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venerdì 28 marzo 2014

La ricerca delle vite passate

La volontà di indagare le proprie vite precedenti è una pratica abbastanza diffusa del nostro tempo: si scruta il proprio passato alla ricerca di accadimenti che possano gettare luce sul presente, di solito ricorrendo all’ipnosi regressiva o al channeling.


Strappare i veli della dimenticanza


Si ritiene che l’ipnosi, il channeling e in generale le manipolazioni del karma siano pratiche spirituali, e che possano essere usate per l’evoluzione dell’uomo. Ci si avvale di tali tecniche, soprattutto perché si pensa che in tal modo sia possibile liberarsi delle conseguenze karmiche accumulate nel corso delle presunte numerose esistenze già vissute. Eppure le scuole di saggezza più antiche insegnano che è molto pericoloso cercare di sondare le vite anteriori, e per diversi motivi. Non solo pericoloso, ma anche estremamente difficile, e il più delle volte addirittura impossibile.

Prima di venire al mondo, tutti veniamo immersi nel fiume dell’oblio. E se la Natura fa questo, ci sarà pure un motivo! Dunque perché mai dovremmo andarle contro e strappare i veli della dimenticanza? Eppure molte persone sedicenti “evolute” oggi violano consapevolmente la natura, tentando di forzare le porte che la Legge cosmica ha chiuso alla nostra memoria. Pensiamo che se è possibile forzarle, evidentemente ci è concesso… ma come si fa ad essere sicuri che, durante i nostri tentativi, andiamo davvero a sbirciare il nostro passato? A pensarci bene, il passato è solo ciò che si conosce.

Opinione comune è che la memoria delle vite precedenti alberghi nell’inconscio individuale. Ed è proprio questa convinzione la fonte di ogni fraintendimento. In realtà l’uomo non porta in sé alcuna memoria di vite passate. La memoria di ogni evento e di ogni azione è invece situata nell’Akasha, ovvero nei piani più alti dell’astrale, e solo alcuni iniziati vi hanno accesso. L’uomo comune può ritrovare i suoi antichi ricordi solo alla fine del ciclo delle vite fisiche. Soltanto in rari casi gli è dato di conoscerne prima qualche frammento.

Nessun medico od operatore del settore può quindi condurre il paziente su questi piani. L’ipnosi regressiva pesca invece nel gran mare dell’inconscio, sia in quello individuale che in quello collettivo. Ma l’inconscio è tutt’altro che affidabile, oltre a non racchiudere alcuna reminiscenza di esistenze anteriori. Ciò che si porta a galla dall’inconscio spesso non ha nulla a che fare neanche con la vita reale dell’individuo, ma si basa su fantasie, dubbi, paure, su cose sentite dire, immaginate o addirittura vissute da altri. È molto facile infatti, durante stati alterati di coscienza come può essere l’ipnosi, entrare in contatto con l’inconscio altrui. Anche con quello dell’ipnotista. La linea di confine è molto labile, e non è possibile sapere se ciò che il paziente racconta sia davvero accaduto o l’abbia solo pensato, se siano brandelli di vita suoi o di altri, del passato o del presente.









Quando, sotto ipnosi, si tenta di indagare ciò che non ci compete, si affonda letteralmente nell’inconscio e nei meandri della mente, dove non si è in grado di distinguere alcunché. Ci si convince in buona fede di aver intravisto la propria trascorsa esistenza, ma in realtà non è possibile sapere dove le informazioni siano state attinte. Eppure la regressione ipnotica viene utilizzata come metodo di cura, e talvolta funziona anche. Talvolta.

È vero, vi sono dei casi in cui aiuta a liberarsi da fobie e altri malesseri. Evidentemente il fatto stesso di trovare una possibile spiegazione alle proprie difficoltà, o comunque il vederle sotto un diverso punto di vista, produce una qualche forma di guarigione. Ma siamo in grado di sapere in quanti casi, invece, altri problemi vengono generati in tal modo? Soprattutto occorre chiedersi, quali conseguenze si avranno nel situare in un remoto passato le cause di disagi che invece sono assolutamente attuali. La guarigione attraverso la presunta conoscenza del passato, ci costringe a confrontarci anche con un’altra domanda: ma allora in cosa consiste esattamente il cosiddetto karma? Se il karma è davvero qualcosa che si deve scontare o comunque vivere, come si può avere la pretesa di dissolverlo tramite una tecnica a pagamento? Perché dovrebbe venirci condonato attraverso una seduta di ipnosi?

Il karma non è una malattia che un medico possa curare. Eppure viene trattato nello stesso modo. Si parla spesso di “risolvere il karma”, e si crede che questo significhi sciogliere i nodi, le situazioni critiche delle vite precedenti. Ma come facciamo a conoscere davvero tali nodi? Per averne un quadro veritiero dovremmo avere la possibilità di situarli in un preciso contesto, e ciò significherebbe comprendere quasi tutto delle vite trascorse. Naturalmente questo non è possibile, tanto meno tramite l’ipnosi.



Scrutare vite passate con ipnosi


Ma perché l’uomo non deve conoscere il proprio passato? Perché mai la natura provvede a cancellare i suoi ricordi? Se l’uomo dovesse vivere in funzione di ciò che comunemente riteniamo sia il karma, la nostra sarebbe una vita di eterna dipendenza: non riusciremmo mai a staccarci da ciò che siamo stati in precedenza. Tutto ciò ci porterebbe ad una grave mancanza di libertà, perché saremmo incapaci di vivere il presente. Continueremmo a trovare le cause e le giustificazioni dei nostri comportamenti odierni, nelle vicende remote. In fondo è ciò che facciamo anche col passato più recente. E’ infatti più semplice dirigere l’attenzione su eventi che non possiamo più modificare: anche questo è un modo per evitare l’azione.

