non dovremmo temere ciò che non conosciamo, ma ciò che riteniamo vero ed invece non lo è
sabato 26 gennaio 2019
venerdì 25 gennaio 2019
Solar Warden Le Astronavi Top Secret del Nuovo Ordine Mondiale
Esiste davvero una Flotta di Astronavi Terrestri ad Antigravità? Ex agenti dell’intelligence e soldati in pensione parlano di un programma spaziale Top Secret di stampo militare, sviluppato grazie alla tecnologia scoperta su alcuni dischi volanti alieni precipitati, denominato “Solar Warden”. A gestire questa Flotta Terrestre sarebbe un team internazionale composto da militari Americani, Russi e forse anche Cinesi, che grazie alle avveniristiche tecnologie ottenute dagli extraterrestri, avrebbero colonizzato Marte già dagli anni ’60.
mercoledì 23 gennaio 2019
Dialisi e trapianto: una trappola da cui nessuno è mai uscito
di Alessandro Bruno
Ormai da tempo possiamo assistere ad un travolgente progresso tecnico: le auto si rinnovano costantemente, i dispositivi elettronici diventano sempre più presenti (per non dire invadenti) nelle nostre vite, comunicare con l'altro capo del mondo in istantanea da uno schermo non è più dominio di uno Spock di Star Trek anni '70. Nonostante questo travolgente susseguirsi di innovazioni, continuiamo a portarci dietro un fossile vivente: non sto parlando di un'auto o di un vecchio pc degli anni '90, bensì di una cosa ben più importante, che dovrebbe per prima far le valigie lasciando spazio alle giovani innovazioni… Ed invece, come spesso possiamo notare, il progresso tecnologico in medicina non è quasi mai così sorprendente…
Mi riferisco alla dialisi. La dialisi, o meglio l'emodialisi, è una cura dalle radici ottocentesche₍₁₎. Per quanto fosse ancora solo una pura applicazione sperimentale teorica o poco di più, resta una signorina che si porta dietro i suoi 165 anni contando la teoria ed i suoi 73-74 contando le applicazioni terapeutiche sull'uomo.
Non vi annoierò con tecnicismi superflui. Voglio però parlarvi di cos'è veramente la vita di un nefropatico (malato di insufficienza renale) oggi, nel 2019. Quando la funzione renale diventa così insufficiente da poter provocare la morte del paziente (non sempre questo è accaduto: ci sono casi, soprattutto in meridione, dove i centri privati convenzionati abbondano di persone sottoposte alla dialisi che avrebbero potuto farne a meno₍₂₎) si deve ricorrere alla terapia sostitutiva: la dialisi.
Ormai da tempo possiamo assistere ad un travolgente progresso tecnico: le auto si rinnovano costantemente, i dispositivi elettronici diventano sempre più presenti (per non dire invadenti) nelle nostre vite, comunicare con l'altro capo del mondo in istantanea da uno schermo non è più dominio di uno Spock di Star Trek anni '70. Nonostante questo travolgente susseguirsi di innovazioni, continuiamo a portarci dietro un fossile vivente: non sto parlando di un'auto o di un vecchio pc degli anni '90, bensì di una cosa ben più importante, che dovrebbe per prima far le valigie lasciando spazio alle giovani innovazioni… Ed invece, come spesso possiamo notare, il progresso tecnologico in medicina non è quasi mai così sorprendente…
Mi riferisco alla dialisi. La dialisi, o meglio l'emodialisi, è una cura dalle radici ottocentesche₍₁₎. Per quanto fosse ancora solo una pura applicazione sperimentale teorica o poco di più, resta una signorina che si porta dietro i suoi 165 anni contando la teoria ed i suoi 73-74 contando le applicazioni terapeutiche sull'uomo.
Non vi annoierò con tecnicismi superflui. Voglio però parlarvi di cos'è veramente la vita di un nefropatico (malato di insufficienza renale) oggi, nel 2019. Quando la funzione renale diventa così insufficiente da poter provocare la morte del paziente (non sempre questo è accaduto: ci sono casi, soprattutto in meridione, dove i centri privati convenzionati abbondano di persone sottoposte alla dialisi che avrebbero potuto farne a meno₍₂₎) si deve ricorrere alla terapia sostitutiva: la dialisi.
Brevemente, fare la dialisi significa sottoporsi a lunghe sedute di anche oltre 4 ore, in cui i pazienti si collegano ad un dispositivo detto "rene artificiale", provvisto di filtro. Il sangue passa attraverso questo circuito e viene restituito semi-ripulito ai pazienti. Ci sono due modi per collegarsi a queste macchine: uno attraverso un catetere venoso (un vero supplizio, non tanto per il dolore in sé, quanto il convivere semi-permanentemente con un catetere venoso) e l'altro consiste nel farsi bucare un accesso vascolare con degli aghi di dimensione considerevole. La cura va ripetuta 3-4 volte la settimana (ed anche oltre in alcuni casi) per tutta la vita.
Oltre agli immensi disagi di chi si deve recare costantemente in un reparto dialisi, si aggiungono anche tutte le problematiche collaterali a livello medico, sociale, economico ecc. ₍₃₎. La dialisi infatti rende quasi impossibile lavorare, condurre una vita normale ed intrattenere normali rapporti umani, soprattutto alla pari. Molte volte infatti, i dializzati sono abbandonati dai rispettivi partner, dalle famiglie, dagli amici.
