di Vittorio Messori
(…)
L’art.18 della Costituzione recita: «Sono proibite le associazioni
segrete».
Ora:
stando non solo alla Chiesa cattolica che, a partire dalla metà del Settecento
sino alla Declaratio dell’ex Sant’Uffizio del 26 novembre 1983, ha lanciato in
proposito centinaia di condanne; ma stando anche a una letteratura imponente e
non di parte, la massoneria è il prototipo stesso della «società segreta»,
quella cui hanno aderito o cui si sono ispirati tutti coloro che cercavano
parole e azioni occulte. Come può dunque avvenire che il Grande Oriente d’Italia
abbia lo status di associazione, seppure «non riconosciuta» (come, del resto,
partiti e sindacati), ma al contempo legittima, « non proibita» come ha
ricordato, per difenderla, [l’ex] presidente Francesco Cossiga?
E’
una situazione che risale a un accordo che pochi conoscono e che fu stipulato ai
tempi della Costituente. In quell’assemblea, le Logge contavano non pochi
rappresentanti, la maggioranza dei quali riuniti sotto le bandiere del Partito
d’Azione, dei socialisti, dei repubblicani (stando a un’interpretazione
corrente, la foglia d’edera del Pri non è che la trasparente mascheratura della
stella a cinque punte, l’emblema che la massoneria del post-Risorgimento volle
anche sui baveri dei soldati e che, guarda caso, è rispuntata nello stemma della
Repubblica).
Fu
proprio un repubblicano, il deputato Ugo Della Seta, dichiaratamente massone,
che si oppose alla formulazione di quell’articolo 18 nella forma che poi passò.
Temendo che dichiarare «proibite» sic et simpliciter le «associazioni segrete»
significasse aprire la strada dell’incostituzionalità per la massoneria, nella
seduta dell’aprile 1947 l’onorevole Della Seta presentò un emendamento in base
al quale l’articolo veniva così riscritto: «Sono proibite quelle associazioni
che, per tenere celata la propria sede, per non compiere alcun pubblico atto che
accerti della loro esistenza, per tenere nascosti i princìpi che esse
professano, devono considerarsi associazioni segrete e come tali incompatibili
con un regime di libertà».
Commenta
uno specialista, il paolino don Rosario Esposito, insospettabile in quanto
schierato per un dialogo il più aperto possibile tra cristiani e massoni,
fautore anzi della «doppia appartenenza» a Chiesa e Loggia: «Della Seta
proponeva intelligentemente delle esemplificazioni che avrebbero potuto indurre
un osservatore superficiale a pensare che egli rendesse un servigio alla causa
della libertà di associazione; in realtà, egli nominava tutte le caratteristiche
delle società segrete e della massoneria in particolare, all’infuori di quella
che sta maggiormente a cuore all’Ordine: il segreto sulle persone». Continua
Esposito: «In base al testo proposto, la massoneria e qualsiasi società segreta
sarebbero state definitivamente al sicuro da ogni sorpresa, poiché sarebbe
bastata la comparsa in pubblico di un qualsiasi emblema, manifesto,
dichiarazione, per sfuggire alla qualifica di società segreta».
Ma
democristiani e comunisti (allora organizzazioni, entrambe, di espressione
popolare e diffidenti verso quel «partito dei signori» che vedevano nelle Logge)
votarono compatti contro lo schieramento trasversale dei «fratelli» e
l’emendamento non passò. Tuttavia, il dc Umberto Tupini, a nome della
Commissione costituente, assicurò i massoni che, nell’interpretazione della
Costituzione, ci si sarebbe attenuti a quanto essi proponevano: dunque, l’Ordine
iniziatico non sarebbe stato considerato illegale.
Ecco
perché il Grande Oriente rende pubblico l’indirizzo della sua sede centrale (ma
nasconde quelli di tutte le altre Logge, celate dietro dizioni come «Centro
Studi» o «Istituto di ricerche»); ecco perché, almeno una volta l’anno, in
genere per il 20 settembre (anniversario della breccia di Porta Pia, ndr),
affigge un manifesto che firma con il suo nome; ecco perché ha depositato un suo
statuto — ma non il suo programma — presso il Tribunale di Roma. Tutto questo —
come da accordi sottobanco del ’47 — permette di sfuggire all’accusa di
«segretezza». Ma segreti restano i nomi degli affiliati: ed è ciò che
soprattutto conta. Rispondendo a un’ennesima interrogazione in proposito, anche
ultimamente il ministro della Giustizia ha dovuto riconoscere una «difficoltà
insuperabile, anche da parte del governo, davanti a entità organizzate che,
formalmente non segrete, nella sostanza mantengono segreti gli elenchi degli
iscritti».
Un
giurista, Claudio Schwarzenberg, in un libro prefato dallo stesso Gran Maestro
delle Logge, replicava ai sospetti con parole sconcertanti: «Si dice che la
massoneria è segreta perché non rivela i nomi dei fratelli: ciò può essere vero
per i viventi (a meno che non intervenga richiesta dell’autorità giudiziaria),
ma per i defunti, specie se illustri, è lo stesso Grande Oriente che pubblica le
loro biografie… ». I morti, dunque, ma non i vivi! Inoltre, non risponde sempre
a verità che gli elenchi siano esibiti a richiesta della magistratura. Per avere
quelli della P2 (Loggia coperta, ma, checché si sia tentato di dire, per niente
creazione abusiva di Licio Gelli bensì organo regolare del Grande Oriente sin
dalla fine dell’Ottocento: e le tessere erano, tutte e sempre, firmate dal Gran
Maestro) occorse un blitz militare in una villa di Arezzo.
Così,
resta d’attualità la constatazione di Benjamin Disraeli, il figlio di ebrei
ferraresi divenuto primo ministro inglese dal 1874 al 1880: «Il mondo è
governato da persone ben diverse da quelle immaginate da chi non conosce i
retroscena».
fonte: Vittorio Messori, Pensare la storia,
Sugarco, Milano 2006, pagine 480-482
riferimenti:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=massoneria
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