È necessario allora comprendere che, nonostante sia così di moda, conoscere le vite anteriori non è concesso, tranne in rarissimi casi e per dei motivi eccezionali. Se così non fosse, non arriveremmo sulla Terra dimentichi di tutto. Perciò penetrare in questi campi equivale a compiere una forzatura; e ogni forzatura ha conseguenze negative. Sono poche le persone alle quali, talvolta, è consentito l’accesso (e certamente non con l’ipnosi). Anche perché per trattare tali argomenti senza causare danni, è indispensabile una conoscenza profonda dell’animo umano, cosa che davvero in pochi possono vantare. Invece sono sempre più numerosi coloro che operano in questo settore con grande leggerezza, applicando e diffondendo informazioni sbagliate.

Ha preso forma, negli ultimi decenni, tutta una serie di teorie relative alla reincarnazione, che  crollano con facilità se valutate alla luce della logica e del buon senso. Alcuni sostengono, ad esempio, che chi in una vita passata è stato ucciso, per una legge di compensazione dovrà successivamente uccidere a sua volta il proprio assassino. Così questo pover’uomo, dopo aver sperimentato la morte violenta, sarà obbligato ad essere suo malgrado un omicida. Altri insegnano invece che chi ha ucciso qualcuno, dovrà poi dare la vita alla stessa anima, magari tornando sulla terra come sua madre. E così questa sventurata anima si troverà ancora una volta nelle mani del suo assassino, stavolta nel ruolo di figlio, e impegnata per tutta la vita a sciogliere un “nodo karmico” terribile, con tutti i problemi che comporta.

C’è poi la diffusa convinzione che ci si ritrovi nella vita successiva con buona parte delle persone conosciute in precedenza, perché si è costretti ad affrontare di nuovo ogni situazione non risolta, ed è innegabile che con molti dei nostri conoscenti – e soprattutto con i familiari – restino facilmente dei conti in sospeso. Altra credenza radicata è che i traumi subiti nel passato si ripresentino in qualche modo nella vita successiva, sotto forma di disturbi fisici o psichici. Non si smette mai di soffrire, insomma!

La natura sarebbe così crudele e ingiusta da continuare a tormentarci nel futuro, facendoci subire anche le conseguenze di avvenimenti di cui non siamo colpevoli? Gli “operatori del karma” (channeler o ipnotisti) ci consentono di mettere in atto un particolare meccanismo: basandosi sulle nostre stesse rivelazioni, ci aiutano ad attribuire agli effetti del karma i guai della vita presente. Riusciamo così a giustificare la nostra incapacità di risolverli e possiamo motivare i nostri errati comportamenti attuali o la nostra debolezza; possiamo trovare delle scuse plausibili per la nostra tendenza a girare intorno alle situazioni anziché affrontarle.

Insomma, i nodi karmici e le loro conseguenze ci permettono di non riconoscere gli errori di oggi. Indagare quelli passati è molto più facile e rassicurante: nonostante siamo stati noi a commetterli, comunque non siamo più la stessa persona, e perciò non ce ne sentiamo più di tanto responsabili. Anche perché non possiamo comprenderli appieno! Ma l’attribuire delle colpe a fatti e persone che sono ormai solo dei fantasmi – inclusi gli antichi “noi stessi” – significa rifiutarsi di guardare in faccia l’esistenza reale, e in fin dei conti evitare di vivere davvero.

Proviamo allora a chiederci: perché si ritorna sulla terra? Non ci si reincarna per espiare le proprie colpe, per “pagare il debito karmico”, come solitamente si dice. Non ha alcun senso essere puniti per delle azioni che nemmeno ricordiamo di aver compiuto. La reincarnazione non ha lo scopo di sciogliere i nodi del passato. È invece una ulteriore possibilità per crescere e perfezionarsi. Naturalmente in condizioni che, con tutta probabilità, saranno diverse da quelle anteriori e più indicate per assimilare ciò che si era tralasciato.

La reincarnazione, dunque, offre una ulteriore occasione di crescita e di evoluzione. Ma non c’è evoluzione se, in un modo o nell’altro, si resta legati a ciò che è stato, o se si pensa di dover ripartire da quel punto. La vita passata non ha legami con quella attuale e col momento in cui ci troviamo. I tempi sono completamente diversi, e così pure gli insegnamenti che riceviamo. D’altra parte se anche sussistessero dei legami, comunque non li rammentiamo, e perciò è come se non ci fossero.

Il karma individuale non è il peso delle colpe da espiare, ma il livello evolutivo raggiunto dall’essere umano. Certamente non è situato nell’inconscio; è racchiuso invece nel cosiddetto “atomo permanente”, che è parte dell’anima. Le conoscenze acquisite di vita in vita perdurano, non si ricordano gli eventi e i passaggi di ciò che è stato, ma l’anima custodisce ciò che ha imparato, che si manifesta sotto forma di percezioni, intuizioni, consapevolezze, aspirazioni. Questo porta ad evitare di commettere gli stessi errori, e quindi a migliorarsi e progredire.

Quanto abbiamo appreso in passato non è certo completo né perfetto: se così fosse non sarebbe necessario reincarnarsi. Tuttavia costituisce un bagaglio importante, che forgia il nuovo carattere e il nuovo modo di essere. Ritornare sulla Terra in un altro corpo fisico corrisponde dunque ad avere un’altra opportunità.



Articolo di Maria Antonietta Pirrigheddu



Rivisto da Fisicaquantistica.it



Fonte: http://www.ilportaledelmistero.net/Vedetta/cartiglio_Pirrigheddu_Vite_Passate.html

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