Questo non deve stupire purtroppo. La pseudo-cultura dominante predica un individualismo sfacciato, da "ognuno per sè, Dio per tutti"... Chi fa la dialisi non può frequentare un locale come normalmente farebbe una persona comune, per una semplice ragione: i dializzati smettono di urinare, e smettere di urinare significa dovere contenere i liquidi il più possibile. Voi non ci fate caso ovviamente, ma un solo bicchiere d'acqua contiene in media 250 ml, la metà della dose media giornaliera permessa ad un paziente nefropatico anurico. Mangiare, vuole dire bere di conseguenza, in quanto anche il cibo contiene liquidi, oltre che una moltitudine di sali e sostanze che occorre tenere sotto controllo.
Quindi anche l'alimentazione diventa un problema: per evitare di bere e di mangiare troppo e male, spesso il dializzato evita i locali pubblici il più possibile. Comprenderete che se il nefropatico non è un povero anziano semi-paralitico la vita diviene tutt'altro che una passeggiata! Non bere ha delle ripercussioni psicologiche da notte horror. Ho sentito e visto personalmente pazienti nefropatici bere di nascosto rischiando di affogare per edema polmonare, persone che nel tempo diventano isteriche/maniaco depressive… Ho visto persone parlare in solitaria, mangiare compulsivamente la carta, avere comportamenti autolesivi, perdere completamente la lucidità ecc. … Nessuno ti può aiutare in tutto questo calvario, perché al nefropatico interessa giustamente solo non fare più la dialisi e tornare a vivere come una persona normale, ma questo è decisamente impossibile oggi, essendo quella renale, una funzione fondamentale per la vita.
Parliamo ora di quella che dovrebbe (e sottolineo "dovrebbe") essere la soluzione: il trapianto renale.
Quando si entra in dialisi ci si sente subito di chiedere che destino attende le persone in questa condizione. Come si può uscirne? Con il trapianto di rene è la risposta più immediata. Si deve però essere inseririti in una lista, le cui logiche sono per molti poco chiare, ed attendere che qualcuno muoia in un incidente e che i familiari acconsentano alla donazione degli organi. La seconda opzione consiste nel ricevere un rene da un donatore vivente, spesso un familiare, oppure da un donatore samaritano, in una donazione incrociata. Al primo impatto sembrerebbe abbastanza facile: ci si fa operare, si passa un periodo di controlli e di convalescenza e poi si torna alla normalità. In verità, non è affatto così semplice.
Il trapianto di rene infatti ha una durata in termini di anni, per ragioni che ora non starò qui a specificare. Principalmente per via dell'utilizzo degli immunosoppressori… che sono nefrotossici! Eh sì, perché i farmaci che dovrebbero preservare il rene trapiantato dalla reazione immunitaria, danneggiano il rene essi stessi nel corso del tempo!!!
Ora, dato che gli immunosoppressori vengono prodotti da delle S.p.a. come tutti i farmaci, quindi da aziende quotate in borsa che producono farmaci ai fini di guadagno, e non di certo per opera di bene, è chiaro che se dovessimo riflettere e cercare il conflitto di interessi da parte dei produttori-venditori, qualora questi farmaci avessero un uso limitato nel tempo… non dovremmo di certo faticare molto. Andiamo nel dettaglio.
Gli immunosoppressori sono utilizzati in concomitanza con il cortisone a dosaggi anche piuttosto elevati, con il risultato che un trapiantato deve stare attentissimo e sottoporsi regolarmente a dei controlli. Queste attenzioni possiamo riassumerle dicendo che un trapiantato non può nemmeno stare al sole senza protezione solare, perché le pastiglie che prende ogni giorno lo predispongono a contrarre tumori della pelle oltre che a degli episodi oncologici potenzialmente mortali. Per non parlare delle infezioni batteriche, virali, fungine... Ogni cosa può danneggiarti molto seriamente: basta una brutta tosse o una infezione per rischiare la vita nel peggiore dei casi, e dovere tornare in dialisi... o entrambe le cose. Questo perché nel caso in cui il paziente sia a rischio di vita, bisogna sospendere la terapia immunosoppressiva, perdendo di conseguenza l'organo ricevuto.
Una soluzione quindi solo temporanea, che ha anche numerosi risvolti socio-psicologici come la dialisi stessa. Infatti sia la dialisi che il trapianto (per ragioni che adesso non approfondirò nel dettaglio) spesso danneggiano l'aspetto fisico dei pazienti per via dei farmaci e degli eccessi di liquidi ed altri squilibri, alterando il colore della pelle, facendo comparire sfoghi, deformando il viso e facendovi emergere delle occhiaie/ borse che cambiano completamente il proprio aspetto fisico, oltre che rallentare il metabolismo, catabolizzando il tessuto muscolare e rendendo i poveri nefropatici spesso magrissimi e cronicamente deboli. Questa situazione crea a moltissimi pazienti enormi disagi nel rapporto con se stessi e con gli altri.
Tutti questi rischi/ disagi devono essere superati e tollerati dal paziente, fino al suo ritorno in dialisi. Eh si, perché se il paziente sopravvive abbastanza a lungo, prima o poi deve tornare in dialisi. Soprattutto se si tratta di una persona in giovane età. E quindi che si fa? Semplice: si fa un altro trapianto di rene! Cominciate a capire?! Si, perché c'è chi di trapianti ne ha dovuti sostenere anche 3.
Ad oggi quindi non ci sono soluzioni definitive, se non quella di rimbalzare tutta la vita dalla dialisi al trapianto... finché morte non ci separi. Sì, perché l'unico modo per liberarsi della dialisi è quello di morire nel tempo della durata di un trapianto, altrimenti si è di nuovo da capo, e ridotti peggio di prima dalle terapie immunosoppressive.
