di tumore maligno e dato che la sperimentazione di questo vaccino è iniziata solo 5 anni fa, bisognerà attendere altri 15 anni per sapere se il vaccino protegge effettivamente verso quei 2 tipi.

12) Più specificatamente, parlando dei dati concreti di cui disponiamo oggi e non di estrapolazioni statistiche, possiamo certamente dire che il vaccino anti-HPV sembra essere significativamente efficace solo nella displasia intraepiteliale cervicale di grado 2 (CIN 2), che è una lesione che nel 40% dei casi regredisce spontaneamente e non necessita di alcun trattamento e per il rimanente 60% può essere facilmente eliminata ambulatorialmente. I dati di efficacia del vaccino riguardo la displasia intraepiteliale cervicale di grado 3 (CIN 3) o l’adenocarcinoma in situ sono totalmente insufficienti per trarre una qualsiasi conclusione. Per quanto riguarda invece i dati di efficacia del vaccino nei confronti del carcinoma cervicale conclamato, si può dire che i dati non sono totalmente insufficienti, bensì che sono totalmente inesistenti.

13) Un numero relativamente piccolo di ragazze (circa 1.200), di età compresa tra 9 e 15 anni, è stato arruolato negli studi clinici che hanno valutato l’efficacia del vaccino. Di queste ragazze, che rappresentano la popolazione target dell’attuale vaccinazione anti-Papillomavirus, appena 100 avevano 9 anni e la più giovane è stata seguita solamente per 2 anni. È palese che non si può certamente partire da questi dati per pianificare una vaccinazione di massa nei confronti di un virus che causa una patologia cancerosa dopo almeno 20-30 anni di convivenza nell’organismo.

14) Sappiamo che la scelta di vaccinare soggetti di sesso femminile di 11-12 anni è legata alla bassa probabilità che queste ragazze abbiano avuto rapporti sessuali e che pertanto siano state infettate dall’HPV, perché si sa che questa vaccinazione è efficace solo se la persona non è già venuta in contatto con il virus. Ciò però non giustifica minimamente le vaccinazioni di massa, perché l’uso esteso di un farmaco è giustificato solo se si è certi che quel trattamento sia efficace e ottimamente tollerato, mentre in questo caso non si sa nulla né dell’efficacia anti-tumorale né degli effetti indesiderati del vaccino e allora si può solo concludere che queste vaccinazioni di massa sono solamente delle sperimentazioni di massa e per di più sono a totale carico della popolazione che deve pagare il vaccino e sperimentare sulla propria pelle gli eventuali danni.

15) Il sistema VAERS (Vaccine Adverse Event Report System), che raccoglie le segnalazioni di effetti indesiderati durante e dopo una vaccinazione, ha raccolto fino alla fine di febbraio 2008 più di 5.300 reazioni avverse dopo vaccinazione con il vaccino tetravalente Gardasil®, su un totale di circa 8 milioni di dosi vendute. Secondo la Ditta produttrice, il 2-4% di tutti gli effetti indesiderati del vaccino erano effetti gravi, mentre secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) questi effetti ammontavano a circa il 5%. Finora sono stati riportati 10 casi ad esito fatale tra le ragazze/donne vaccinate, ma la Ditta produttrice rassicura dicendo che “gli eventi riportati erano in linea con gli eventi attesi nella popolazione sana”. La FDA (Food and Drug Administration) ha ricevuto anche 28 segnalazioni di aborto dopo somministrazione del vaccino Gardasil® a 77 donne in stato di gravidanza (28/77: 36%); altre 5 donne hanno registrato danni fetali gravi a carico dei loro feti.

16) Altre reazioni avverse meno gravi sono state le seguenti: cefalea, febbre, nausea, vertigini, vomito, diarrea, dolori muscolari, broncospasmo, asma, orticaria, gastroenteriti, mialgie, trombosi, patologie pelviche infiammatorie, artrite giovanile, artrite reumatoide e artriti aspecifiche, svenimento, intorpidimento prolungato agli arti, paralisi periferica, paralisi facciale, sindrome di Guillain-Barré, convulsioni, encefalopatia, ecc.

