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giovedì 2 ottobre 2014

Pericolosità dei libri di oggi


A cura di Rishi Giovanni Gatti

La tendenza editoriale degli ultimi decenni è stata quella di stampare libri con caratteri sempre piú grandi.  Questo è stato richiesto in parte dai lettori stessi, sempre piú in difficoltà con il carattere di stampa che si usava una volta, sensibilmente piú piccolo di quello di oggi, e in parte dalle aziende editoriali, che con questo sistema truffaldino riescono a mettere sul mercato volumi di centinaia di pagine laddove il testo contenuto non ne riempirebbe che poche decine se stampato in modo onesto.
Nel caso in cui il libro composto in caratteri grandi dovesse essere destinato a un pubblico di persone anziane, dalla vista già danneggiata dall’uso di lenti di vario tipo protrattosi per tutta una vita, i danni fatti da questo tipo di stampa non sono poi cosí gravi (è difficile peggiorare ulteriormente un difetto già pessimo…).  Ma nel caso in cui si tratti di libri per ragazzi, il carattere grande è una minaccia molto seria per la visione di questi giovani lettori, dato che abituandosi a esso loro rischiano di sviluppare molto presto la “eccentrica fissazione” e – di conseguenza – i disturbi rifrattivi e la vista imperfetta, come scoperto dal Dott. Bates oltre centoventi anni fa.  Questo accade anche perché i ragazzi hanno spesso la abitudine di lèggere da molto vicino, obbligando cosí l’occhio a fare degli spostamenti ampii e innaturali, ancóra piú pericolosi per la salute mentale oltre che per quella visiva.
Volendo acquisire dei dati numerici, scientifici, che dimostrino quanto si sia appena affermato, sia sufficiente prendere in mano uno dei volumi del giovanissimo scrittore italo/californiano Christopher Paolini, autore della famosa Saga di Eragon:  si tratta di tomi di parecchie centinaia di pagine e dalle dimensioni ragguardevoli; se si misura la grandezza dei caratteri usati dal tipografo si scopre che essa è ben cinque volte piú grande del livello di visione standard che corrisponderebbe al valore dei “dieci decimi” dell’esame della vista praticato dagli oculisti in generale.  Questo significa che tale carattere è di ben dieci volte piú grande del requisito chiesto dal Dott. Bates per qualificare la “vista perfetta”, un grado – cioè – di acutezza visiva pari al doppio del normale.
Se i nostri ragazzi prendono la abitudine a lèggere volumi stampati con caratteri cosí grandi e a una distanza cosí breve dagli occhi, meno di trenta centimetri, è quasi certo che svilupperanno la vista difettosa, e in particolare la miopía, che è il difetto piú comune associato all’indebolimento della naturale “centrale fissazione” dell’occhio, che – al contrario – viene esercitata e raffinata leggendo sempre il carattere piú piccolo possibile.
Facciamo quindi un appello ai genitori:  se volete aiutare i vostri figli a tenere in buon ordine di funzionamento la loro facoltà visiva, scegliete volumi stampati in carattere molto piccolo; se questo non è possibile, fotocopiate le pagine riducendole di almeno due terzi e invitate i ragazzi a lèggere quei caratteri fotocopiati, e non l’originale.  Se questo non è possibile, bisogna allora che i ragazzi tengano il libro ad almeno un metro di distanza, o forse di piú, in modo tale da allenarsi a vedere i caratteri nella dimensione adeguata alla formidabile risoluzione dell’occhio umano, che è di gran lunga superiore a quanto siamo abituati a vedere sulla carta stampata e sugli schermi dei videoterminali.  Chi farà cosí, non svilupperà mai la miopía e sarà anche in grado di prevenire, una volta arrivati alla mezza età, l’insorgere della presbiopía, o “vista della vecchiaia”, un disturbo che si manifesta proprio perché l’occhio per una vita ha sempre evitato di esercitarsi con i caratteri molto piccoli.

Rishi Giovanni Gatti

Direttore - www.SistemaBates.it
 

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