La volontà è la nostra unica ancora di salvezza. Inoltre, ormai da diversi mesi si sta cercando di istituire quella che sarà una associazione culturale o una onlus ₍₄₎ volta a diffondere consapevolezza su queste problematiche, oltre che fare conoscere le VERE soluzioni che esistono ma che tardano ad arrivare e di cui non si sente mai parlare, soprattutto nelle sedi appropriate e da parte degli operatori del settore, se non in modo superficiale, molto saltuario e poco fiducioso.
Mi riferisco al rene artificiale ₍₅₎, un progetto molto promettente che però sembra subire ostacoli e rallentamenti di ogni tipo. E se subisce ostacoli e rallentamenti possiamo solo immaginarne il motivo: con un'ampia diffusione di questo strumento cadrebbe di colpo l'intera macchina mondiale della dialisi, che rende attualmente centinaia di milioni di dollari per chi la gestisce.
Noi dializzati siamo come galline dalle uova d'oro: incatenati a vita alla macchina della dialisi, rendiamo ricchi quelli che le gestiscono, mentre le nostre vite se ne vanno nel silenzio dell'oblio.
Vi chiediamo di diffondere questo articolo e di informarvi su questo tema. Chiunque può finire in questa trappola da un momento all'altro. La dialisi sopravvive perché non se ne parla abbastanza, perché gode di una certa "copertura", essendo un problema poco conosciuto e dibattuto. Il numero di nefropatici nel mondo sta aumentando sempre di più, perciò occorre risolvere questo problema alla radice. Inoltre, risolvendo il problema della dialisi/trapianto, non solo si libera i pazienti da questa schiavitù, ma si abbatte anche il lato oscuro dei trapianti: il traffico di organi. Perché senza più bisogno di organi da trapiantare, anche il commercio illegale degli organi cesserebbe per mancanza di domanda. La dialisi ha bisogno di un saldo, numeroso e vivace movimento di critica - come ve ne sono stati per la chemioterapia ed i vaccini - per essere sconfitta. Costruiamolo insieme!
Oltre agli immensi disagi di chi si deve recare costantemente in un reparto dialisi, si aggiungono anche tutte le problematiche collaterali a livello medico, sociale, economico ecc. ₍₃₎. La dialisi infatti rende quasi impossibile lavorare, condurre una vita normale ed intrattenere normali rapporti umani, soprattutto alla pari. Molte volte infatti, i dializzati sono abbandonati dai rispettivi partner, dalle famiglie, dagli amici.
Questo non deve stupire purtroppo. La pseudo-cultura dominante predica un individualismo sfacciato, da "ognuno per sè, Dio per tutti"... Chi fa la dialisi non può frequentare un locale come normalmente farebbe una persona comune, per una semplice ragione: i dializzati smettono di urinare, e smettere di urinare significa dovere contenere i liquidi il più possibile. Voi non ci fate caso ovviamente, ma un solo bicchiere d'acqua contiene in media 250 ml, la metà della dose media giornaliera permessa ad un paziente nefropatico anurico. Mangiare, vuole dire bere di conseguenza, in quanto anche il cibo contiene liquidi, oltre che una moltitudine di sali e sostanze che occorre tenere sotto controllo.
Quindi anche l'alimentazione diventa un problema: per evitare di bere e di mangiare troppo e male, spesso il dializzato evita i locali pubblici il più possibile. Comprenderete che se il nefropatico non è un povero anziano semi-paralitico la vita diviene tutt'altro che una passeggiata! Non bere ha delle ripercussioni psicologiche da notte horror. Ho sentito e visto personalmente pazienti nefropatici bere di nascosto rischiando di affogare per edema polmonare, persone che nel tempo diventano isteriche/maniaco depressive… Ho visto persone parlare in solitaria, mangiare compulsivamente la carta, avere comportamenti autolesivi, perdere completamente la lucidità ecc. … Nessuno ti può aiutare in tutto questo calvario, perché al nefropatico interessa giustamente solo non fare più la dialisi e tornare a vivere come una persona normale, ma questo è decisamente impossibile oggi, essendo quella renale, una funzione fondamentale per la vita.
Parliamo ora di quella che dovrebbe (e sottolineo "dovrebbe") essere la soluzione: il trapianto renale.
Quando si entra in dialisi ci si sente subito di chiedere che destino attende le persone in questa condizione. Come si può uscirne? Con il trapianto di rene è la risposta più immediata. Si deve però essere inseririti in una lista, le cui logiche sono per molti poco chiare, ed attendere che qualcuno muoia in un incidente e che i familiari acconsentano alla donazione degli organi. La seconda opzione consiste nel ricevere un rene da un donatore vivente, spesso un familiare, oppure da un donatore samaritano, in una donazione incrociata. Al primo impatto sembrerebbe abbastanza facile: ci si fa operare, si passa un periodo di controlli e di convalescenza e poi si torna alla normalità. In verità, non è affatto così semplice.
Il trapianto di rene infatti ha una durata in termini di anni, per ragioni che ora non starò qui a specificare. Principalmente per via dell'utilizzo degli immunosoppressori… che sono nefrotossici! Eh sì, perché i farmaci che dovrebbero preservare il rene trapiantato dalla reazione immunitaria, danneggiano il rene essi stessi nel corso del tempo!!!