17) Questi effetti indesiderati del vaccino, ovviamente, non sono comparsi durante le sperimentazioni controllate eseguite dalla Ditta produttrice, perché quest’ultima ha registrato solo gli effetti che comparivano nei 14 giorni successivi ad ogni somministrazione: un periodo gravemente insufficiente per un trattamento che dovrebbe mantenere i suoi effetti per anni, specie per un vaccino virale antineoplastico (ricordo che maneggiare virus oncogeni è fortemente pericoloso, perché i virus mutano con estrema facilità e questo virus dimostra di essere molto variabile proprio per avere più di 120 tipi).

18) Infatti, un grande pericolo di questa vaccinazione, come di tutte le vaccinazioni verso virus oncogeni, è che se anche fosse vero che la vaccinazione riduce la frequenza di infezione da parte di due tipi oncogeni di HPV, è molto probabile che ciò induca un incremento percentuale della frequenza degli altri tipi virali ora meno frequenti e meno oncogeni rispetto quelli vaccinali. Cioè, come già documentato con altri vaccini, una vaccinazione massiva contro due tipi di virus HPV potrebbe indurre delle mutazioni virali che possono cambiare la virulenza patogena dei tipi oncogenici ad alto rischio che oggi conosciamo, inducendo la selezione di altri tipi virali di HPV molto più oncogeni e aggressivi degli attuali.

19) L’uso del vaccino è un enorme costo in più per lo Stato che lo distribuisce gratuitamente senza alcun beneficio attuale, perché le donne vaccinate dovranno continuare ad eseguire le visite ginecologiche e i Pap-test sia perché potrebbero infettarsi con altri tipi di HPV che non vengono coperti dal vaccino, sia perché non si sa assolutamente quanto efficace sia la protezione del vaccino e neppure quanto tempo duri (si pensa che questa vaccinazione protegga per circa 5-6 anni, ma è una supposizione priva di base scientifica). Inoltre, l’imponente spesa che lo Stato deve sostenere per finanziare le vaccinazioni anti-HPV implica togliere i finanziamenti da altri settori della sanità pubblica, mentre, dato che il semplice ed economico esame Pap-test è perfettamente in grado di diagnosticare per tempo un tumore cervicale allo stato iniziale di semplice displasia, sarebbe più logico, più economico e totalmente privo di rischi presenti e futuri finanziare una campagna di sensibilizzazione delle donne affinché si sottopongano periodicamente al Pap-test, invece che finanziare un vaccino la cui efficacia, durata nel tempo e innocuità sono ancora tutte da dimostrare.

20) In conclusione, la campagna pubblicitaria secondo cui il vaccino contro l’HPV sia capace di impedire lo sviluppo di tutti i carcinomi della cervice uterina, non è corretta. La pressante attività di marketing esercitata dalle Ditte produttrici, iniziata già prima dell’autorizzazione alla commercializzazione del vaccino e fattasi ancora più pressante ora, ha reso difficile una valutazione serena del problema, sia dal punto di vista scientifico che politico-sociale.

Alcuni ricercatori, con un tono un po’ ironico, hanno proclamato che le dodicenni che verranno vaccinate nei prossimi anni saranno le “cavie” che permetteranno alle Ditte venditrici di questo vaccino di guadagnare i soldi necessari per portare avanti ulteriori studi miranti al perfezionamento della vaccinazione. Pertanto, è come se queste ragazzine si sacrificassero involontariamente e gratuitamente per il progresso della Scienza!
Vorrei tanto poter dire loro almeno che le ringraziamo moltissimo per questo sacrificio, ma non posso dire neppure questo, perché in realtà sono convinto che questo vaccino non serve assolutamente all’umanità e che di questo farmaco un domani è molto probabile che ce ne pentiremo!

Per molti altri approfondimenti e informazioni su questo argomento, invito il Lettore a leggere il libretto da cui ho estrapolato questi dati (Vaccinare contro il Papillomavirus? Quello che dobbiamo sapere prima di decidere. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2009: ).


Bibliografia
Gava R., Serravalle E.
Vaccinare contro il Papillomavirus? Quello che dobbiamo sapere prima di decidere. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2a ed., 2009.
Gava R.
Le Vaccinazioni Pediatriche. Revisione delle conoscenze scientifiche. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2a ed. 1a rist., 2010.


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