Ora, dato che gli immunosoppressori vengono prodotti da delle S.p.a. come tutti i farmaci, quindi da aziende quotate in borsa che producono farmaci ai fini di guadagno, e non di certo per opera di bene, è chiaro che se dovessimo riflettere e cercare il conflitto di interessi da parte dei produttori-venditori, qualora questi farmaci avessero un uso limitato nel tempo… non dovremmo di certo faticare molto. Andiamo nel dettaglio.
Gli immunosoppressori sono utilizzati in concomitanza con il cortisone a dosaggi anche piuttosto elevati, con il risultato che un trapiantato deve stare attentissimo e sottoporsi regolarmente a dei controlli. Queste attenzioni possiamo riassumerle dicendo che un trapiantato non può nemmeno stare al sole senza protezione solare, perché le pastiglie che prende ogni giorno lo predispongono a contrarre tumori della pelle oltre che a degli episodi oncologici potenzialmente mortali. Per non parlare delle infezioni batteriche, virali, fungine... Ogni cosa può danneggiarti molto seriamente: basta una brutta tosse o una infezione per rischiare la vita nel peggiore dei casi, e dovere tornare in dialisi... o entrambe le cose. Questo perché nel caso in cui il paziente sia a rischio di vita, bisogna sospendere la terapia immunosoppressiva, perdendo di conseguenza l'organo ricevuto.
Una soluzione quindi solo temporanea, che ha anche numerosi risvolti socio-psicologici come la dialisi stessa. Infatti sia la dialisi che il trapianto (per ragioni che adesso non approfondirò nel dettaglio) spesso danneggiano l'aspetto fisico dei pazienti per via dei farmaci e degli eccessi di liquidi ed altri squilibri, alterando il colore della pelle, facendo comparire sfoghi, deformando il viso e facendovi emergere delle occhiaie/ borse che cambiano completamente il proprio aspetto fisico, oltre che rallentare il metabolismo, catabolizzando il tessuto muscolare e rendendo i poveri nefropatici spesso magrissimi e cronicamente deboli. Questa situazione crea a moltissimi pazienti enormi disagi nel rapporto con se stessi e con gli altri.
Tutti questi rischi/ disagi devono essere superati e tollerati dal paziente, fino al suo ritorno in dialisi. Eh si, perché se il paziente sopravvive abbastanza a lungo, prima o poi deve tornare in dialisi. Soprattutto se si tratta di una persona in giovane età. E quindi che si fa? Semplice: si fa un altro trapianto di rene! Cominciate a capire?! Si, perché c'è chi di trapianti ne ha dovuti sostenere anche 3.
Ad oggi quindi non ci sono soluzioni definitive, se non quella di rimbalzare tutta la vita dalla dialisi al trapianto... finché morte non ci separi. Sì, perché l'unico modo per liberarsi della dialisi è quello di morire nel tempo della durata di un trapianto, altrimenti si è di nuovo da capo, e ridotti peggio di prima dalle terapie immunosoppressive.
La volontà è la nostra unica ancora di salvezza. Inoltre, ormai da diversi mesi si sta cercando di istituire quella che sarà una associazione culturale o una onlus ₍₄₎ volta a diffondere consapevolezza su queste problematiche, oltre che fare conoscere le VERE soluzioni che esistono ma che tardano ad arrivare e di cui non si sente mai parlare, soprattutto nelle sedi appropriate e da parte degli operatori del settore, se non in modo superficiale, molto saltuario e poco fiducioso.
Mi riferisco al rene artificiale ₍₅₎, un progetto molto promettente che però sembra subire ostacoli e rallentamenti di ogni tipo. E se subisce ostacoli e rallentamenti possiamo solo immaginarne il motivo: con un'ampia diffusione di questo strumento cadrebbe di colpo l'intera macchina mondiale della dialisi, che rende attualmente centinaia di milioni di dollari per chi la gestisce.
Noi dializzati siamo come galline dalle uova d'oro: incatenati a vita alla macchina della dialisi, rendiamo ricchi quelli che le gestiscono, mentre le nostre vite se ne vanno nel silenzio dell'oblio.
Vi chiediamo di diffondere questo articolo e di informarvi su questo tema. Chiunque può finire in questa trappola da un momento all'altro. La dialisi sopravvive perché non se ne parla abbastanza, perché gode di una certa "copertura", essendo un problema poco conosciuto e dibattuto. Il numero di nefropatici nel mondo sta aumentando sempre di più, perciò occorre risolvere questo problema alla radice. Inoltre, risolvendo il problema della dialisi/trapianto, non solo si libera i pazienti da questa schiavitù, ma si abbatte anche il lato oscuro dei trapianti: il traffico di organi. Perché senza più bisogno di organi da trapiantare, anche il commercio illegale degli organi cesserebbe per mancanza di domanda. La dialisi ha bisogno di un saldo, numeroso e vivace movimento di critica - come ve ne sono stati per la chemioterapia ed i vaccini - per essere sconfitta. Costruiamolo insieme!
Note:
(1) Excursus storico dell’emodialisi. F. Papagno, V. Pepe, F. Soleti, M. Giannattasio, Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi Putignano ASL Bari
(2) Archivio de laRepubblica.it 1997 05 22 QUANDO LA DIALISI E' SPECULAZ.: .."sono direttamente condizionate dagli interessi economici privati. "Ci sono regioni come la Campania", racconta Pio Bove, coordinatore del Forum nazionale delle associazioni dei nefropatici, dei dializzati e dei trapiantati, "dove la struttura pubblica è praticamente inesistente. Le cliniche convenzionate possono agire senza alcun controllo. E le insufficienze renali diventano un pozzo di San Patrizio. Ad esempio si avvia la gente alla dialisi anche quando non ce ne sarebbe ancora bisogno."
(3) A. Molinini, buonacausa.org: "Tra i principali problemi che, a medio e lungo termine, portano il dializzato ad una condizione di vita infernale, logorando la psicologia del paziente e conducendolo verso una sempre più evidente pazzia ed esasperazione, refertata da psicologi e psichiatri come sindrome ansioso depressiva, e, in taluni casi, psicomania depressiva con atteggiamenti compulsivi tesi all'autolesionismo, figurano: prurito uremico; picacismo selettivo; necessità di odorare detersivi e/o benzine; onicofagia; tricotillomania; prurito da iperfosforemia; prurito allergico da contatto del sangue con linee, tubi, acque per osmosi, filtri; prurito insorto per utilizzo continuo di anticoagulanti; ferite da grattamento, procurate cercando di togliere un prurito che non va mai via e che è talmente profondo e intenso da toglierti il sonno, da portarti alla follia, da non farti vivere più; danni gastrointestinali dovuti a smodato utilizzo di farmaci, soprattutto se chelanti del fosforo; mal di schiena (posizione di immobilità prolungata su poltrone spesso vecchie, rotte, scomode, malconce, inadeguate alle esigenze di un paziente in stato di immobilità totale o parziale nelle ore di dialisi e sulle quali non c'è manutenzione o periodica sostituzione); discriminazioni sociali, lavorative, sentimentali, perdita del lavoro, mancate assunzioni; scarsa attenzione e gentilezza del personale assistente medico e infermieristico, che, con crescente superficialità nel corso degli anni, tratta il paziente come un numero di passaggio, con sempre meno umanità, spesso con superficialità anche nella somministrazione delle terapie (di cui spesso l'ospedale nemmeno dispone per motivi misteriosi), ed infine, extrema ratio, soprattutto per gli infermieri in evidente stato di burn out, ad errori grossolani e fortemente lesivi sulla fistola artero venosa nell'attacco e nello stacco degli aghi; sindrome delle gambe senza riposo; calcificazioni ossee, venose e arteriose; crampi; mal di testa prolungati e spesso resistenti a terapia; collassi; sete continua e inestinguibile, un vero e proprio incubo che ti tortura il cervello ogni singolo giorno della vita, in ogni minuto, in una continua guerra logorante e insostenibile con ogni singola goccia d'acqua; cardiopatie ischemiche o di altra natura insorte a seguito di trattamenti dialitici troppo pesanti e prolungati nel tempo; edemi polmonari, spesso letali, altre volte passeggeri e recuperati in tempo con dialisi d'urgenza; Insufficienza respiratoria; iperpotassemia; stati edematosi periferici; stanchezza, astenia, mancanza di lucidità nelle 5 ore successive al trattamento, rabbia, irritabilità, furto di sangue al cervello e relativo stato confusionale, dolori alle gambe, impossibilità permanente o passeggera di camminare, affanno; impotenza e calo della libido (con drammi di coppia che spesso portano alla rottura di lunghe relazioni, o, addirittura, a sfasciare famiglie che prima erano felici); nausea, vomito, ipotensione e ipertensione; iperparatiroidismo; inadeguatezza allo sforzo fisico (dal camminare al correre, dallo sport leggero a quello più impegnativo) causa emoglobina bassa e cuore in perenne affanno; alto rischio di arresti cardiaci; braccio con la fistola deformato e aneurismi enormi e brutti da vedere (motivo di frequente curiosità morbosa o allontanamento volontario della gente comune) da rimodellare, eventualmente, chirurgicamente; tendenza al suicidio
(4) L'ASSOCIAZIONE SI CHIAMERA' PROBABILMENTE PAPILLON BLEU, ispirandoci alla vicenda di Henri Charrière, ingiustamente deportato in una colonia penale francese e riuscito ad evadere dopo una lunga detenzione. H. C. scrisse un libro che diventò il celebre film "Papillon".
Già attiva sottoforma di pagina facebook e come gruppo di ascolto/supporto e critica, il gruppo si chiama: "Dialisi adesso basta" come pagina del gruppo, e "Dialisi adesso basta" gruppo di discussione.
(5) The Kidney Project (rene bio-artificiale impiantabile, progetto condotto dalla Università di San Francisco in California) https://pharm.ucsf.edu/kidney , https://www.facebook.com/ArtificialKidney/
(1) Excursus storico dell’emodialisi. F. Papagno, V. Pepe, F. Soleti, M. Giannattasio, Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi Putignano ASL Bari
(2) Archivio de laRepubblica.it 1997 05 22 QUANDO LA DIALISI E' SPECULAZ.: .."sono direttamente condizionate dagli interessi economici privati. "Ci sono regioni come la Campania", racconta Pio Bove, coordinatore del Forum nazionale delle associazioni dei nefropatici, dei dializzati e dei trapiantati, "dove la struttura pubblica è praticamente inesistente. Le cliniche convenzionate possono agire senza alcun controllo. E le insufficienze renali diventano un pozzo di San Patrizio. Ad esempio si avvia la gente alla dialisi anche quando non ce ne sarebbe ancora bisogno."
(3) A. Molinini, buonacausa.org: "Tra i principali problemi che, a medio e lungo termine, portano il dializzato ad una condizione di vita infernale, logorando la psicologia del paziente e conducendolo verso una sempre più evidente pazzia ed esasperazione, refertata da psicologi e psichiatri come sindrome ansioso depressiva, e, in taluni casi, psicomania depressiva con atteggiamenti compulsivi tesi all'autolesionismo, figurano: prurito uremico; picacismo selettivo; necessità di odorare detersivi e/o benzine; onicofagia; tricotillomania; prurito da iperfosforemia; prurito allergico da contatto del sangue con linee, tubi, acque per osmosi, filtri; prurito insorto per utilizzo continuo di anticoagulanti; ferite da grattamento, procurate cercando di togliere un prurito che non va mai via e che è talmente profondo e intenso da toglierti il sonno, da portarti alla follia, da non farti vivere più; danni gastrointestinali dovuti a smodato utilizzo di farmaci, soprattutto se chelanti del fosforo; mal di schiena (posizione di immobilità prolungata su poltrone spesso vecchie, rotte, scomode, malconce, inadeguate alle esigenze di un paziente in stato di immobilità totale o parziale nelle ore di dialisi e sulle quali non c'è manutenzione o periodica sostituzione); discriminazioni sociali, lavorative, sentimentali, perdita del lavoro, mancate assunzioni; scarsa attenzione e gentilezza del personale assistente medico e infermieristico, che, con crescente superficialità nel corso degli anni, tratta il paziente come un numero di passaggio, con sempre meno umanità, spesso con superficialità anche nella somministrazione delle terapie (di cui spesso l'ospedale nemmeno dispone per motivi misteriosi), ed infine, extrema ratio, soprattutto per gli infermieri in evidente stato di burn out, ad errori grossolani e fortemente lesivi sulla fistola artero venosa nell'attacco e nello stacco degli aghi; sindrome delle gambe senza riposo; calcificazioni ossee, venose e arteriose; crampi; mal di testa prolungati e spesso resistenti a terapia; collassi; sete continua e inestinguibile, un vero e proprio incubo che ti tortura il cervello ogni singolo giorno della vita, in ogni minuto, in una continua guerra logorante e insostenibile con ogni singola goccia d'acqua; cardiopatie ischemiche o di altra natura insorte a seguito di trattamenti dialitici troppo pesanti e prolungati nel tempo; edemi polmonari, spesso letali, altre volte passeggeri e recuperati in tempo con dialisi d'urgenza; Insufficienza respiratoria; iperpotassemia; stati edematosi periferici; stanchezza, astenia, mancanza di lucidità nelle 5 ore successive al trattamento, rabbia, irritabilità, furto di sangue al cervello e relativo stato confusionale, dolori alle gambe, impossibilità permanente o passeggera di camminare, affanno; impotenza e calo della libido (con drammi di coppia che spesso portano alla rottura di lunghe relazioni, o, addirittura, a sfasciare famiglie che prima erano felici); nausea, vomito, ipotensione e ipertensione; iperparatiroidismo; inadeguatezza allo sforzo fisico (dal camminare al correre, dallo sport leggero a quello più impegnativo) causa emoglobina bassa e cuore in perenne affanno; alto rischio di arresti cardiaci; braccio con la fistola deformato e aneurismi enormi e brutti da vedere (motivo di frequente curiosità morbosa o allontanamento volontario della gente comune) da rimodellare, eventualmente, chirurgicamente; tendenza al suicidio
(4) L'ASSOCIAZIONE SI CHIAMERA' PROBABILMENTE PAPILLON BLEU, ispirandoci alla vicenda di Henri Charrière, ingiustamente deportato in una colonia penale francese e riuscito ad evadere dopo una lunga detenzione. H. C. scrisse un libro che diventò il celebre film "Papillon".
Già attiva sottoforma di pagina facebook e come gruppo di ascolto/supporto e critica, il gruppo si chiama: "Dialisi adesso basta" come pagina del gruppo, e "Dialisi adesso basta" gruppo di discussione.
(5) The Kidney Project (rene bio-artificiale impiantabile, progetto condotto dalla Università di San Francisco in California) https://pharm.ucsf.edu/kidney , https://www.facebook.com/ArtificialKidney/
TRATTO DA: https://www.luogocomune.net/LC/21-medicina-salute/5135-dialisi-e-trapianto-una-trappola-da-cui-nessuno-%C3%A8-mai-uscito
venerdì 18 gennaio 2019
Diffida contro la "falsa scienza"
Questo gruppo di medici:
Dr. Franco Trinca, Dr. Fabio Franchi, Dr. Armando Lippolis, Dr.ssa Anna Rita Iannetti, Dr. Dario Miedico, Dr. Roberto Petrella, Dr. Gerardo Rossi, Avv. Roberto Ionta, nella qualità di membri del Gruppo di lavoro Scientifico-Giuridico “VACCINO VERITAS”
ha sottoscritto una DIFFIDA ALLA DIFFUSIONE DI “FALSA SCIENZA” RELATIVA A NOTIZIE FUORVIANTI E/O INFONDATE E/O ERRATE SUI RISCHI E DANNI DA EVENTI E REAZIONI AVVERSE GRAVI DA VACCINI
Indirizzandola ai dottori Burioni (virologo), Lopalco (coordinatore strategie vaccinali), Ricciardi (ex-presidente ISS), Villani (presidente pediatri italiani) e per conoscenza al Ministro della Sanità, al pres. Del Consiglio e ad altre istituzioni ed autorità, che conclude dicendo:
«Si DIFFIDANO, per l’effetto, i destinatari della presente missiva dal rilasciare interviste scritte o verbali e ogni altra forma di esternazione di “falsa Scienza”, relativamente a infondate negazioni e/o sottovalutazioni dei non trascurabili rischi e danni di eventi e reazioni avverse gravi correlabili alle vaccinazioni.
In difetto, non potendosi escludere l'eventualità del determinarsi delle conseguenze gravemente dannose sopra indicate e direttamente correlate alle dette esternazioni, ci si riserva di adire l’Autorità giudiziaria, nessuna sede esclusa, al fine di chiedere che si valuti la riconducibilità delle possibili eventuali lesioni gravi e/o gravissime, finanche il decesso, alla detta condotta.
Si precisa, fin da subito, come la presente diffida sarà posta a disposizione dei soggetti i cui figli o sottoposti dovessero subire eventi avversi gravi correlabili alle vaccinazioni, nel caso gli stessi confermassero di aver prestato il proprio consenso informato alla vaccinazione a seguito della lettura o l'ascolto di generiche e infondate rassicurazioni di “falsa Scienza”, negazioniste della reale e documentata incidenza -per nulla statisticamente trascurabile di reazioni ed eventi avversi gravi correlabili ai vaccini, esternate dai soggetti diffidati in riferimento a casi specifici o diffuse alla popolazione tramite i media o in qualunque altro modo.»
QUI il documento originale, che è ampiamente corredato da una documentazione scientifica ineccepibile e incontrovertibile.
TRATTO DA: https://www.luogocomune.net/LC/21-medicina-salute/5132-diffida-contro-la-falsa-scienza
venerdì 11 gennaio 2019
L'assassino più letale del cancro esiste in ogni cellula
Scientists discover new kill code embedded in each cell to extinguish cancer
Marcus Peter, PhD, the Tom D. Spies Professor of Cancer Metabolism, was the lead author of the studies published in Nature Communications and eLife.
A kill code is embedded in every cell in the body whose function may be to cause the self-destruction of cells that become cancerous, reports a new Northwestern Medicine study published in Nature Communications.
As soon as the cell’s inner bodyguards sense it is mutating into cancer, they punch in the kill code to extinguish the mutating cell.
The code is embedded in large protein-coding ribonucleic acids (RNAs) and in small RNAs, called microRNAs, which scientists estimate evolved more than 800 million years ago in part to protect the body from cancer. The toxic small RNA molecules also are triggered by chemotherapy, Northwestern scientists report.
Cancer can’t adapt or become resistant to the toxic RNAs, making it a potentially bulletproof treatment if the kill code can be synthetically duplicated. The inability of cancer cells to develop resistance to the molecules is a first, the scientists said.
“Now that we know the kill code, we can trigger the mechanism without having to use chemotherapy and without messing with the genome. We can use these small RNAs directly, introduce them into cells and trigger the kill switch,” said lead author Marcus Peter, PhD, the Tom D. Spies Professor of Cancer Metabolism.
Chemotherapy has numerous side effects, some of which cause secondary cancers, because it attacks and alters the genome, Peter said.
“We found weapons that are downstream of chemotherapy,” noted Peter, also a professor of Medicine in the Division of Hematology and Oncology and of Biochemistry and Molecular Genetics, and a member of the Robert H. Lurie Comprehensive Cancer Center of Northwestern University.
The paper describing the kill code and identifying how the cancer-fighting microRNAs use the code to kill tumor cells was published in Nature Communications. The paper describing that protein-coding large RNAs can be converted into toxic small RNAs was published in eLife.
“My goal was not to come up with a new artificial toxic substance,” Peter said. “I wanted to follow nature’s lead. I want to utilize a mechanism that nature developed.”
In research published in 2017, Peter showed cancer cells die when he introduced certain small RNA molecules. He also discovered cancer cells treated with the RNA molecules never become resistant because the molecules simultaneously eliminate multiple genes cancer cells need for survival.
At the time, Peter said, “It’s like committing suicide by stabbing yourself, shooting yourself and jumping off a building all at the same time. You cannot survive.”
But he didn’t know what mechanism caused the cells to self-destruct. What he knew was a sequence of just six nucleotides (6mers) present in small RNAs made them toxic to cancer cells. Nucleotides are organic molecules that are the building blocks of DNA and RNA. They are G, C, A or T (in DNA), or U (in RNA).
In the first of the new studies, Peter then tested all 4,096 different combinations of nucleotide bases in the 6mers until he found the most toxic combination, which happens to be G-rich, and discovered microRNAs expressed in the body to fight cancer use this 6mer to kill cancer cells.
In the second new study, Peter showed the cells chop a gene (Fas ligand) involved in cancer cell growth into small pieces that then act like microRNAs and are highly toxic to cancer. Peter’s group found about three percent of all protein-coding large RNAs in the genome can be processed in this way.
“Based on what we have learned in these two studies, we can now design artificial microRNAs that are much more powerful in killing cancer cells than even the ones developed by nature,” Peter said.
The next step? “We absolutely need to turn this into a novel form of therapy,” Peter said. He is exploring multiple ways to trigger the embedded kill code to kill cancer cells, but stressed a potential therapy is many years off.
Other Northwestern authors are Elizabeth Bartom, PhD, assistant professor of Biochemistry and Molecular Genetics, Quan Gao, William Putzbach and Andrea Murmann.
Un codice di uccisione è incorporato in ogni
cellula del corpo la cui funzione potrebbe essere quella di provocare
l'autodistruzione delle cellule che diventano cancerose, riporta un nuovo
studio della Northwestern Medicine pubblicato su Nature Communications.
Non appena le guardie del corpo interne della
cellula percepiscono che si sta trasformando in cancro, inseriscono il codice
di uccisione per estinguere la cellula mutante.
Il codice è incorporato in grandi acidi
ribonucleici codificanti proteine (RNA) e in piccoli RNA, detti microRNA, che
gli scienziati stimano evoluto più di 800 milioni di anni fa in parte per
proteggere il corpo dal cancro. Anche le molecole di RNA tossiche sono
innescate dalla chemioterapia, riferiscono gli scienziati del Northwestern.
Il cancro non può adattarsi o diventare resistente
agli RNA tossici, rendendolo un trattamento potenzialmente antiproiettile se il
codice di uccisione può essere sinteticamente duplicato. L'incapacità delle
cellule tumorali di sviluppare resistenza alle molecole è una prima, hanno
detto gli scienziati.
"Ora che conosciamo il codice di uccisione,
possiamo attivare il meccanismo senza dover ricorrere alla chemioterapia e
senza interferire con il genoma. Possiamo usare questi piccoli RNA
direttamente, introdurli nelle cellule e attivare il kill switch ", ha
affermato l'autore principale Marcus Peter, PhD, il professore di Metabolismo
del cancro di Tom D. Spies.
La chemioterapia ha numerosi effetti collaterali,
alcuni dei quali causano tumori secondari, perché attacca e altera il genoma,
ha detto Peter.
"Abbiamo trovato armi che si trovano a valle
della chemioterapia", ha osservato Peter, anche professore di Medicina
nella Divisione di Ematologia e Oncologia e di Biochimica e Genetica
Molecolare, e membro del Centro per il cancro globale Robert H. Lurie della
Northwestern University.
Il documento che descrive il codice di uccisione e
l'identificazione di come i microRNA che combattono il cancro utilizzano il
codice per uccidere le cellule tumorali è stato pubblicato su Nature
Communications. Il documento che descrive che i grandi RNA codificanti proteine
possono essere convertiti in piccoli RNA tossici è stato pubblicato su eLife.
"Il mio obiettivo non era quello di inventare
una nuova sostanza tossica artificiale", ha detto Peter. "Volevo
seguire la guida della natura. Voglio utilizzare un meccanismo sviluppato dalla
Natura."
In una ricerca pubblicata nel 2017, Peter ha
mostrato che le cellule tumorali muoiono quando ha introdotto alcune piccole
molecole di RNA. Ha anche scoperto che le cellule cancerose trattate con
le molecole di RNA non diventano mai resistenti perché le molecole
eliminano simultaneamente più geni che le cellule tumorali hanno bisogno di
sopravvivere.
All'epoca, Peter disse: "È come suicidarsi pugnalandosi, sparandosi e saltando
da un edificio tutto nello stesso momento. Non puoi sopravvivere. "
Ma non sapeva quale meccanismo causasse l'autodistruzione delle cellule.
Ciò che sapeva era una sequenza di soli sei nucleotidi (6 mers) presenti in piccoli
RNA che li rendevano tossici per le
cellule tumorali. I nucleotidi sono molecole organiche che sono gli elementi
costitutivi del DNA e dell'RNA.
Sono G, C, A o T (in DNA) o U (in RNA).
Nel primo dei nuovi studi, Peter ha testato tutte le 4.096 diverse combinazioni
di basi nucleotidiche nei 6mers fino a quando non ha trovato la combinazione
più tossica, che è G-ricca, e ha scoperto microRNA
espressi nel corpo per combattere il cancro. uccidere le cellule tumorali.
Nel secondo studio, Peter ha mostrato alle cellule di tagliare un gene (ligando di
Fas) coinvolto nella crescita delle cellule
tumorali
in piccoli pezzi che poi agiscono come microRNA e sono altamente
tossici
per il cancro. Il gruppo di Peter ha scoperto che circa il tre percento
di tutti
gli RNA di codifica proteica nel genoma può essere elaborato in questo
modo.
"Sulla
base di ciò che abbiamo imparato in questi due
studi, ora
possiamo progettare microRNA artificiali che sono molto più potenti
nell'uccidere
le cellule tumorali rispetto a quelli sviluppati dalla
natura",
ha detto Peter.
Il
prossimo passo? "Abbiamo assolutamente bisogno di
trasformare
questo in una nuova forma di terapia", ha detto Peter. Sta
esplorando
diversi modi per innescare il codice di uccisione incorporato per
uccidere
le cellule tumorali, ma ha sottolineato che una potenziale terapia ha
molti anni
di riposo.
Altri autori del Northwestern sono Elizabeth Bartom, PhD, assistente professore
di biochimica e genetica molecolare, Quan Gao, William Putzbach e
Andrea Murmann.Tratto da: https://news.feinberg.northwestern.edu/2018/10/cancers-most-deadly-assassin-exists-in-every-cell/
domenica 6 gennaio 2019
APPELLO AL GOVERNO: NON DIMENTICATE CHI STA SOFFRENDO
C'è tanta gente che soffre in questo momento,
ma nessuno sembra ricordarsi di loro.
ma nessuno sembra ricordarsi di loro.
Tratto da: https://www.luogocomune.net/LC/17-politica-italiana/5120-appello-al-governo-non-dimenticate-chi-sta-soffrendo
martedì 1 gennaio 2019
UNA NUOVA ALBA
"FA' DI OGNI PASSO LA TUA SCELTA. CREA TE STESSO E ASSUMETENE L'INTERA RESPONSABILITA' "
Osho
Buon Risveglio a Tutti
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